Notizie tratte da: Michelle Perrot # Storia delle camere # Sellerio Palermo 2011 # 18 euro., 14 aprile 2012
LIBRO IN GOCCE
Numero 25 (Michelle Perrot «Storia delle camere»)
Camere, celle e altre stanze
Sciacquone Nelle celle del carcere di Dresda, dove restò rinchiuso per una settimana Victor Klempereur (23 giugno-1° luglio 1941), lo sciacquone si poteva tirare solo dall’esterno. I secondini provvedevano due volte al giorno.
Cane Il cane di Ronald Reagan, quando lo portavano davanti alla camera da letto di Lincoln, si metteva ad abbaiare. Gli aprivano la porta per farlo entrare e lui si ritirava. Non vi entrò, in effetti, mai.
Denti Luigi XIV restò completamente senza denti a 47 anni (1685). Ogni notte il valletto lo accompagnava nella camera della regina, recando la spada e il pitale, che venivano lasciati accanto al letto.
Madame de Maintenon L’ascendente di madame de Maintenon sul re si accompagnava a un’assoluta sottomissione. Lei acconsentiva a qualunque suo desiderio, al massimo concedendosi di restare a letto. Il sovrano non amava le camere calde e faceva aprire le finestre.
Metri Per tutto l’Ottocento, le dimensioni delle stanze si misurarono in metri cubi, non in metri quadrati.
Medioevo Nel grande letto medievale c’era posto per 5 o 6persone.
Letti in basso In generale, un tempo, i letti erano più larghi e più alti, al punto che in certi casi bisognava salirvi mediante uno sgabello. Un tempo i letti bassi, più freddi, erano segno di condizione modesta.
Letto Elias Canetti racconta le allegre mattinate domenicali in cui, insieme ai fratelli e alle sorelle, andava a fare la lotta con i genitori nel letto matrimoniale, un permesso che veniva accordato solo eccezionalmente.
Giallo Savary des Brûlons (o des Bruslons, 1657-1716) sconsiglia il giallo nelle carte da parati, colore delle prostitute. Il verde è riposante, l’azzurro è verginale, il rosso granato è accettabile, il grigio è chic, il color crema va bene per tutte le occasioni. Per la camera da letto ci vogliono colori tenui. Niente panorami ma ghirlande, figure mitologiche o fantastiche, uccelli, grifoni, fiori, disegni geometrici.
Sarah Si è favoleggiato a lungo delle diverse camere da letto di Sarah Bernhardt, con le pareti tappezzate di pelliccia o di raso nero trapunto, con tanto di scheletro umano, un’insolita bara e un grande letto a colonne.
Emily Emily Dickinson, dopo la morte della madre, si chiuse nella camera al secondo piano. Una volta che andò a trovarla la nipote Marta, chiuse la porta e disse: «Here’s freedom». Alla morte del padre, cessò di uscire, vestiva solo di bianco, la sorella Vinnie provava per lei gli abiti dal sarto. Scrive di notte, ha l’ossessione della neve, l’ossessione della pagina bianca.
Arthur Nel maggio del 1872, in rue Monsieur-le-Prince a Parigi, Arthur Rimbaud affitta una mansarda, con vista sul giardino della scuola SaintLouis. […] «Adesso lavoro di notte. Da mezzanotte alle cinque del mattino [...]. Alle tre, la candela impallidisce; negli alberi gli uccelli gridano tutti insieme: è finita. Basta col lavoro. […]». Alle cinque scende a comprare del pane e a ubriacarsi nelle bettole. Si corica alle sette.
Edith Edith Wharton scrive a letto, il solo luogo dove si sente tranquilla. Libera dalla stretta del busto, riempie pagine su pagine che una segretaria raccoglie per copiarle a macchina.
George La madre di George Sand chiamò la figlia al capezzale in punto di morte e le intimò: «Pettinami».
Simone Simone de Beauvoir diffidava degli ambienti troppo confortevoli. A Rouen, fugge «da una stanza ammobiliata con finezza le cui finestre si aprivano sul silenzio di un gran giardino» e preferisce l’Hôtel La Rochefoucauld, da dove può sentire «il fischio rassicurante dei treni».
In hotel L’incubo degli albergatori della Riviera era la morte dei clienti malati di tubercolosi […]. Tutto era predisposto per la rapida rimozione del corpo. Al Ritz c’era un’uscita speciale, destinata ad evitare l’incontro tra i vivi e il defunto.
Sartre Si sente a suo agio solo al caffè: «Al caffè lavoro. Quello che mi attira? È il luogo dell’indifferenza: gli altri esistono senza interessarsi a me e senza che io mi occupi di loro, non sopporterei mai il peso di una famiglia». Questo nel 1945. Nel 1975: «Fino al 1962 ero sempre vissuto in albergo, lavorando al caffè e mangiando al ristorante. Per me contava molto il fatto di non possedere niente. Era una sorta di salvezza personale: mi sarei sentito perduto se avessi posseduto un appartamento con dei mobili e delle cose mie».
Notizie tratte da: Michelle Perrot «Storia delle camere», Sellerio, 18 euro