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 2013  ottobre 24 Giovedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - IL CASO OBAMA/MERKEL E LE INTERCETTAZIONI DELLA NAS


zone intorno alla torre di galata, sigillando le stanze

REPUBBLICA.IT
ROMA - Lo scandalo Datagate si è allargato fino ad assumere dimensioni globali. Al Consiglio europeo il caso è all’ordine del giorno. Riuniti a Bruxelles i leader dei Paesi europei hanno discusso i programmi di sorveglianza della National Security Agency Usa.
"Da quando stiamo parlando della Nsa - ha affermato la cancelliera parlando con i cronisti al suo arrivo nella sede del Consiglio europeo - ho detto chiaramente al presidente degli Stati Uniti che spiare gli amici non è accettabile. Noi abbiamo bisogno di fidarci dei nostri alleati e questa fiducia adesso deve essere riaffermata", rilanciando "la trasparenza tra Usa e Europa". La tensione è altissima, il comportamento Usa ha reso pericolanti i rapporti. Anche l’Italia era sotto controllo. Enrico Letta ha ribadito: "Abbiamo chiesto chiarimenti al governo americano, perché attività di spionaggio di questo tipo non sono ammissibili".
Come ha confermato il presidente della Ue Herman van Rompuy, nella bozza di conclusioni del vertice Ue c’è proprio un riferimento alla necessità di approvare la direttiva sulla protezione dati l’anno prossimo, "perché è importante ristabilire la fiducia". Deciso il commento del presidente del Pe Martin Schulz: "Penso che dobbiamo sospendere ora i negoziati" per arrivare a un accordo di libero scambio tra Ue e Usa. Ci sono alcuni standard e criteri - ha aggiunto - che si devono rispettare, altrimenti non ha alcun senso parlarci l’un l’altro".
La notizia dello scandalo che ha fatto calare il gelo tra Berlino e Washington l’ha data ieri il capo portavoce di Angela Merkel, sottosegretario Steffen Seibert: c’è il sospetto fortissimo, anzi forse la certezza, che la National Security Agency americana abbia messo sotto controllo il cellulare della cancelliera, e abbia sistematicamente ascoltato e registrato ogni sua conversazione.
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E non sarà facile ricomporre la frattura, come sottolinea anche il ministro della Difesa tedesco, Thomas de Maiziere: "Le relazioni tra Germania e Usa sono stabili e importanti per il nostro futuro e resteranno tali", ma "non si può semplicemente tornare alla normalità". Il ministro ha anche dichiarato alla tv Ard che se la notizia fosse confermata si tratterebbe di un fatto "molto negativo".
L’Italia è stata spiata, non solo da parte degli Usa, ma anche della Gran Bretagna. Lo si è appreso dalle ultime sconcertanti rivelazioni di Gleen Greenwald. Il giornalista americano, che custodisce i file della ’talpa’ del Datagate Edward Snowden, ha dichiarato all’Espresso che "La Nsa porta avanti molte attività spionistiche anche sui governi europei, incluso quello italiano". Dichiarazioni rilasciate prima che esplodesse la tempesta diplomatica dei controlli sul cellulare della Merkel.
Londra ci spiava. Come spiega l’Espresso, l’Italia non è stata soltanto nel mirino del sistema Prism creato dagli 007 statunitensi. Con un programma parallelo e convergente chiamato Tempora, anche l’intelligence britannica ha spiato i cavi di fibre ottiche che trasportano telefonate, mail e traffico internet del nostro paese. Le informazioni rilevanti raccolte dal Gchq, ossia il Government communications head quarter, venivano poi scambiate con l’Nsa americana. Ma dai file di Snowden risulta che la scrematura di questi dati segue criteri spregiudicati, che non riguardano solo la lotta al terrorismo. Gli inglesi infatti selezionavano telefonate e mail utili a individuare "le intenzioni politiche dei governi stranieri". Insomma, la licenza di spiare concessa dalle autorità britanniche è vastissima e consente di tenere sotto controllo aziende, politici e uomini di stato. Inoltre sempre secondo quanto dichiara Greenwald al settimanale, i servizi segreti italiani hanno avuto un ruolo nella raccolta di metadati. Questi documenti, sostiene il giornalista Usa, affermano che i nostri apparati di sicurezza avevano un "accordo di terzo livello" con l’ente Gb che si occupava di spiare le comunicazioni. Il giornalista americano rivela che l’attività di spionaggio globale viene svolta attraverso l’intercettazione di tutti i dati trasferiti da tre cavi in fibre ottiche sottomarini che hanno terminali in Italia. Il primo è il SeaMeWe3, con "terminale" a Mazara del Vallo. Il secondo è il SeaMeWe4, con uno snodo a Palermo. Città da cui transita anche il flusso di dati del Fea (Flag Europe Asia).
