varie, 27 giugno 2013
SCHEDONE SUGLI F35
Gli F35 in breve. Gli F35 sono cacciabombardieri dell’americana Lockheed Martin. L’Italia ha in programma di acquistarne 90 per un costo complessivo che oscilla tra i 12 e i 18 miliardi di euro nell’arco di quarant’anni. I velivoli sono sviluppati e realizzati con la collaborazione di Finmeccanica e un altro gruppo di aziende italiane, che puntano a un rientro economico di 11 miliardi di euro. Il primo F35 dovrebbe essere a disposizione del nostro esercito nel 2015. Ora il governo Letta sta discutendo se congelare o annullare la commessa.
Che cosa sono gli F35
• Il cacciabombardiere F35 è un nuovo modello di aereo da guerra. Il programma di sviluppo e costruzione ha il nome ufficiale di Joint Strike Fighter (Jsf) e ha l’obiettivo di costruire un aereo da combattimento cosiddetto “di quinta generazione”. A capo del progetto gli Stati Uniti in collaborazione con Regno Unito, Italia, Canada, Danimarca, Norvegia, Olanda, Australia, Turchia, Singapore e Israele. Ci sono diversi livelli di coinvolgimento nel progetto: il Regno Unito è l’unico di primo livello (partecipa a circa il 10 per cento delle spese di ricerca e sviluppo), Italia e Olanda sono partner di secondo livello (partecipazione intorno al 5 per cento).
• Il programma serve, nel caso dell’Italia, a sostituire tre modelli di aereo militare: i Tornado, gli AM-X e gli AV8B della Marina. Questi tre diversi aerei sono stati prodotti introdotti nelle forze armate italiane tra gli anni Ottanta e i primi anni 2000.
• I numeri. 90: gli F35 che l’Italia acquisterà.
253: gli aerei da guerra attualmente in servizio che andranno in pensione con l’arrivo degli F35.
• Il programma per lo sviluppo dell’F35 ha già subito parecchi ritardi ed enormi aumenti di costi, stimati in oltre il 50 per cento: il singolo esemplare, che nel 2001 aveva il prezzo previsto di 70 milioni di dollari, è ora passato a costare circa 120 milioni e probabilmente ne costerà di più (si stima intorno ai 140 milioni). Quanto ai ritardi, le stime indicative dicono che la sostituzione con i modelli attualmente in uso in Italia avverrà a partire dal 2015. Non sono però tempi né ritardi sconosciuti ai programmi militari: ad esempio i Tornado (progetto sviluppato da Italia, Regno Unito e Germania Ovest) entrarono in funzione nel 1982, ma il coinvolgimento italiano iniziò nel 1969.
L’accordo italiano per gli F35
• Il progetto degli F35 ha preso il via nel 1996, quando, con l’allora ministro della Difesa Nino Andreatta (governo Prodi), l’Italia si associò alla proposta americana per la realizzazione di un nuovo velivolo multiruolo. Nel 1998, governo D’Alema, è firmato il memorandum che consente all’Italia di partecipare al programma F35 Joint Strike Fighter. Il 16 maggio 2002 (governo Berlusconi, ministro della Difesa Antonio Martino) il Senato dà il via libera definitivo. Al momento della firma del documento l’Italia si impegnava a fornire i fondi per circa il 4 per cento dell’intera fase ricerca e sviluppo, che è iniziata nello stesso 2002 e non si è ancora conclusa. Il 12 luglio 2006 una cerimonia nel Texas, presenti gli altri Paesi partner sancisce l’inizio della fase operativa del progetto, al quale la Finanziaria del governo Prodi destina 139 milioni di euro, prima tranche di un esborso totale ancora da definire. A febbraio 2012, il ministro Di Paola – che è stato capo di stato maggiore della difesa dal 2004 al 2008 – ha annunciato che l’Italia aveva ridotto le ordinazioni da 131 a 90 aerei, come contributo al processo di spending review del governo. [Marco Imarisio, Corriere della Sera 5/2/2007; Il Post 18/1/2013]
Quanto ci costano gli F35
• La cifra precisa del costo degli aerei all’Italia è rimasta per parecchio tempo incerta e ha oscillato tra i 13 e i 18 miliardi di euro totali. La cifra oggi che circola più spesso sui giornali è di 14 miliardi di euro. Sicuramente si tratta di un programma pluridecennale: quindi è importante capire anche come i soldi sono distribuiti nel corso degli anni. È diverso, naturalmente, se i 18 miliardi sono spalmati su trent’anni o su cinque.
