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 2012  aprile 14 Sabato calendario

"Palermo, non uccidere Genova, non rubare" i comandamenti delle città – SI DICE: Dio li fa e poi li accoppia

"Palermo, non uccidere Genova, non rubare" i comandamenti delle città – SI DICE: Dio li fa e poi li accoppia. Non si tratta ovviamente di un articolo di fede, ma anche questo in verità aiuta a considerare che non sempre tale preteso congiungimento dall’alto genera buoni e lineari frutti. E i dieci comandamenti da celebrare nelle piazze d’Italia, per giunta uno per città, rientra con tutto il rispetto in questa infelice casistica. PER cui. Da una parte il Rinnovamento nello Spirito è una corrente religiosa cattolica che si fonda sull’azione e sui doni appunto dello Spirito Santo. Osservato un tempo con qualche sospetto nei Sacri e gelidi Palazzi della Santa Sede per via delle accese m a n i f e s t a z i o n i (preghiere in lingue morte o glossolalia, imposizione delle mani, guarigioni e altri fervori) il movimento carismatico è composto - per chi lo conosce più o meno direttamente - da tanti uomini e donne di buona volontà che al soffio benefico dei carismi e all’ardore della parola profetica affidano con la più disinteressata umiltà lo slancio e l’essenza stessa della loro fede. Monsignor Rino Fisichella, dall’altra parte, è un prelato assai colto, già rettore della Lateranense, e abbastanza noto alle cronache per la sua prossimità al mondo del potere, non solo ecclesiastico. Specialista dei temi etici e irrinunciabili che stavano tanto a cuore al progetto culturale ruiniano (vita, famiglia, scuola privata) e quindi sagacemente autonominatosi, in quanto rettore della bella chiesetta di San Gregorio Nazanzieno nel circondario di Montecitorio, «cappellano della Camera dei deputati» (ruolo mai esistito, tantomeno nel quarantennio democristiano), egli ha curato personalmente la regia anche mediatica, se così si può dire, delle conversioni di Oriana Fallaci e di Magdi Allam. E comunque intrattiene ormai da oltre un decennio proficui, diplomatici anche se non risolutivi rapporti con i potenti, ministri e parlamentari di vari partiti che a fine estate raduna, con famiglie, chartere torpedoni, scarrozzandoli in pellegrinaggi sui luoghi santi all’insegna di un turismo che non si definirà «castale», ma nemmeno troppo modesto e un po’ auto-riferito sì. Qualche tempo fa monsignor Fisichella è stato nominato alla testa di un nuovo organismo, il Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione. Ed è anche possibile, in qualche misura, che l’incontro con i fervidi e imprevedibili carismatici abbia giovato alla sua spiritualità. Ma intanto l’iniziativa del Rinnovamento nello Spirito e da Fisichella patrocinata con una denominazione da musical, «10 piazze per 10 comandamenti», appare piuttosto misteriosa e come minimo cervellotica. Una specie di festival del peccato, anzi dei peccati capitali che avrà luogo nel prossimo mese di settembre non solo con discussioni, interventi cardinalizi, videomessaggi papali, ma pure con la partecipazione dei sindaci - dietro cui s’intravedono certe abitudini d’accalappiamento curiale, ma che francamente suona curiosa, almeno per un sistema che terrebbe distinte le responsabilità civili da quelle religiose. Ma ancora più stramba è la pianificazione della kermesse, l’idea cioè per cui i dieci comandamenti, con le relative e implicite violazioni, risultano distribuiti uno per città secondo criteri di geografia del peccato che si tirano appresso inevitabili certezze e altrettanti anche maliziosi interrogativi. Invano il presidente di Rinnovamento, l’ottimo Salvatore Martinez, si è preoccupato di spiegare che non c’è alcuna «ragione specifica» per cui a una città è assegnato l’uno o l’altro dei comandamenti. La necessità è quella di far riscoprire i valori in vista di un risanamento morale della società. Eppure, fatto salvo che a Roma, Centro della Cristianità, spetta di diritto il numero uno («Io sono il Signore Dio tuo»), la circostanza che la piazza di Palermo debba ospitare il «Non uccidere» escluderebbe una logica di pura casualità. Ma allora perché a Napoli è toccato in sorte «Onora il padre e la madre», a Milano «Ricordati di santificare le feste» e a Cagliari «Non desiderare la roba d’altri»? Con qualche soccorso di ormai consolidata cronaca - affollamento e traffico di escort e ruffiani con destinazione istituzionale e di opposizione - si sarebbe portati a ritenere non del tutto accidentale la scelta di Bari per il sesto e fatidico «Non commettere atti impuri». Meno immediata da cogliere è tuttavia la logica che ambientaa Bologna il cuginetto numero nove «Non desiderare la donna d’altri», impiantato oltretutto in concomitanza con la festa patronale di San Petronio. Allo stesso modo sfugge la ragione per cui «Non dire falsa testimonianza» sia finito proprio a Firenze; mentre solo pensando ad alcune reiterate pratiche di inconsapevoli ex ministri liguri si spiega che il «Non rubare» sia andato a Genova (dove è atteso il presidente della Cei Bagnasco); così come, sempre a rischio di inciampare sul campanilismo delle colpe, ci si illude che Verona abbia meritato «Non nominare il nome di Dio invano» perché da quelle parti - ma anche in Romagna e in Toscana, per la verità - si bestemmia forte. L’inesorabile sciarada, come ovvio, non toglie alcun valore ai comandamenti e men che meno ai peccati. Ma soprattutto lo Spirito soffia dove vuole, e questo forse dovrebbe rendere più felici anche i carismatici e monsignor Fisichella: senza rotazioni, senza inclinazioni, senza lotterie, con la più speranzosa e lieta semplicità.