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 2013  ottobre 24 Giovedì calendario

DAI RAZZI PER LO SPAZIO ALLA PARIETTI IL GIORNALISMO? VELLEITÀ ASSOLUTA


«Professionista della velleità assoluta»: non ho mai sentito, neppure dai riveriti Maestri del mestiere, una definizione così sinteticamente perfetta, e così paradossalmente lusinghiera, della professione del giornalista. La si legge, con molto altro, che serve a colmarla di cose storie fatti, nel libro che il giornalista della Stampa Luigi Grassia pubblica per De Agostini (la prefazione è di Massimo Gramellini) con un titolo che sarebbe piaciuto a Palazzeschi e a Savinio:
In mongolfiera contro un albero
. Una scoppiettante autobiografia del Mestiere. Alla fine, sfogliando le pagine, scoprirete di aver compreso qual è il vero problema dei giornalisti di oggi (ma non di Grassia): non riuscire più a sorprendersi di fronte al «guazzabuglio di errori e di violenze», come il vecchio Goethe chiamava il mondo. E già, le redazioni si sono abituate ad aggirare lo stupore e la curiosità, come gli atei aggirano l’eternità, per non esserne scomodati.

Grassia ha scritto seimila articoli, viaggiato in cinquanta Paesi, ha intervistato Kissinger e Alba Parietti, ha messo i piedi sulla coreana Cortina di bambù, e ha visto partire i razzi per lo spazio. Ma ha anche confezionato il giornale, in redazione, agli Esteri, all’Economia, per anni, ogni giorno, con pazienza, abilità, come un artigiano modella uno strumento musicale, o il fornaio dà forma al pane. Eppure quando lo mandano a raccontare, a vedere, la realtà non ha ancora perso per lui la sua qualità soprannaturale, sa farci vivere dentro il Tempo, sa dare alle parole una forma umana. Guardate come si ingegna per salire, quasi da abusivo, sull’auto del segretario dell’Onu e avere l’intervista; o si mescola ai Sioux di una riserva per scoprire l’America che vota Clinton o Bush.
Il giornalismo è curiosità per la commedia umana. Vi sembra poco? E virtù complicatissima. Ma salva dall’esibire il solito pathos superficiale, dall’essere toccati da una passione destinata a finire prima o poi, che contiene già l’aridità di cuore. I libri di memorie dei giornalisti sono in genere bugiardi. Pare abbian sempre raccontato guerre e rivoluzioni, dato del tu e suggerimenti ai Grandi e ai Grossi del mondo. Ma i giornali chi li fa? Chi li scrive? I professionisti della velleità assoluta che non si scoraggiano di fronte alla battaglia con l’avversario invincibile, il tempo, continuamente consapevoli di come andrà a finire questa storia di amore con la realtà, ovvero ogni sera alle undici gettar via questa carovana di carta e ritrovarsi di fronte, un’altra volta, alla pagina bianca.