Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Berlusconi è stato rinviato a giudizio per la faccenda della compravendita dei senatori su cui indagava la procura di Napoli. La prima udienza del processo si terrà l’11 febbraio. Il giudice Amelia Primavera, nell’accogliere la rinchiesta di rinvio a giudizio, ha anche concordato il patteggiamento di 20 mesi per il grande accusatore del Cav., l’ex senatore dipietrista Sergio De Gregorio.
• Quindi il Cavaliere si trova adesso in un nuovo guaio.
Un guaio temuto e previsto. È proprio dalla Procura di Napoli che Berlusconi teme di essere arrestato, una volta estromesso da Palazzo Madama.
• L’accusatore di Napoli non è Woodcock? Il pm divenuto famoso, con De Magistris, per l’inconsistenza delle sue inchieste?
Stavolta l’impianto accusatorio appare più solido, anzi devo dire che di tutti i tormenti giudiziari scaraventati addosso a Berlusconi questo appare il meno infondato. Intanto i pm che hanno chiesto il rinvio a giudizio sono quattro: c’è Woodcock, ma ci sono anche Alessandro Milita, Vincenzo Piscitelli e Fabrizio Vanorio. Tutto il processo sarà imperniato sulle confessioni di questo Sergio De Gregorio, a quell’epoca senatore eletto con Di Pietro, poi capo di un’organizzazione detta Italiani nel Mondo, quindi traditore del suo schieramento e passato col centro-destra in un’epoca in cui la maggioranza su cui si reggeva il governo Prodi (2006-2008) era costituita in Senato da appena quattro senatori. Secondo il racconto che ha fatto De Gregorio, subito dopo le elezioni del 2006 Berlusconi diede il via alla cosiddetta Operazione Libertà, libertà cioè dal governo Prodi. De Gregorio fu subito individuato come l’anello debole dello schieramento di centro-sinistra: indebitato fino al collo, anche verso usurai che facevano riferimento alla camorra, il senatore, secondo quello che racconta lui stesso, fu avvicinato e convinto a lasciarsi comprare. Si concordò un milione di euro da versare in chiaro al partito, e due milioni di euro, da consegnare a rate e in nero, una parte dei quali venne portato a De Gregorio dal faccendiere Valter Lavitola, quello che faceva il direttore dell’Avanti e lucrava denaro con sistemi truffaldini attingendo ai fondi stanziati dalla presidenza del consiglio per l’editoria. Lavitola portava a De Gregorio pacchi di banconote da cinquecento. Il commercialista Andrea Vetromile ha testimoniato di essere entrato una volta nell’ufficio di De Gregorio subito dopo che ne era uscito Lavitola e di aver visto la scrivania del senatore ricoperta di banconote.
• Berlusconi sostiene naturalmente di essere innocente.
Nell’udienza di ieri, quella che si è conclusa con il rinvio a giudizio e il sigillo sul patteggiamento a venti mesi di De Gregorio, l’avvocato di Berlusconi, Michele Cerabona, ha negato del tutto il reato di corruzione. Ieri è stato ascoltato anche Lavitola: senza addentrarci nella sua tortuosa testimonianza (Lavitola, che ora è in carcere, è stato ripreso a un certo punto dal giudice per la troppa foga con cui si difendeva) basterà dire che il faccendiere sostiene che i soldi portati a De Gregorio appartenevano a un altro giro. «Studiatevi bene le carte e capirete». Alla fine, De Gregorio s’è fatto intervistare da quelli di Sky: «Credo che questa vicenda acceleri il tramonto di un percorso politico ormai arrivato al redde rationem. Consiglio a Berlusconi di ritirarsi dalla scena politica, liberando l’Italia e la sua persona da tante infamie. Ho avuto un comportamento che oggi ritengo assolutamente disdicevole, finalizzato a ribaltare il governo Prodi in una sorta di guerra santa denominata dallo stesso Berlusconi “Operazione libertà”. Mi sento sollevato da un peso, ho detto la verità. Oggi non rimetterei la mia intelligenza, la mia capacità operativa, le mie conoscenze internazionali al servizio di Berlusconi: quell’uomo non meritava il mio aiuto».
• Ingeneroso, no? Ma intanto, questa nuova offensiva giudiziaria che conseguenze può avere sul piano politico?
Mah. Questo dipende dalla soluzione della partita in corso nel centrodestra. Oggi il partito è diviso sulla questione della decadenza, che l’aula del Senato voterà, a quanto pare, alla fine di novembre. Se Berlusconi verrà estromesso da Palazzo Madama, il Pdl dovrà ritirare la fiducia al governo Letta o no? Lupi, ministro dei Trasporti, ciellino e colomba senza se e senza ma, risponde: «Con il voto di fiducia al governo Letta abbiamo preso l’impegno ad andare avanti. L’equazione crisi = decadenza non c’è più». Risponde la Gelmini, fino a ieri colomba piena di tormenti, ma ormai sempre più prossima alla trasformazione in falco: «Non si può liquidare così la questione. È un fatto politico». Su questo, si intreccia l’altra polemica, se, quando sarà, bisognerà votare in segreto o no.
• Non potrebbe finire con una spaccatura del Pdl?
È possibile. Anzi, è probabile.
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