Sebastiano Messina, La Repubblica 24/10/2013, 24 ottobre 2013
QUELL’AULA FANTASMA IN CAMPIDOGLIO “NOI, CONSIGLIERI SENZA LAVORO” ROMA BLOCCATA, MARINO SOTTO ACCUSA
UNA volta erano accusati di riunirsi troppo, solo per incassare i ricchi gettoni di presenza. Adesso sono in subbuglio perché si riuniscono troppo poco: e bisognava vederli, i consiglieri del Pdl radunati sotto la statua di Marc’Aurelio, intonando l’inno di Mameli attorno alla sagoma di cartone del sindaco Ignazio Marino. Colpevole di aver lasciato il Consiglio comunale — o meglio: l’Assemblea Capitolina, come l’ha ribattezzato la legge per Roma Capitale — senza una sola delibera da approvare. L’ultima volta, s’è riunita per ricordare i settant’anni della deportazione degli ebrei dal ghetto. Poi stop.
“Ma ogni seduta costa settemila euro, e io mica posso convocarne una per la delibera sulla signora Proietti…” spiega allargando le braccia il quarantenne Mirko Coratti, che dell’Assemblea è il presidente. Cosa c’entra la signora Proietti? C’entra, perché nella cartella con la scritta “Proposte di deliberazione” la prima della lista è la numero 67: “Alienazione di un terreno gravato da uso civico ai sensi dell’articolo 8 della legge regionale numero 6 del 27 gennaio 2005 in favore della signora Proietti…”. Seguono la concessione di una servitù di passaggio e la modifica di uno statuto. Con un’avvertenza, però: “Non pronte”. Non si possono né discutere né votare.
Tutto qui? E dove sono le delibere per applicare il programma di Marino? L’opposizione, perfida, ha già fatto il confronto con i primi tre mesi della giunta Alemanno: l’ex sindaco fece approvare 165 delibere alla sua giunta (e 19 dal Consiglio), mentre il suo successore è fermo a quota 76 (e solo 15 sono state votate dall’Assemblea). Così in Campidoglio si è diffuso il sospetto che la macchina da guerra del sindaco-ciclista si sia ingolfata, magari per l’inesperienza dei nuovi assessori o per le tensioni nella maggioranza.
Ma lui, Marino, non vuol sentirne parlare. E da Firenze, dov’è andato per l’assemblea dei sindaci, avverte: “Roma non si governa solo con le delibere. Io ho chiuso la discarica di Malagrotta, ho pedonalizzato i Fori Imperiali, ho eliminato le auto blu per tutti gli assessori: e l’ho fatto con i poteri del sindaco e della giunta, senza dover firmare nessuna delibera. Ma questo non significa che pensiamo di amministrare senza delibere: ci mancherebbe. Le faremo, le delibere. Ma non ora”. E perché non ora? I consiglieri si lamentano di essere lasciati a non fare nulla. “Le stiamo scrivendo, le delibere. Sui lavori pubblici. Sull’urbanistica. Sulla casa. Sulle scuole. Ma se mi mettessi a scrivere raffiche di delibere senza copertura economica prenderei in giro i romani a vantaggio di pochi privilegiati, come ha fatto chi mi ha preceduto, lasciandoci un disavanzo di 867 milioni” Negli uffici del Campidoglio, quelli che si affacciano sul panorama mozzafiato del foro romano, si racconta però di una illuminante conversazione tra il sindaco e un suo strettissimo collaboratore. “Ma perché, domanda il sindaco, quando ti chiedevo una cosa durante la campagna elettorale tu la facevi subito e adesso passa una settimana e ancora non si vede niente?”. “Semplice, gli risponde l’altro, perché se voglio andare a Ostia a piedi ci metto due ore e mezzo, se voglio andarci in bici ci metto un’ora, se voglio andarci con la macchina del Comune ci metto una settimana: un giorno ha le ruote bucate, un altro manca il volante, un altro ancora il motore è grippato, e quando il meccanico ha finito l’autista è in sciopero”. Dietro la metafora della macchina per Ostia ci sono gli inevitabili sospetti su un segretario generale e su un ragioniere generale ereditati dalla giunta Alemanno e i maldipancia dei consiglieri che continuano a diffidare di un sindaco che s’è scelto gli assessori con i curricula e ora si ritrova in trincea senza avere alle spalle un robusto alter- ego come fu l’esperto Walter Tocci per il primo Rutelli. Restando nella metafora automobilistica, il presidente Coratti giura: non è del Pd che Marino deve guardarsi. “Siamo tutti sulla stessa auto, c’è chi guida e chi assiste il pilota: se si arriva primi si vince insieme, se si va a sbattere ci si fa male tutti”.
Eppure la prova che ci sia uno scontro sotterraneo, e neanche tanto invisibile, è nell’unica delibera che proprio ieri è stata inserita nel fascicolo dell’Assemblea, quella che stabilisce i criteri per le nomine negli enti e nelle aziende comunali, insomma il sottogoverno. La delibera c’è, ma non verrà messa all’ordine del giorno. Perché l’idea di Marino di sfoltire le nomine ed escludere gli ex sindaci, consiglieri e deputati non entusiasma affatto un pezzo della sua maggioranza. “Se la mettiamo in discussione adesso, non passa il bilancio” avverte Coratti. Il quale, ricordando la valanga di 120 mila ordini del giorno ed emendamenti con i quali il Pd impedì ad Alemanno di privatizzare l’Acea, teme che la stessa tecnica venga adottata per bloccare il bilancio preventivo (che poi sarebbe quello del 2013, altra eredità del centrodestra). Marino concorda: “Questione delicata, meglio parlarne dopo”. Ma l’ostruzionismo non lo spaventa affatto: “Quando facevo i trapianti, ero abituato al back-toback, uno dopo l’altro: io sono abituato a restare in piedi anche 23 ore davanti a un tavolo operatorio. Non so se i miei oppositori sarebbero capaci di fare altrettanto”. A occhio e croce, lo sapremo presto.