Il presidente del Copasir Giacomo Stucchi esclude però un ruolo dei servizi nella vicenda: "Alla luce delle informazioni in mio possesso - ha detto - tenderei a escludere che quanto affermato da Greenwald all’Espresso sia davvero accaduto: non penso che i nostri Servizi Segreti abbiano mai potuto svolgere azioni simili a quelle da lui ipotizzate".
L’incontro Germania-Usa. Intanto il governo tedesco ha convocato l’ambasciatore degli Stati Uniti a Berlino per la vicenda delle intercettazioni al cellulare privato di Angela Merkel da parte degli 007 americani. Sarà il ministro degli Esteri, Guido Westerwelle, a incontrare personalmente l’inviato statunitense John B. Emerson. Un’iniziativa senza precedenti tra i due paesi, alleati di vecchia data. "In questa occasione, la posizione del governo tedesco sarà chiaramente esposta", ha indicato una portavoce, confermando informazioni pubblicate sul sito internet di Der Spiegel.
Il Consiglio europeo. "Sul caso Datagate è arrivato il momento di dare una risposta forte e univoca dell’Europa agli americani", ha detto il commissario europeo alla Giustizia Viviane Reding. E su Twitter Michel Barnier, commissario al mercato interno, ha aggiunto: "Quando è troppo è troppo. Tra amici, deve esserci fiducia. E’ stata compromessa. Ci aspettiamo in fretta risposte dagli americani". E la stessa Merkel, entrando al vertice, ha dichiarato: "Spiare non è accettabile, tra alleati ci vuole fiducia. Non è solo un problema che riguarda me, ma tutti i cittadini", ha detto la cancelliera tedesca, aggiungendo di aver chiarito questo concetto durante la conversazione con il presidente Obama. Parole di condanna sono arrivate anche dal primo ministro belga, Elio Di Rupo ("Non possiamo accettare questo spionaggio sistematico"), dal premier olandese, Mark Rutte ("E’ una questione seria. E io supporterò la Merkel completamente") e dal capo del governo finlandese, Jyrki Katainen ("Abbiamo bisogno di garanzie circa il fatto che quello che è successo non succederà mai più, se è successo").
Incontri bilaterali. A margine del vertice il presidente francese Francois Hollande e il cancelliere tedesco discuteranno della questione delle intercettazioni americane. Un colloquio bilaterale dovrebbe svolgersi anche fra il premier italiano Enrico Letta e Hollande.
Usa in piazza contro l’Nsa. Intanto l’opinione pubblica americana protesta contro l’attività dell’agenzia governativa. Sabato 26 ottobre, il giorno del 12° anniversario dalla firma del Patriot Act, i cittadini Usa scenderanno per le strade di Washington E anche le star di Hollywood, tra cui Oliver Stone, John Cusack e Maggie Gyllenhaal, hanno diffuso un video in difesa della privacy.

PAOLO LEPRI STAMATTINA SUL CORRIERE DELLA SERA

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BERLINO — Ascoltavano anche lei, la donna più potente del mondo. Il cellulare di Angela Merkel era controllato dai servizi segreti americani. E’ qualcosa più di una possibilità, anche se la Casa Bianca nega imbarazzata. Non a caso, la stessa Cancelliera ha deciso di chiamare personalmente il presidente degli Stati Uniti parlando senza mezzi termini di una notizia che una volta confermata, rappresenterebbe «una grave violazione della fiducia» tra due Paesi alleati.
La dichiarazione di Steffan Seibert, il portavoce della cancelleria, è arrivata come una bomba alla fine di una giornata contrassegnata da contatti e preoccupazioni, in tutto il mondo, sul programma di controllo delle comunicazioni portato avanti dalla Nationl Security Agency. Un’attività su cui emergono ogni giorno in più dettagli inquietanti. «Il governo federale — ha fatto sapere Seibert — ha ottenuto informazioni secondo le quali il telefono portatile della Cancelliera potrebbe essere stato sorvegliato dai servizi americani». Alla luce di tutto questo, ha proseguito, Angela Merkel ha chiamato Obama affermando «chiaramente» che se ciò fosse accaduto «andrebbe disapprovato categoricamente e considerato totalmente inaccettabile». Nell’ottica tedesca «tra due nazioni amiche e partner da vari decenni una tale sorveglianza nei confronti di un capo di governo non può assolutamente esistere». «Queste pratiche devono cessare immediatamente», ha insistito la Cancelliera. Qualche decina di minuti dopo la dura presa di posizione tedesca è intervenuto il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, affermando che il presidente ha assicurato la sua interlocutrice che gli americani «non sorvegliano e non sorveglieranno» le sue comunicazioni. Si parla significativamente al presente e al futuro, ma non si spiega cosa sia avvenuto nel passato. Carney ha poi aggiunto che, preso atto delle preoccupazioni tedesche e delle richieste di chiarimenti giunte il giorno precedente dal presidente francese François Hollande, gli americani stanno «portando avanti le loro verifiche sui metodi di raccolta dati ad opera della intelligence».