• Difficile quantificare con precisione quanto costerà al Tesoro ogni singolo F35, perché il prezzo varierà sensibilmente fra la prima e l’ultima fase produttiva. Nel 2019, ad esempio, un F35 a decollo orizzontale dovrebbe costare 65 milioni. [Daniele Martini, il Fatto Quotidiano 28/12/2011]
• Secondo il sito Altreconomia che riporta i risultati di uno studio dell’ufficio di analisi economiche dal Parlamento canadese, tra manutenzione e gestione ogni F35 costa nell’arco di vita preventivato 450 milioni di dollari. Che moltiplicato per il numero di aerei che l’Italia vorrebbe acquistare fa un po’ meno di 60 miliardi di dollari, 45 miliardi di euro.
• Un recente rapporto del ministero della Difesa permette di indicare qualche dato ufficiale. A pagina 6 dell’allegato C della Nota Aggiuntiva allo stato di previsione per la Difesa per l’anno 2012, che è stata presentata al Parlamento dal Ministro della Difesa Giampaolo Di Paola nell’aprile dello scorso anno, sono esposti nel dettaglio (anche se un po’ nascosti) tutti i costi previsti per il programma dell’F35.
Alla voce “Sviluppo velivolo Joint Strike Fighter”, che è di gran lunga la voce principale nel settore investimenti dell’aeronautica, si mette a bilancio una spesa di 548,7 milioni di euro per il 2012. Nelle note si aggiunge la ripartizione delle spese previste complessivamente per il programma, compresi quindi i soldi già spesi a partire dal 2002 (quasi tutti nel settore della ricerca e sviluppo). Alcune sono stranamente calcolate in dollari, altre sono spalmate su parecchi anni, altre ancora non sono ancora definite:
- per la fase di sviluppo, circa 1.028 milioni di dollari, con completamento previsto nel 2012;
- per la fase di sostegno alla produzione, circa 900 milioni di dollari, con completamento previsto nel 2047;
- per le attività di predisposizione in ambito nazionale, “oneri in fase di definizione”;
- per assemblaggio finale, manutenzione, revisione, riparazione e aggiornamento, circa 795,6 milioni di euro, con completamento nel 2014;
- per “l’avvio dell’acquisizione e supporto logistico”, circa 10 miliardi di euro entro il 2026.
• Quindi, tirando le somme e facendo le equivalenze: secondo il ministero della Difesa il programma Jsf prevede al momento spese per 12,2 miliardi di euro entro la scadenza massima del 2047, tra 34 anni, più una cifra per “predisposizione in ambito nazionale” che non è definita. Tralasciando quest’ultima cifra, farebbero circa 360 milioni di euro l’anno. Ma queste spese sono distribuite in modo diseguale: per il 2012 si mettono in conto 512 milioni e questa cifra annuale probabilmente non diminuirà di molto nel prossimo futuro, dato che entro il 2014 sono già messe in conto, complessivamente, spese per quasi due miliardi. C’è poi la voce dell’“avvio dell’acquisizione e supporto logistico”, la più ingente, che è quella che entrerà in gioco quando gli aerei, in concreto, arriveranno. Anche se è spalmata su 24 anni senza ulteriore indicazione di altri scaglionamenti interni, si tratta in media di oltre 400 milioni di euro l’anno.
