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 2013  ottobre 24 Giovedì calendario

DE GREGORIO, IL PENTITO INCREDIBILE


Quando il senatore De Gre­gorio prese la parola do­po essere uscito dall’Idv con cui era stato eletto, per passare quasi subito dalla no­stra parte, mi imbarazzò molto il suo discorso eccessivamente e quasi provocatoriamente berlu­sconiano. Un trionfo non neces­sario del culto della personalità che causò in molti di noi, senatori del Pdl, un certo fastidio. È pro­prio il caso di dire che io lo cono­scevo bene perché il senatore De Gregorio, prima di essere senato­re è stato un giornalista: quando andavo a fare dei servizi a Napoli per la Repubblica , La Stampa o per la Rai, io passavo nello studio che lui condivideva con un bravo fotografo e ogni volta Sergio era bravissimo a organizzare incon­tri, e con lui feci un bel documen­tario per Mi­xer di Giovanni Mino­li sui minorenni che rapinavano i pensionati quando andavano a ri­scuotere la pensione alle Poste. Perso di vista, me lo ritrovai al Se­nato. Mi spiegò che lui era in For­za Italia e che doveva essere in li­sta per quel partito, ma che poi per beghe interne lo avevano segato e allora aveva trova­to il modo di farsi candidare da Di Pietro, con la segreta intenzione di tornare al­l’ovile. Quando avvenne questo passag­gio non c’era alcuna aria di crisi, anche se il governo Prodi si reggeva sui voti dei tre­mebondi senatori a vita, portati quasi in barella a votare. Il centrosinistra scric­chiolava e molti senatori di sinistra scal­pitavano, non ne potevano più e alla bu­vette si parlava del loro malumore. Io stesso ho cercato di convincere quelli di cui ero amico e mollare Prodi e far cadere quel governo. Ricordo che il senatore Va­lerio Zanone era particolarmente infeli­ce. Lo raccontai a Berlusconi: «Parlaci, penso che potresti promettergli un posto in lista alle prossime elezioni e cerca di convincerlo». Che io sappia, Zanone fu ri­cevuto da Berlusconi e la cosa finì lì, con quattro chiacchiere e un caffè. Mai sapu­to che ci fossero tentativi di corruzione. Zanone non mi disse nulla del genere. Il governo com’è noto cadde quando la giu­stizia italiana entrò a piè pari nelle vicen­de politiche facendo mandare in bestia Clemente Mastella che ritirò i suoi voti e fece cadere il governo. Questa è storia ed è una balla sesquipedale che il governo sia stato fatto cadere corrompendo De Gregorio.
Già, ma lui dice di essere stato corrotto. Quale limpida coscienza. Io ricordo che ebbe la presidenza della delegazione par­lamentare italiana presso la Nato e che, essendo quello il «premio» per il passag­gio, lo votammo nell’auletta del Senato in cui la delegazione si riuniva. Quando andavamo in giro per il mondo e special­mente in America, De Gregorio si dava un gran da fare con la sua associazione «Italiani nel mondo» di cui era leader e di­ciamo pure proprietario. Per i vecchi rap­porti di conoscenza mi chiese più volte di partecipare ai suoi meeting con gli italoa­mericani che erano sempre molto pitto­reschi. Abbiamo parlato decine di volte, mi disse di aver ottenuto dal partito, il Pdl, dei fondi per il finanziamento della sua associazione e si vedeva bene che gli «italiani nel mondo» erano una bella ri­serva indiana per il senatore.
Poi, il voltafaccia. Avevo visto De Gre­gorio per l’ultima volta durante la nostra missione a Marsiglia nel marzo del 2012 ed era già nei guai giudiziari: i giornali parlavano di lui, era sotto pressione e si vedeva. Ed ecco che diventa un pentito, un collaboratore di giustizia che si auto­accusa, si autoarresta, si autofustiga e si trova in una inattesa, clamorosa sintonia con i magistrati inquirenti che fin dai tempi della caduta del governo Prodi se­guivano le (false) indicazioni della stam­pa di sinistra secondo cui Prodi sarebbe caduto per oscure manovre di corruzio­ne e non come invece la cosa accadde sot­to gli occhi di tutti per la defezione di Ma­stella. Ed ecco che il vecchio cronista na­poletano si trasforma in Saint-Just, l’ange­lo sterminatore, diventa il darling della procura napoletana, l’asso nella mani­ca, il pilastro di una nuova pesantissima accusa contro Berlusconi.
Io posso dire di aver passato parecchio tempo a contatto con De Gregorio duran­te i nostri viaggi e ­l’ho ascoltato racconta­re le mirabolanti imprese dei suoi «Italia­ni nel mondo», che considerava il pila­stro della sua possibile carriera politica futura. Quando ha indossato i nuovi pan­ni del corrotto pentito, di colui che final­mente può mettere in sicurezza la sua tor­mentata coscienza, mi è venuto un colpo e mi è venuto anche da ridere, ricordan­do quel suo intervento in Senato che sem­brava una celebrazione di Kim Il Sung nella Corea del Nord. Che metamorfosi. Che nobiltà. Che credibilità.