Troppo poco, forse, per mettere a tacere alleati che si stanno interrogando sui metodi dei servizi segreti Usa. Il caso del programma di spionaggio informatico, venuto alla luce da ormai molti mesi dopo le rivelazioni della «talpa» Edward Snowden, rischia di subire una gigantesca escalation in un’Europa sempre meno disposta a minimizzare la portata dei fatti. Ne è una chiara testimonianza la durezza del linguaggio usato ieri dalla cancelleria, che ha chiesto agli Stati Uniti di precisare le dimensioni delle attività di sorveglianza e fornire finalmente quelle risposte a domande che Berlino «aveva posto da mesi». Toni diversi da quelli usati in giugno, durante la visita di Obama in Germania, quando il governo tedesco aveva cercato di non soffiare sul fuoco delle polemiche pur mantenendo una posizione molto ferma sulle violazioni della legalità e della privacy dei cittadini provocate dal monitoraggio dei dati compiuto dagli americani. La stessa richiesta dell’opposizione tedesca di congelare il negoziato sull’accordo di libero scambio Ue-Usa era stata accantonata dopo le rassicurazioni giunte dall’inquilino della Casa Bianca e la formazione di una commissione bilaterale in grado di accertare tutti gli aspetti della vicenda. Più volte a Berlino era stato sottolineato, per evitare il pericolo di un confronto troppo aspro con Washington, che le informazioni in possesso degli Stati Uniti avevano permesso di prevenire sanguinose azioni terroristiche.
Ma lo scenario rischia di cambiare. Anche perché l’ultimo capitolo tedesco dello scandalo aggrava una situazione resa incandescente dall’irritazione francese e da nuovi timori a livello internazionale. Il portavoce del governo di Parigi, Najat Vallaud-Belkacem, ha continuato a parlare ieri di «pratiche inaccettabili tra alleati» dopo le rivelazioni sulle decine di milioni di telefonate setacciate dalla Nsa. Molte preoccupazioni anche a Roma dove il presidente del Consiglio Enrico Letta ha chiesto chiarimenti al segretario di Stato John Kerry per accertare che non ci siano state violazioni delle comunicazioni provenienti dall’Italia. Il capo della diplomazia americana ha garantito il governo che l’obiettivo dell’amministrazione Obama «è trovare il giusto equilibrio tra protezione della sicurezza e privacy dei cittadini». Di più non ha detto, ma ha rassicurato i suoi ospiti sul fatto che «proseguiranno strette consultazioni». Fonti vicine al premier hanno parlato di un «atteggiamento cooperativo» da parte del successore di Hillary Clinton. Un segnale incoraggiante, perché sarà necessario effettivamente molto lavoro comune per fare finalmente chiarezza.
Paolo Lepri

PAOLO VALENTINO SUL CDS DI STAMATTINA

Il palazzo della nuova cancelleria di Berlino è un edificio che il suo architetto, Axel Schultes, volle trasparente e poroso, simbolo di un potere federale accessibile e aperto alla vista della pubblica opinione. Un’architettura così democratica sembra beffardamente ironica, ora che è forte il sospetto che perfino il Kanzleramt, il luogo da dove viene governata la nazione egemone d’Europa, pilastro dell’Alleanza Transatlantica, sia sotto il controllo pervasivo dell’ubiqua Nsa, la National Security Agency. Dopo il Brasile, il Messico, l’Unione europea, la Francia e l’Italia, tocca alla Germania di Angela Merkel ritrovarsi nella lista ufficiale degli alleati spiati. Attenzione, questa volta non sono i vituperati e irresponsabili media, con le loro rivelazioni, a costringere un governo a venire allo scoperto e ammettere una verità già conosciuta. Questa volta è il portavoce della cancelleria ad anticipare tutti, spiegando che il suo Paese è in possesso di tale informazione. La Casa Bianca smentisce. Al telefono con la signora Merkel, il presidente Obama le assicura «che gli Stati Uniti non stanno controllando e non controlleranno le comunicazioni della cancelliera». Nei rapporti ufficiali fra Stati, questa dichiarazione ha un valore per sé. Ma anche se il cellulare di Angela Merkel non fosse ascoltato, la sostanza non cambierebbe. Il capo della Casa Bianca ripete infatti che gli USA stanno rivedendo il modo in cui opera l’intelligence, «per essere sicuri di conciliare le esigenze di sicurezza dei nostri cittadini e degli alleati con le preoccupazioni per la privacy». Il punto vero è che una soglia è stata superata. Nessuno può e deve scandalizzarsi che una potenza globale come gli Stati Uniti abbiano un efficiente servizio di raccolta d’informazioni. Tanto più che le analisi Big Data della Nsa non sono diverse da quelle che consentono a Google, Amazon o Yahoo di sapere tutto dei loro milioni di users, senza che nessuno faccia storie. Ma nel campo minato e sensibile della sicurezza, le immense possibilità aperte dalle nuove frontiere tecnologiche pongono a Paesi che si vogliono amici e alleati un dovere di maggior coordinamento, limiti e regole del fuori gioco. A meno di ragioni inconfessabili, di carattere diverso dalla sicurezza, che senso ha spiare i leader di Paesi che con l’America condividono cause, interessi e impegni strategici?

