Morya Longo, Il Sole 24 Ore 24/10/2013, 24 ottobre 2013
IL QUARTO PARTITO (INDUSTRIALI) FINIREBBE NELLE SABBIE MOBILI
È ora di prendere atto che tutti i governi che finora si sono avvicendati, vuoi per incapacità, vuoi per non conoscenza dei reali problemi, vuoi perché alcune forze politiche si sono sempre opposte alle riforme, non sono stati all’altezza della situazione. Anche il governo dei tecnici, che di tecnico aveva poco o niente, ha fallito e peggiorato la situazione. Sarebbe ora che la Confindustria, l’unica organizzazione che è a conoscenza della situazione reale del Paese, si desse da fare per risollevare le sorti. Un partito né destra né di sinistra ma che sia concreto, razionale, competente e soprattutto non ideologico.
Tutti gli industriali sanno di cosa hanno bisogno per prosperare e creare ricchezza. Perché questa conoscenza viene sprecata e non messa a frutto? Solo chi ha provato l’incompetenza dei politici sulla propria pelle conosce i problemi e ha le basi per risolverli.
Vogliamo un partito degli industriali, che sia tosto, e che proponga e attui soluzioni valide, che sappia dire di no e che si opponga a tutte quelle leggi e leggine che non fanno che aumentare burocrazia, costi del lavoro, difficoltà del lavoro quotidiano. Vogliamo meno tasse, meno burocrazia, una giustizia più veloce, pagamenti più certi. Si chiede troppo?
Gianni Rossi
Meno tasse, meno burocrazia, giustizia più veloce, pagamenti certi. No, non si chiede troppo. Uno Stato efficiente non lo reclamano, giustamente, solo gli imprenditori ma tutti i cittadini che esigono risposte nei fatti dai governi e dalla classe politica. Deluso dai risultati, lei però chiede direttamente agli industriali di scendere in campo con un vero e proprio partito. Io non credo che sia una buona idea. Perché è bene che ciascuno - e vale ovviamente anche per la Confindustria, la maggiore organizzazione di rappresentanza dell’imprenditoria - faccia al meglio il mestiere che gli compete. Perché un altro partitino non servirebbe. Perché comunque il "Quarto partito", per stare ad una formula che Alcide De Gasperi coniò nel 1947, sarebbe votato al fallimento finendo nelle stesse sabbie mobili che, ultimo esempio, hanno inghiottito, prima ancora di provare ad organizzarlo, lo sponsorizzatissimo "partito dei cattolici" (ricorda il convegno di Todi dell’ottobre 2011?). Perché forse mantengono un senso di fondo le parole dedicate agli industriali scritte nel 1919 sull’"Avanti!" da Antonio Gramsci sulla "necessità di tenersi saldamente sulla strada maestra della libertà commerciale". Parole sulle quali chiuse il suo primo discorso all’assemblea di Confindustria, nel 1976, il presidente Guido Carli.
Quanto poco coraggio
Sono a capo di una piccola impresa metalmeccanica. Da quando la crisi è iniziata abbiamo perso ordini e dovuto ridurre il personale, e le banche prima di fare credito vogliono sapere anche quante michette abbiamo in casa. Insomma, fare l’imprenditore rimane un mestiere affascinante ma complicatissimo. Avevo molta fiducia nel governo delle larghe intese. Mi son detto: rappresenta i due terzi dei voti perché non dovrebbe fare le cose giuste, attuare le riforme che ci porteranno oltre questa infinita crisi. E, invece, ci ritroviamo con una legge di stabilità che non carica di nuove tasse le tasche degli italiani ma che non ha coraggio. Sono stati fatti molti paragoni ciclistici per questa finanziaria, tipo abbiamo scollinato, ma, per continuare il paragone, ora serve uno scatto, una fuga decisa verso la ripresa. Se non ora, quando, cari politici?
Lettera firmata
Varese