• Ricorda Custodero su Repubblica che «la situazione è ingarbugliata dal punto di vista commerciale: al momento, infatti, non esiste alcun contratto di acquisto, ma solo un memorandum of agreement firmato dal governo D’Alema nel 1998 con un investimento di 10 milioni di dollari, e successivamente un memorandum of under standing firmato tra tutti gli Stati, con un parere favorevole del 2009 delle commissioni Difesa della Camera e del Senato». [Alberto Custodero, la Repubblica 26/6/2013]
• L’Italia investirà quindi circa 14 miliardi di euro, ma le aziende del nostro Paese hanno già contratti per 807 milioni di dollari, e alla fine potrebbero arrivare a superare gli 11 miliardi di euro, facendo rientrare in Italia, oltre ai jet, gran parte dell’investimento. [Giampaolo Cadalanu, la Repubblica 24/1/2013]
• A questo bisogna aggiungere che Finmeccanica partecipa alla costruzione degli aerei, quindi il programma F35 genera dei ritorni, difficili da conteggiare, sull’economia italiana. Questi ritorni positivi andrebbero sottratti dai risparmi che produrrebbe non acquistare più gli aerei. [Davide De Luca, Il Post 14/12/2012]
Quanto spende l’Italia per la difesa
• Il bilancio della Difesa per il 2012 è stato di 19,9 miliardi di euro, pari all’1,2 per cento del Pil (la media europea più aggiornata, del 2010, è dell’1,61 per cento del Pil: quell’anno l’Italia spendeva l’1,4 per cento). Di questi, la spesa totale per esercito, marina e aviazione è di 13,6 miliardi, mentre il resto del bilancio va ai Carabinieri. Tre quarti del totale delle spese viene speso per il pagamento degli stipendi, come indicato a pagina 19 del rapporto. [Il Post 18/1/2013]
• «Il principio è che la Difesa dispone di 90 centesimi ogni 100 euro di ricchezza nazionale e il ministero si impegna affinché siano spesi bene» (il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola, in conferenza stampa a palazzo Chigi il 14/2/2012).
• Dal 2008 al 2012 la spesa militare italiana è diminuita del 11,6 per cento (il 70 per cento dei quali vengono spesi in stipendi). Dal 2011 al 2012, si stima che la spesa militare sia scesa del 5,5 per cento. [Davide De Luca, Il Post 14/12/2012]
• I dieci programmi militari più costosi:
- Forza Nec: 22.000 milioni di euro
- Caccia F35: 13.180 milioni di euro
- Caccia Eurofighter Prime 2 serie: 12.318 milioni di euro
- Fregate Fremm: 5.680 milioni di euro
- Portaerei Cavour: 1.319 milioni di euro
- Elicotteri NH90 Marina: 1.758 milioni di euro
- Elicotteri NH90 Esercito: 1.734 milioni di euro
- Ammodernamento Caccia Tornado: 1.564 milioni di euro
- Sottomarini U212: 922 milioni di euro
- Elicotteri CH47f: 971 milioni di euro
(fonte: Bilancio difesa 2012).
A chi finiscono i soldi per gli F35
• Quello degli F35 è un programma militare molto costoso che ha un ritorno per l’economia italiana, anche se difficile da quantificare. Nel 2001 la realizzazione dell’aereo è stata data a un gruppo industriale guidato dalla statunitense Lockheed Martin e di cui fanno parte ai primi posti Northrop Grumman (americana), BAE Systems (britannica) e, per i motori, le statunitensi Pratt & Whitney, General Electric e Rolls Royce (quest’ultima britannica).
• Il gruppo italiano Finmeccanica (che per il 30 per cento è di proprietà del ministero dell’Economia) partecipa alla costruzione degli aerei attraverso tre aziende principali: Alenia, Selex Galileo e Selex Communications. Anche Avio, un’altra azienda aerospaziale italiana in cui Finmeccanica ha una partecipazione, è coinvolta nel progetto.
