Gianni Dragoni, IL 24/10/2013, 24 ottobre 2013
DUE CONTI NELLE TASCHE DEI NOSTRI BANCHIERI
Il licenziamento di Enrico Cucchiani da Intesa Sanpaolo è un banco di prova per verificare come i banchieri rispondono alle sollecitazioni della Banca d’Italia a moderare i compensi.
Cucchiani era stato nominato amministratore delegato il 24 novembre 2011. È entrato in contrasto con i principali azionisti, con la struttura della banca dove veniva chiamato “il Signor altrove” e con il presidente Giovanni Bazoli. Il 29 settembre ha dato le dimissioni. Il suo stipendio base era di 1,8 milioni di euro lordi all’anno, il 20% in più del predecessore, Corrado Passera. Nel 2012 la busta paga di Cucchiani è stata di 2,66 milioni, compresi i bonus. La banca gli ha riconosciuto una buonuscita pari a due annualità base, cioè 3,6 milioni. Ma c’è dell’altro: Cucchiani resterà direttore generale fino al 31 marzo 2014, con uno stipendio stimato intorno a un milione. Questo prolungamento bizzarro del rapporto contrattuale di un dirigente licenziato consentirebbe a Cucchiani, che ha 63 anni, di maturare la pensione. Il 10 maggio scorso Cucchiani era stato confermato ad, per tre anni. Con il senno di poi, si può notare che se i principali azionisti e Bazoli non erano soddisfatti di Cucchiani, avrebbero potuto mandarlo a casa in maggio: la banca avrebbe risparmiato circa 5 milioni.
Altra vicenda il Monte dei Paschi. Tra le condizioni poste dalla Ue per autorizzare il piano industriale della banca salvata con soldi pubblici (i Monti bond) c’è il taglio dei compensi dei massimi dirigenti. L’ad, Fabrizio Viola, dovrebbe ridursi lo stipendio a non più di 464mila euro l’anno, meno di un terzo di quanto ha guadagnato nel 2012 (1,55 milioni). C’è un braccio di ferro tra Siena e Bruxelles. Questo dimostra che la questione dei compensi non può essere lasciata solo alla buona volontà dei banchieri.