PEZZO DELLA SARZANINI STAMATTINA SUL CORRIERE
ROMA — Il 25 luglio scorso l’Italia ha avuto la conferma che i dati relativi alle nostre telefonate, sms e email vengono acquisiti dagli Stati Uniti. Quel giorno il direttore del Dis Giampiero Massolo ha incontrato a Washington i capi delle agenzie di «intelligence» americane — il direttore della Cia John Brennan, dei Servizi Segreti James Clapper e dell’Nsa Keith Alexander — e ha analizzato con loro il flusso di informazioni catturate attraverso il sistema Prism, relative alle comunicazioni in arrivo e in partenza per gli Usa e utilizzate, secondo quanto è stato assicurato, per garantire la sicurezza nazionale.
È l’audizione del sottosegretario delegato Marco Minniti, di fronte al Comitato parlamentare sulla sicurezza, a ricostruire quanto accaduto in tre occasioni dopo le rivelazioni dell’analista informatico Edward Snowden. E così a fornire un clamoroso riscontro rispetto a quanto è emerso anche in Francia. Con una differenza rispetto alle decisioni prese da Francois Hollande: il governo guidato da Enrico Letta ha avviato una trattativa, segnata da tre incontri di altissimo livello già avvenuti e da altri appuntamenti in agenda per le prossime settimane.
Dopo la riunione di luglio si è infatti deciso che fosse necessario un faccia a faccia tecnico. Il 2 agosto è così arrivata a Roma una delegazione guidata dal vicedirettore esecutivo del Nsa che ha incontrato i colleghi dell’Aise, l’Agenzia per la sicurezza estera guidata dal generale Adriano Santini. E due settimane fa è stato lo stesso Minniti a parlare con il generale Alexander. «Uno scambio continuo — chiarisce in sede parlamentare il sottosegretario — che ci ha consentito di verificare che cosa sia accaduto e soprattutto che tipo di dati sono nelle mani degli Usa».
Il primo punto riguarda quelli che vengono definiti «Metadati» e dunque: identità dei titolari delle utenze coinvolte, tipo di contatto, durata. «Abbiamo avuto la conferma che queste informazioni vengono acquisite attraverso il traffico che entra e esce dagli Stati Uniti — spiega Minniti — ma ci è stato assicurato che mai alcuna comunicazione è stata intercettata». In realtà l’ascolto diventa possibile, anzi scontato, se si passa al secondo livello di minaccia e cioè quando il contatto analizzato si trasforma in un «target» sensibile.
«In quel caso — conferma il sottosegretario — si attiva la procedura per captare i contenuti delle conversazioni o delle comunicazioni via mail o sms». Sono i cosidetti «sigint» che anche i nostri 007 hanno utilizzato in momenti di crisi dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 a New York, ma anche durante la guerra in Iraq e in Afghanistan, quando era necessario poter captare le conversazioni su decine e decine di cellulari e satellitari per cercare di individuare gli obiettivi per possibili attentati oppure le prigioni degli occidentali rapiti in un’attività contro il terrorismo internazionale che sembra essere poi diventata il paravento per l’acquisizione per tutti gli altri dati. E non consente di poter escludere che il controllo sia avvenuto nei confronti di personalità e autorità, paventando il rischio di uno spionaggio politico. Soprattutto tenendo conto del rapporto stretto che c’è sempre stato tra i servizi di intelligence di Stati Uniti e Italia e si è consolidato proprio in quegli anni.
In tutte le riunioni bilaterali è stata esclusa la possibilità che l’intrusione avvenga su territorio estero, ma questo non basta a rassicurare. Perché, come Minniti ha ammesso di fronte al Copasir, «la questione attiene ai contratti che i Provider statunitensi siglano con le agenzie di “intelligence”. Ciò significa che i gestori di telefonia e traffico informatico potrebbero aver accettato di consegnare i dati acquisiti. Noi possiamo garantire che lo stesso non può essere fatto se il gestore è italiano, ma di fronte alle società straniere non abbiano alcun potere di intervento».
Altro argomento delicato riguarda i cavi di comunicazione sottomarini. Le verifiche effettuate dai nostri 007 ne garantiscono la sicurezza in territorio italiano per la presenza dei «filtri», però è lo stesso sottosegretario a sottolineare come alcuni snodi siano sistemati in realtà «all’estero, in Francia, oppure in Cornovaglia e rispetto a questi sistemi non possiamo avere la certezza che non siano stati sottoposti a controlli non autorizzati».
E tanto basta per capire che siamo soltanto all’inizio della storia.
