g.ru., la Stampa 24/10/2013, 24 ottobre 2013
“LAVITOLA FACEVA IL LAVORO SPORCO”LE MOTIVAZIONI DELLA CONDANNA
Agli inizi della sua carriera politica e delle sue disavventure giudiziarie, gli innocentisti imprecavano contro i cattivi «collaboratori» del Cavaliere, di Silvio Berlusconi, il «corruttore» di Piazzale Clodio, Cesare Previti, e il «palermitano» amico dei mafiosi, Marcello Dell’Utri. Oggi invece, a distanza di vent’anni, Silvio Berlusconi deve molto dei suoi nuovi guai giudiziari a due personaggi che certo non si sono rivelati buoni consiglieri: Gianpi Tarantini, l’imprenditore barese che portava le escort a Palazzo Grazioli, e Valter Lavitola, che si era candidato a diventare il suo consulente personale.
Scrive il gup Francesco Cananzi nelle motivazioni della condanna di Valter Lavitola a due anni e otto mesi per tentata estorsione di cinque milioni di euro nei confronti di Silvio Berlusconi: «Da tutti gli atti emerge il rapporto di assoluta vicinanza del Lavitola al Berlusconi ed anche la capacità intrusiva del Lavitola nei confronti dell’ex premier». Sembra quasi che Berlusconi subisca il faccendiere. Eppure, questo rapporto diventa indispensabile allo stesso Cavaliere: «Lavitola è impegnato sostanzialmente quale attivo e riservato informatore su vicende giudiziarie che, benché riguardanti terzi, appaiono di specifico e rilevante interesse dello stesso Berlusconi».
Un esempio? Nell’unica intercettazione utilizzabile nel processo tra Berlusconi e Lavitola, il faccendiere rivela al Cavaliere: «Mi diceva il ragazzo...Gianpi che a Bari c’è una indagine contro Laudati (Antonio, ex procuratore della Repubblica). Dove è coinvolto Niccolò (Ghedini?ndr)». Commenta il gup Cananzi: «Lavitola vuole svolgere un’attività di consulenza e intermediazione ampia, che superi la vicenda Tarantini».
Il giudice Cananzi aveva processato il faccendiere salernitano e l’imprenditore rappresentante di diverse comunità siciliane in Argentina, Carmelo Pintabona, per una tentata estorsione di cinque milioni di euro nei confronti dell’ex premier. Era accaduto che nel computer di Pintabona era stata trovata una lettera di Lavitola che il senatore Caselli, eletto nella circoscrizione estera del sud America, avrebbe dovuto consegnare a Berlusconi. Per Cananzi si tratta di «una confessione stragiudiziale».
«Le singole vicende giudiziarie e politiche che legano Lavitola a Berlusconi - sintetizza Cananzi - il lavoro sporco svolto da Lavitola per Berlusconi - a detta del primo - costituivano la ragione del debito riconosciuto nei suoi riguardi dallo stesso Berlusconi: a fronte di promesse mai mantenute, come quella del suo ingresso in politica». Nella lettera, aggiunge il gup, «Lavitola parla di un credito morale: le cose fatte tra noi, le ho fatte scientemente, e come tale da uomo. Lei non sarà mai coinvolto. Dico mai e poi mai».
A proposito degli affari a Panama dell’ex direttore dell’Avanti, scrive il gup: «Il fatto che il Lavitola fosse una sorta di uomo di Stato in incognita - che godeva della fiducia dell’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi - se nel contesto italiano può suscitare certa repulsione, manifestatasi anche in uomini prudenti e non avvezzi a giudizi affrettati, come Frattini (Franco, ex ministro degli esteri, ndr) nello Stato centroamericano (Panama,ndr) determinava fiducia».