• Alenia partecipa già da tempo ad alcune fasi di progettazione del Jsf, insieme alla Lockheed Martin, nella sede di Pomigliano d’Arco. Partecipa soprattutto alla costruzione di alcune componenti finali delle ali dell’aereo (per ora in due stabilimenti a Foggia e a Nola). Lavora poi nella base dell’aeronautica militare di Cameri, in provincia di Novara, dove è stata costruita l’unica linea di assemblaggio finale, manutenzione, supporto logistico e aggiornamento degli aerei al di fuori degli Stati Uniti. Selex Galileo partecipa alla costruzione del sistema di puntamento.
Doce si realizzano gli F35
• Gli F35 saranno realizzati a Cameri, in provincia di Novara, in uno stabilimento di 550 mila metri quadrati nuovo di zecca e costato oltre 700 milioni di euro. L’inizio dei lavori è previsto per il 18 luglio 2013. In questi stabilimenti l’Alenia della Finmeccanica tutte le ali del cacciabombardiere e assemblerà quella parte di velivoli destinati all’Europa e non prodotti direttamente dalla Lockheed Martin negli Stati Uniti.
• I primi cinque caccia interamente montati in Italia dovranno essere pronti entro il 2015, come da contratto. Serviranno per addestrare i piloti europei nelle basi degli Stati Uniti. Il sesto velivolo sarà il primo «operativo» nei cieli italiani: data di consegna 2016, quando entrerà ufficialmente in servizio per l’Aeronautica militare. [Niccolò Zancan, La Stampa 8/5/2013]
• Sempre il generale Giuseppe Lupoli, della direzione armamenti aeronautici: «Il programma prevede di costruire 3 mila F35 nei prossimi 15 anni per tutti i Paesi partner. Ne sono già stati ordinati cento. Quello di Cameri sarà il secondo stabilimento per importanza produttiva nel mondo. Assembleremo pezzi americani, inglesi, italiani e prossimamente turchi. A pieno regime, arriveremo alla capacità di 2 velivoli e 6 ali al mese. Se il programma andrà avanti, dopo la fase di produzione, ci sarà quella di manutenzione, riparazione e aggiornamento. Per un totale di 42 anni di lavoro garantito. Solo qui a Cameri mille addetti, senza contare l’indotto. Più di sessanta aziende coinvolte. Noi prevediamo un ritorno economico di 14,6 miliardi». [Niccolò Zancan, La Stampa 8/5/2013]
• Le stime dell’Aeronautica sono ottimiste: nella produzione diretta, a pieno regime, l’impianto di Cameri impiegherà un migliaio di dipendenti, fra produzione, assemblaggio e assistenza, per assemblare ogni mese due caccia (i 90 italiani ma anche 85 olandesi) e produrre sei ali (l’Alenia dovrebbe ottenerne i contratti per un migliaio). In tutto, con l’indotto, l’F35 darà lavoro a diecimila persone. Non è un risultato eccezionale: sono più o meno i livelli occupativi già garantiti dall’Eurofighter. [Giampaolo Cadalanu, la Repubblica 24/1/2013]
• Alenia (società controllata da Finmeccanica capofila nell’affare degli F35) prevede di assumere 2300 persone e di spostarne altre 200 dallo stabilimento di Torino Caselle a Cameri, 2500 persone in tutto per gli F35, ma a “pieno regime”. Il documento ufficiale consegnato in Parlamento dal ministro della Difesa e dal segretario per gli armamenti, il generale dell’Aeronautica Claudio Debertolis, più prudentemente fornisce cifre inferiori: solo 700 dipendenti nel caso si raggiunga il picco di produzione. [Daniele Martini, il Fatto Quotidiano 1/2/2013]
I problemi tecnici degli F35
• Gli F35 dovrebbero cominciare ad essere impiegati nel 2018-2019. Attualmente circa 100 F35 di diversi modelli sono in attività per test ed esperimenti. Ma per quattro volte in due anni e mezzo la flotta di F35 è costretta a restare a terra per problemi tecnici. I problemi principali riguardano il motore, in particolare una pompa di carburante e le pale della turbina.