Fiorenza Sarzanini

GALLUZZO-PICCOLILLO SUL CORRIERE DI STAMATTINA
ROMA — Il tema del datagate, a Palazzo Chigi, è stato affrontato solo per pochi minuti da Letta e dal segretario di Stato americano John Kerry. Per un’ora e un quarto, ieri mattina, i due hanno discusso di Siria, Libia, Afghanistan, processo di pace di Medio Oriente, e per tre o due minuti della possibilità che gli Stati Uniti abbiano spiato conversazioni o dati entro i confini nazionali. I nostri servizi, al momento, hanno infatti la ragionevole certezza, tramite le due principali agenzie, che non ci siano state in Italia violazioni della privacy dei nostri cittadini nè tantomeno della sovranità nazionale.
«Il nostro obiettivo è trovare il giusto equilibrio tra la protezione della sicurezza e la privacy dei nostri cittadini», ha risposto Kerry, citando Obama, al premier Enrico Letta, che ha posto la «necessità di verificare la veridicità delle indiscrezioni» su eventuali «violazioni della privacy», come aveva raccomandato il Garante. Riscontrando, riferiva ieri un comunicato ufficiale, l’atteggiamento «cooperativo» del segretario di Stato statunitense. Kerry ha riconosciuto che l’America «ha un problema», assicurando che la questione è «under review». Ovvero sotto revisione. E che il lavoro di ricerca di equilibrio «proseguirà come proseguiranno le nostre strette consultazioni con i nostri amici, inclusa l’Italia».
Insomma al momento non esiste un caso Italia: a Palazzo Chigi sono convinti della bontà della recognizione effettuata finora dalla nostra intelligence, così come delle risposte formali avute dagli americani negli ultimi mesi, quelle risposte che assicurano che il monitoraggio per fini di sicurezza americana non ha violato alcuna delle leggi italiane. Il nostro premier è stato a Washington appena pochi giorni fa, se ci fosse stata qualche incomprensione, o diffidenza, sarebbe probabilmente emersa in quella sede.
Ovviamente, ha tenuto a rimarcare Kerry, la review alla quale è sottoposta l’attività spionistica degli Stati Uniti, almeno quella compiuta fuori dai confini nazionali, avrà sempre come limite la necessità di rispettare le leggi americane, quelle leggi che sono molto «aggressive», e poco «difensive», nel definire gli interessi nazionali in relazioni al terrorismo e alla sicurezza interna.
Le diverse interpretazioni, e parte delle polemiche, fanno notare invece i nostri servizi, dipendono anche dal merito della materia. Fare un monitoraggio sui flussi, sui metadati, non significa intercettare conversazioni; e non è detto che eventuali informazioni sensibili non vengano condivise fra alleati. E in questo quadro, allo stato, per quanto risulta al nostro governo, non esiste alcun tipo di «gioco sporco» degli Stati Uniti, nei confronti dell’Italia.
Una parte di queste considerazioni è stata ribadita ieri dal sottosegretario con delega ai servizi, Marco Minniti, di fronte al Copasir, il Comitato parlamentare di controllo della nostra intelligence: «Non c’è nessuna evidenza che il caso francese possa essere avvenuto anche in Italia», ha detto Minniti, aggiungendo che non risulta ai nostri servizi alcun tipo di conoscenza relativa al «programma Prism».
«Con ragionevole certezza è stata garantita la privacy delle comunicazioni tra cittadini italiani all’interno del territorio nazionale, oltre che delle comunicazioni originate dalle sedi diplomatiche all’estero», ha concluso il sottosegretario.
«Mentre la Francia convoca l’ambasciatore americano, il nostro governo è più tranquillizzante, c’è un eccesso di ottimismo, ma io la penso diversamente da Minniti e ricordo che le intercettazioni, secondo la legge italiana, sono reato», protesta invece Claudio Fava, Sel. Felice Casson, Pd, è anche lui meno ottimista del governo: «Noi non siamo qui per tranquillizzare, ma per vigilare e abbiamo chiesto di stare con le antenne dritte. La logica dice che ciò che è accaduto in Francia possa essere accaduto anche qui. Oltre ai canali ufficiali esistono anche quelli del controspionaggio». Ma non si erano già attivati a luglio? «Sì, ma all’epoca si parlava solo di metadati. Ora è ben diverso».
Marco Galluzzo
Virginia Piccolillo

INTERVISTA A CANNISTRARO SUL CORRIERE DI IERI
«Posso dirle alcune cose. Il direttore della National Security Agency e uno o due suoi vice verranno sostituiti tra non molto: mi risulta che in linea di principio Obama lo abbia già deciso. E l’uso del “Megadata”, il sistema di sorveglianza elettronica della Nsa, verrà severamente controllato: per ciò che concerne l’Europa, il presidente vuole che sia applicato soltanto all’antiterrorismo e non sconfini nello spionaggio politico o economico. Obama ne ha abbastanza degli scandali e ha a cuore l’integrità dell’Alleanza atlantica. Gli altri Paesi, tra cui l’Italia, dovranno aiutarlo. Non so se sia noto da voi, ma l’Italia produce sistemi analoghi al nostro e li vende a terzi. Sono sistemi molto sofisticati e il vostro governo, che è al corrente del loro smercio, dovrà sincerarsi che non finiscano in mano a potenziali nemici. C’è urgente bisogno di una regolamentazione globale di questi prodotti e del loro impiego».
