Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  aprile 14 Sabato calendario

Stavolta vincono i pellerossa Risarcimenti per un miliardo - Nella sede del Dipartimento di Giustizia di Washington sono il ministro Eric HolderassiemeaKenSalazar, titolare degli Interni, ad annunciare davanti ai rappresentanti delle tribù degli indiani nativi del Nordamerica la fine di un secolo di diatribelegalie22mesidiserratinegoziati grazie al passo indietro deciso dall’amministrazione democratica

Stavolta vincono i pellerossa Risarcimenti per un miliardo - Nella sede del Dipartimento di Giustizia di Washington sono il ministro Eric HolderassiemeaKenSalazar, titolare degli Interni, ad annunciare davanti ai rappresentanti delle tribù degli indiani nativi del Nordamerica la fine di un secolo di diatribelegalie22mesidiserratinegoziati grazie al passo indietro deciso dall’amministrazione democratica. «L’intento del governo è la giusta composizione dei contenziosi pendenti e la risoluzione onorevole delle storiche rimostranze sulla gestione dei fondi tribali indiani, le terre e altre risorse non monetarie che per troppo tempo sono state oggettodiconflittifraletribùindianee gli Stati Uniti», afferma Holder, leggendountestochesibasasullavolontà di «consentire alle tribù indiane di perseguire i propri obiettivi nel comune futuro nazionale». In concreto ciò significa ammettere che negli ultimi cento anni 22,6 milioni di ettari di terre appartenenti alle tribù pellerossa sono stati gestit e sfruttati dal governo di Washington senza tener sufficientemente conto dei diritti dei legittimi proprietari. Tali «fondi» vennero creati al termine delle guerre con cui le truppe federali piegarono e sconfissero gli abitanti originari del Nordamerica, impegnandosi a gestirli per farne condividere i frutti economici alle nuove generazioni di indiani nativi oramai divenuti cittadini degli Stati Uniti. Ma tale promessa è stata sistematicamente mancata, violata e ignorata da molteplici inquilini della Casa Bianca. Il risultato è stato che gli oltre 100 mila accordi siglati fra Washington e le tribù hanno portato a sfruttare terreni e risorse per progetti immobiliari, agricoli, commerciali, di coltivazione del legame e dell’olio come dell’estrazione del petrolio che molto spesso hanno finito per ignorare i diritti legali dei proprietari originari. Per avere un’idea delle dimensioni di tali accordi basti pensare che il ministero degli Interni gestisce circa 2500 trust di proprietà di 250 tribù i cui territori si estendono sull’intera nazione. Barack Obama aveva promesso di sanare questa ferita nazionale durante la campagna elettorale del 2008, individuandovi la genesi delle piaghe sociali che ancora oggi affliggono circa 4 milioni indiani nativi: disoccupazione, povertà, alcolismo, scarsa alfabetizzazione e traffici illegali. La tesi del presidente, evidenziata nel discorso pronunciato lo scorso 2 dicembre alla Tribal National Conference riunita alla Casa Bianca, è che il mancato godimento dei diritti economici ha condannato gli indiani americani a difficoltà economiche e sociali di cui adesso il governofederaledevefarsicaricoalfinedisanare piaghe come gli indici record di abbandono delle scuole. Per questi motivi sin dall’indomani dell’insediamento alla Casa Bianca, Obama compie passi a ripetizione: all’inizio del 2009 decide di aprire i negoziati sui risarcimenti, nel 2010 spinge il ministero dell’Agricoltura a versare 760 milionidirisarcimentiagliagricoltoriefirma il Claims Resolution Act - 3,4 miliardi di dollari per 300 mila indiani nativi -, nel 2011 versa 380 milioni di dollari rivendicati dalla Nazione Osage e quindiacceleraletrattative che si concludono ora e sono, per il numero di tribù interessate, le più vaste finora condotte sul tema delle compensazioni governative. Aringraziarel’amministrazioneèstato Gary Hayes, presidente della tribù della Montagna Ute, parlando di «semi gettati per segnare un nuovo momento di inizio, che si distingue per la giusta riconciliazione, la migliore comunicazione e una cooperazione più forte» rispetto a quanto avvenutonelsecolotrascorsodaquandonello Studio Ovale sedeva Teodoro Roosevelt. L’emozione fra i capi tribù è stata palpabile.«Obamanonhafirmatotrattatima ha risolto i problemi, la sua parola si è rivelatad’oro»,hacommentatoilcapoindiano James Allan, riconoscendo al presidente di«averfattodipiùpernoideglisuoiultimi cinque predecessori messi assieme». L’accordo è stato possibile grazie alla decisione della Casa Bianca di prelevare il miliardo di dollari dal fondo governativo per il pagamento delle cause legali, evitando il passaggio al Congresso che avrebbe allungato i tempi se non addirittura portato a una bocciatura del testo. I leader repubblicani infatti ritengono che dietro lo slancio di Obama verso le tribù vi siano motivi assai prosaici, ovvero garantirsi il loro massiccio sostegno in Stati in bilico come New Mexico, Nevada e Colorado che potrebbero rivelarsi decisivi nella battaglia per la rielezione contro Mitt Romney. Se comunque Obama dovesse rimanere alla Casa Bianca, le stesse tribù che gli sono adesso grate potrebbero trasformarsi in una spina nel fiancoperchéfraleloronuovebattagliec’è l’opposizione all’oleodotto Oklahoma-Golfo del Messico a cui la presidenza lega la possibilità di ridurre la dipendenza dalle importazioni di greggio. Il motivo è che per i Sac e i Fox il tracciato passa sui cimiteri degli antenati.