• In un dossier recente il Pentagono ha elencato i vizi individuati, come il rischio di esplosione in volo in caso di fulmini. Lockheed e lobby italiana si sono subito lanciati in una campagna rassicurante sostenendo che l’inconveniente sarà rimediato, senza poter dire, però, quanto costeranno le modifiche e di quanto salirà ancora il prezzo. [Daniele Martini, il Fatto Quotidiano 1/2/2013]
La polemica politica sugli F35
• Il ministro per gli Affari regionali Maurizio Delrio (Pd), con riferimento alla commessa degli F35, ha detto: «Dobbiamo fare di tutto per recuperare risorse per l’emergenza vera che, oggi, non è certo quella della difesa ma del lavoro per i giovani. Non ha senso spendere risorse nel comparto militare». Il ministro della Difesa Mario Mauro martedì ha reagito male: «Non ho partecipato a nessun Consiglio dei ministri nel quale il governo abbia cambiato posizione». Il botta e risposta interno del governo Letta mina i già precari equilibri interni al Partito democratico, dove la fronda dei contrari all’acquisto dei caccia bombardieri non s’è ancora arresa. La soluzione a cui tende il Pd è un sostanzioso rinvio, di almeno 7 mesi, per dare modo al Parlamento di svolgere un’accurata indagine conoscitiva, che peraltro è prevista per legge. Ma la spaccatura è se sospendere nel frattempo le acquisizioni di nuovi armamenti oppure no.
• «L’unica strada è quella di una mozione di maggioranza», ha detto Mauro. «Ma questa mozione deve tenere conto delle diverse sensibilità emerse sull’argomento», ha risposto il capogruppo del Pd alla Camera, Roberto Speranza. Renato Brunetta è intransigente: «Noi siamo responsabili verso gli impegni presi a livello internazionale, altro che decimali sotto e sopra il tre per cento. Non abbiamo problemi ma non vogliamo ambiguità e lo abbiamo detto».
• Scrive Magnaschi: «Delrio sembra avere ragione. Tra i cacciabombardieri e l’occupazione non dovrebbe esserci nessuna esitazione nel fare la scelta. Sennonché l’occupazione e i cacciabombardieri non sono opposti ma complementari. Infatti questo progetto industriale internazionale, per essere digeribile dai vari paesi, è stato organizzato in modo che i destinatari dell’F35 possano partecipare alla costruzione di parti del velivolo. All’Italia sono stati affidati segmenti di lavori importanti e tecnologicamente molto avanzati. Per di più, le fabbriche italiane coinvolte in questa commessa internazionale sono quasi tutte installate nel Mezzogiorno e quindi gli F35 danno lavoro a maestranze particolarmente qualificate che, in assenza di questi lavori già programmati, potrebbero perdere il posto. Inoltre la cancellazione unilaterale del contratto comporterebbe, inevitabilmente, il pagamento di penali rilevanti che vanno messe nel conto del dare e dell’avere». [Pierluigi Magnaschi, ItaliaOggi 26/6/2013]
• Ha spopolato in Rete martedì il tweet di Francesco Boccia, deputato del Pd presidente della commissione Bilancio, che stava discutendo dell’acquisto di F35: «In sostanza non si tratta di fare guerre – ha scritto – con gli elicotteri si spengono incendi, trasportano malati, salvano vite umane #F35». La polemica è esplosa rapidamente sui social network, dove in molti hanno accusato il parlamentare di non sapere cosa fossero gli F35. Boccia si è prima difeso dicendo che «l’esempio degli elicotteri è per spiegare i tanti programmi in corso». Poi ha dato la colpa a chi gestisce il profilo («ha fatto sintesi poco comprensibile») e ha cancellato il tweet. E così alla gaffe si è presto aggiunta, in Rete, l’accusa di «dare la colpa allo stagista o portaborse».