Al telefono da Washington, Vincent Cannistraro dichiara che con la raccolta dati elettronica di massa «non esiste più privacy e non esiste più segreto», e che è giunta l’ora di tutelare dalle «intercettazioni universali» i cittadini, le imprese e le nazioni. L’ex direttore dell’Ufficio italiano della Cia, dell’intelligence del Consiglio di sicurezza della Casa Bianca e dell’antiterrorismo a Washington difende il ricorso al «Megadata» da parte della Nsa, ma ammette che si presta «ad abusi e soprusi». «I progressi di queste tecnologie estreme — osserva — ci hanno colto impreparati. Possiamo essere ascoltati, letti e visti 24 ore su 24. Di più: ignoriamo quasi tutto delle guerre elettroniche clandestine che sono attualmente in corso. Cinque anni fa non era così».
Incominciamo con l’Italia. È stata intercettata decine di milioni di volte come la Francia?
«Non saprei. Ma dovete rendervi conto che “Megadata” è un sistema di intercettazione globale che scatta quando i computer leggono certi nomi o numeri, sentono certi suoni, vedono certe immagini, ecc. Non solo: una volta così allertato, “Megadata” può selezionare i Paesi su cui concentrarsi per qualche tempo. Io lo paragono a un aspirapolvere planetario che si dirige automaticamente dove ce n’è bisogno. Se è vero che la Nsa spia anche sui governi e sulle industrie, cosa di cui non sono affatto sicuro, non credo che Roma, e persino Washington, possano essere state risparmiate».
Lei conosce i sistemi italiani analoghi a «Megadata»?
«Sì e so chi li produce, ma non posso dirvelo. È ovvio che vengono usati per intercettarvi, gli scandali non sono mancati neanche in Italia, ma vengono altresì esportati. E questo potrebbe diventare un problema. Si ricorda il cosiddetto Cocom dei tempi della Guerra fredda, il Comitato di coordinamento? Fu istituito dall’America e dall’Europa per impedire le forniture dei prodotti hi-tech più avanzati al blocco sovietico. Oggi ci vuole qualcosa del genere contro i Paesi fuorilegge. E come le dicevo, ci vuole anche una regolamentazione ragionevole, che sia condivisa da tutti, impresa molto difficile».
Che cosa intende per guerre elettroniche clandestine?
«Soprattutto quelle tra le grandi potenze, come l’America e la Cina o l’America e la Russia. Ma purtroppo ogni tanto hanno luogo battaglie anche tra gli alleati. Nessuno è senza peccato. Chi può garantire ad esempio che saltuariamente il General command headquarters inglese, che è all’altezza della nostra Nsa, non intercetti le comunicazioni di altri Stati europei? Per non parlare poi dello spionaggio privato. Forse il termine è eccessivo, ma è un fatto che server come Google sanno molto di noi. Non a caso l’Europa ha posto loro dei limiti».
Come si sta muovendo Obama?
«Obama vuole che la Nsa operi nella massima legalità e con obbiettivi ben definiti, che prevenga violazioni della privacy e del segreto di Stato degli alleati, che non si presti a operazioni che non hanno nulla a che fare con la difesa dell’America. Sa che in caso contrario ne soffrirebbe anche il rapporto tra i nostri servizi segreti e quelli europei che finora è stato eccellente, e sono consapevoli gli uni delle attività degli altri e viceversa. “Megadata” è stato creato unicamente per sconfiggere il terrorismo, ma è chiaro che viene adoperato anche per altro, sebbene non con la frequenza e la vastità di cui ci accusate».
Il Congresso è d’accordo?
«Non proprio. Le Commissioni all’intelligence della Camera e del Senato, dove si trovano ex agenti dell’Fbi ed ex militari, spalleggiano la Nsa. Per la maggioranza dei loro membri la lotta al terrorismo giustifica quasi tutto. Ma è sbagliato: “Megadata” è indispensabile per debellare il terrorismo, però il suo impiego deve essere selettivo. Non penso che le commissioni accetteranno volentieri la riforma della National Security che il presidente ha in mente e la sostituzione del generale Keith Alexander, il suo direttore. Comunque, Obama prevarrà».
Non ci sarà quindi una crisi di fiducia tra l’America e l’Europa?
«Ritengo di no. La democrazia è radicata da noi e da voi, e quello che ci unisce è molto più importante di quello che ci divide. A poco a poco tutti insieme adotteremo le misure più opportune a imbrigliare i grandi fratelli elettronici. Rassegniamoci però alla realtà dell’era digitale. Una volta si ammoniva: “Taci, il nemico ti ascolta”. Adesso si ammonisce anche: “L’amico ti ascolta”. Persino la nostra conversazione potrebbe essere intercettata. Ma non è il caso di tacere, anzi».

