Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La questione degli F35 si può riassumere con le parole pronunciate da Enrico Mentana l’altra sera: «È giusto spendere 14 miliardi per comprare 90 di questi apparecchi, quando con quella somma potremmo abolire l’Imu, evitare l’aumento dell’Iva e ci avanzerebbe ancora qualcosa?» Ieri alla Camera si sono combattute diverse mozioni contrastanti e alla fine è stata approvata una mozione di maggioranza (381 sì, 149 no) che non rinnega gli impegni internazionali dell’Italia ma dice che il governo non potrà compiere nessun «ulteriore» passo relativo all’acquisto degli F35 senza l’approvazione del Parlamento. Tutta la battaglia s’è svolta intorno alla parola «ulteriore». La deputata del Pd Sandra Zampa (prodiana: il programma dell’F35 comincia con il sì del primo governo Prodi) ha spiegato: «Ci si ferma agli F35 già acquistati e si dà il via libera a un’indagine conoscitiva in vista del Consiglio europeo di dicembre, che permetterà agli italiani di sapere e ai parlamentari di decidere quali investimenti valgano la pena di essere fatti e in quale direzione». Le polemiche continuano, con Sel e M5S che non vogliono sentir parlare di aerei da guerra e i governativi che richiamano tutti agli impegni internazionali già spesi, agli investimenti già fatti, ai posti di lavoro messi in pericolo dall’azzeramento del programma con relative penali. Il Pd, come sempre, è spaccato.
• Dico la verità, la domanda di Mentana mi pare azzeccata.
Mah. Forse è azzeccata, però è mal posta. Detta così, sembra che in qualche hangar del mondo siano parcheggiati 90 aerei nuovi di zecca, pronti a essere trasferiti in Italia non appena avremo sborsato i 14 miliardi. Ma non è per niente così: il progetto relativo alla costruzione degli F35 risale al 1996, il primo velivolo verrà messo a disposizione delle nostre Forze Armate nel 2015, i costi complessivi — probabilmente più alti dei 14 miliardi previsti (è sensato parlare di 18 miliardi) — sono spalmati fino al 2047 come si evince dalla voce “sostegno alla produzione” (nota aggiuntiva allo stato di previsione per la Difesa per l’anno 2012, pagina 6, allegato C). Il sito specializzato Analisi Difesa , riferendosi a “fonti riservate”, sostiene che quest’anno spenderemo un miliardo per l’acquisto dei primi tre F35 e per l’acconto dei successivi tre esemplari. Nella nota citata più sopra le spese per l’anno 2012 risultano pari a 512 milioni, quelle complessive da mettere in campo entro il 2014 ammontano a due miliardi, dunque se anche il 2013 ci verrà a costare un miliardo, il 2014 dovrebbe tornare a pesare per 500 milioni circa.
• Sono numeri che con l’Imu e con l’aumento dell’Iva non c’entrano niente.
Assolutamente niente. Imu e aumento Iva, se aboliti del tutto, aprirebbero un buco di 8 miliardi quest’anno e di 12 l’anno prossimo. Ci vuole ben altro che rinunciare agli F35, che valgono al massimo, nel biennio 2013-2014, un miliardo e mezzo...
• Noi però abbiamo bisogno di questi aerei?
Servono a sostituire 235 aerei da guerra Tornado, AM-X e AV-8B (in dotazione alla Marina) ormai obsoleti. All’inizio ci eravamo impegnati a comprarne 131, a febbraio dell’anno scorso l’allora ministro De Paola annunciò che, come contributo alla spending review, l’Italia aveva ridotto le sue pretese a 90 apparecchi.
• Ma noi da chi compriamo queste macchine? Se almeno le costruissimo noi...
Ma le costruiamo anche noi! E infatti in tutto il calcolo, che per ora riguarda solo le uscite, bisogna tener conto anche delle entrate e dei relativi posti di lavoro. La costruzione degli F35 è realizzata da un consorzio imperniato sugli Stati Uniti e che vede riuniti Regno Unito, Italia, Canada, Danimarca, Norvegia, Olanda, Australia, Turchia, Singapore, Israele. Dopo gli Stati Uniti, ci sono gli inglesi con il 10 per cento. Poi noi e l’Olanda, con il 5. Le aziende italiane coinvolte sono parecchie: a Pomigliano d’Arco (Napoli) l’Alenia partecipa alla progettazione, in due stabilimenti presso Foggia e Nola (Napoli) si fabbricano componenti finali delle ali, a Cameri, in provincia di Novara, è in funzione l’unica linea di assemblaggio finale non-americana, che riguarda anche la manutenzione, il supporto logistico e l’aggiornamento. Questo stabilimento di Cameri entrerà in funzione il prossimo 18 luglio: si assembleranno da noi pezzi americani, inglesi, italiani e turchi. A regime si sforneranno due velivoli e sei ali al mese.
• Va a finire che con gli F35 ci guadagniamo.
Solo a Cameri lavorano mille persone, a cui va aggiunto l’indotto, che tiene in piedi almeno una sessantina di aziende. L’Aeronautica stima che i lavoratori italiani coinvolti dagli F35 saranno almeno diecimila. Se si rinuncia, a parte le penali, vanno tutti a casa. Il generale Giuseppe Lupoli, della Direzione armamenti aeronautici, ha detto: «Contando la successiva fase di manutenzione, riparazione e aggiornamento, sono 42 anni di lavoro garantito. Prevediamo un ritorno di 14,6 miliardi».
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