FEDERICO RAMPINI SU REPUBBLICA DI STAMATTINA
FEDERICO RAMPININEW YORK
L’OPINIONE pubblica americana pensa ad altro (il pessimo debutto della nuova sanità obamiana), i mass media “dormono al volante”, Barack Obama è lento a reagire all’ultima puntata del Datagate. Il presidente è colto di sorpresa dalla durezza di Angela Merkel, dalla brusca telefonata “voluta da Berlino”, per protestare vibratamente contro lo spionaggio del cellulare della cancelliera. L’impreparazione della Casa Bianca e dell’America intera di fronte allo sdegno degli alleati, traspare nei bizantinismi adottati per placare, minimizzare. False smentite, bugie dalle gambe corte, tradiscono imbarazzo e pigrizia, sottovalutazioneo arroganza.
OBAMA risponde alla Merkel che “l’America non spia e non spierà la cancelliera tedesca” ma si guarda bene dall’usare il verbo al passato, dunque non esclude che lo spionaggio sia accaduto in passato. Trucchi semantici come quelli usati dal suo capo dell’intelligence, James Clapper. Di fronte alle rivelazioni di
Le Monde sulle 70 milioni di telefonate francesi sorvegliate dalla National Security Agency in un solo mese, Clapper smentisce che «siano state intercettate ». Ma lo spionaggio nell’èra di Big Data, per controllare quantità così smisurate di comunicazioni,
non ne invade tutti i contenuti bensì cattura i “meta-dati” (chi ha chiamato chi, da dove, quando). L’intercettazione dei contenuti scatta semmai ex post, se gli algoritmi che analizzano i meta-dati segnalano qualcosa di sospetto. Questo è il succo dei due maggiori programmi di spionaggio, Prism e Swift. Né Clapper smentisce l’intercettazione nelle ambasciate francesi a Washington e all’Onu. Quest’ultima indebolisce una linea difensiva di Obama: che la Nsa abbia «salvato vite umane, sventato attentati terroristici, anche ai danni dei nostri alleati ». No, lo spionaggio delle ambasciate all’Onu serviva per le manovre della diplomazia Usa ai tempi delle sanzioni contro l’Iran.
Quella difesa di Obama è la linea adottata fin dall’inizio del Datagate. In particolare in un altro memorabile screzio con la Merkel. A Berlino, 19 giugno:mancano poche ore all’atteso discorso del presidente Usa a Brandeburgo, che molti vorrebbero paragonare allo storico “Ich bin ein Berliner” di John Kennedy. La conferenza stampa che precede quell’evento è gelida, la Merkel avanza proteste per le prime rivelazioni sullo spionaggio della Nsa ai danni degli alleati. Obama le risponde con cortesia e fermezza: «Sono servite a prevenire attacchi terroristici, anche qui sul territorio tedesco». È l’argomento che i media Usa hanno ripreso, che l’opinione pubblica assuefatta al Grande Fratello post-11 settembre ha spesso accettato. Così ieri mattina, quando inizia la giornata politica a Washington, tutti i titoli dei Tg e le prime pagine dei giornali Usa sono monopolizzati da polemiche domestiche, sul software informatico impazzito che blocca le nuove assicurazioni sanitarie. Le proteste del presidente francese Hollande per lo spionaggio? Quattro righe nei notiziari esteri del New York Times, un colonnino sul Wall Street Journalche precisa: «Il governo francese vuole già ridimensionare, non ci saranno conseguenze».
In questo clima, autoreferenziale e distratto su quel che accade nel mondo, Obama è colto in contropiede dalla cancelliera, dalla sua minaccia di “gravissimi danni” nella relazione bilaterale Germania-Usa. Difficile, stavolta, rispondere alla Merkel che il suo cellulare fu spiato per prevenire attacchi terroristici.
L’incidente con Berlino giunge al termine di un crescendo di disastri. Dilma Roussef, presidente del Brasile, non si è accontentata di cancellare una visita di Stato: è venuta qui all’Onu per proclamare la sua indignazione all’assemblea generale. Il Messico, alleato di ferro degli Stati Uniti, è in subbuglio per lo spionaggio sul suo ex-presidente. L’intera America latina sprofonda in un clima “antiyankee” quale non si ricordava da decenni. Valeva la pena pagare un prezzo così alto, pur di lasciare le briglie sciolte al Grande Fratello della Nsa? È questo il dibattito assente negli Stati Uniti, tra la classe dirigente e sui media. È vero, Obama promise già quest’estate una riforma delle normative sull’intelligence, nuove tutele per la privacy, un riesame complessivo del ruolo della Nsa. È la rassicurazione che lui ripete alla Merkel nell’ultima telefonata: «L’America sta rivedendo il modo in cui raccoglie intelligence, per bilanciare la sicurezza dei cittadini con le preoccupazioni sulla privacy». Ammesso che questa riforma avanzi, la sua lentezza tradisce la sottovalutazione del danno inflitto nel mondo intero al “soft power” americano.
Visti da Washington, gli europei sono sempre un’Armata Brancaleone che reagisce in ordine sparso. Hollande, Letta, Merkel, ciascuno parla per sé, con sfumature diverse, mentre non esiste ancora una protesta unitaria dell’Europa in quanto tale. Forse uscirà dal vertice Ue di oggi e domani. Nonostante questa tradizionale debolezza, dall’Europa si sente crescere la voglia di rappresaglie: contro la cooperazione anti-terrorismo tra le due sponde dell’Atlantico, o contro il patto per la liberalizzazione degli scambi e degli investimenti. Per un’America obamiana che partiva da una popolarità a livelli record, la caduta dovrebbe essere inquietante. «Gli Stati Uniti non sanno avere alleati, per loro il mondo si divide tra nemici e vassalli», tuona da Parigi il presidente della commissione affari legislativi dell’Assemblée Nationale. Sono avvertimenti che stentano a “bucare” il muro di disattenzione degli Stati Uniti. Troppo abituati a considerarsi “la nazione eccezionale”, per misurare quel che stanno rischiando.

TARQUINI SU REPUBBLICA DI STAMATTINA
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BERLINO
LA NATIONAL Security Agency (Nsa) americana ha spiato e probabilmente spia ancora il telefonino della cancelliera Angela Merkel, la Germania — secondo la Talpa Snowden citata da
Spiegel
online — è stata monitorata dagli Usa più dell’Iran.
Non solo paesi con velleità d’indipendenza come la Francia, o ritenuti instabili come l’Italia, ma persino lo Stato giudicato da mezzo secolo l’alleato più fidato dopo il Regno Unito è dunque nel mirino del Big Brother americano. E dopo mezzo secolo di silenzi e acquiescenze, la Germania non più divisa ma unita e numero uno d’Europa questa volta reagisce, con una durezza senza precedenti.
È stato il giovane, di solito
sorridente portavoce di Angie, sottosegretario Steffen Seibert a dare la notizia con un volto di pietra: «Ci risulta che da diversi anni i cellulari della cancelliera federale siano stati sottoposti ad ascolto e registrazione da parte della Nsa», ha detto ieri sera. «È inammissibile e inaccettabile tra due partner e alleati come i nostri due paesi». Poi la seconda notizia-bomba: «La cancelliera ha telefonato al presidente Obama, gli ha chiesto immediati ed esaurienti chiarimenti, altrimenti il rapporto di fiducia costruito in decenni avrà subito gravissimi danni, sarà quasi rotto».
Per amara ironia della sorte, la denuncia tedesca veniva proprio mentre il segretario di Stato John Kerry affrontava a Roma domande sul sistematico spionaggio a danno dei governi alleati. Finora, Angela Merkel — specie in campagna elettorale — era rimasta cauta sul tema delle operazioni segrete americane. Oggi, anche sentendosi rafforzata dal trionfo elettorale e dalla sua prossima offensiva diplomatica per rilanciare l’eurozona e l’Europa politica, ha avuto parole durissime contro Obama, e non si è mostrata affatto convinta dalle sue rassicurazioni, dicono fonti a lei vicinissime.
«Egregio presidente, esigo spiegazioni immediate ed esaurienti, queste pratiche, se
confermate, sono per me totalmente inaccettabili, le condanno nel modo più duro». Invano Obama ha tentato di rasserenarla: «Angela», le ha detto citato dal portavoce Jay Carney, «non spiamo e non spieremo mai i tuoi cellulari». Parole che non danno garanzie sul passato. Infatti Angie non ci crede, continuano le fonti di qui. Appena quattro mesi fa, ricordano, Obama in visita a Berlino aveva detto che la Germania non era oggetto di controlli segreti Usa. Non basta più.
Angie ha reagito con una durezza che nessun cancelliere federale aveva mai usato prima contro la Casa Bianca, nemmeno Schroeder col no alla guerra in Iraq. «Tra amici e partner stretti come siamo da decenni non è ammissibile ogni azione di monitoraggio segreto delle comunicazioni di un capo di governo», ha detto a Barack. «Sarebbe una grave rottura del rapporto di fiducia, dovete smetterla immediatamente
».
Mai dal ‘45 la Germania liberata (almeno a Ovest) dagli
Usa, rimessa in piedi dal Piano Marshall e dal Ponte aereo di Berlino, si era sentita così tradita dall’America. «E Carney non ha esplicitamente escluso un controllo del cellulare della cancelliera», aggiungono qui. In altre parole: vogliamo fatti e non smentite. E la donna più potente del mondo, mentre dopo il trionfo elettorale prepara la grande coalizione e nuovi piani salvaeuro, ed è all’apice della popolarità, non sembra certo orientata a cedere.