Enrico Franceschini, la Repubblica 27/6/2013, 27 giugno 2013
ABUSI E CORRUZIONE COSÌ È CROLLATO ANCHE IL MITO DI SCOTLAND YARD
L’Inghilterra aveva tre miti: il suo parlamento, i suoi media e la sua polizia. Due sono caduti nella polvere nell’ultimo anno e mezzo: prima la camera dei Comuni svergognata, e in qualche caso (come quello dei film porno messi in conto al contribuente dalla ministra degli interni) ridicolizzata, dallo scandalo dei rimborsi spese truccati dai deputati di tutti i partiti; poi la stampa (in particolare i tabloid di Rupert Murdoch) screditata dalle intercettazioni illecite a uso scoop da sbattere in prima pagina e la Bbc travolta dalle accuse di pedofilia e abusi sessuali. Adesso sta crollando anche il terzo pilastro di quella che era considerata la superiorità anglosassone: Scotland Yard, vale a dire il corpo di polizia più famoso del pianeta, i bobbies disarmati e disarmanti, gli investigatori gentili e solerti ma spesso infallibili. Una reputazione cristallina, improvvisamente spazzata via dal vespaio di cover-up, corruzione, violenze, discriminazioni e abusi di ogni genere che sta venendo fuori in questi giorni.
L’elenco è lungo. Si parte dalla fine e poi, come nei romanzi, una serie di flash-back fa affiorare verità scomode andando a ritroso nel tempo. Si comincia con la scoperta che la Metropolitan Police, la polizia londinese, aveva organizzato una campagna diffamatoria nei confronti dei familiari di Stephen Lawrence, un giovane nero assassinato nel 1993 da una gang di bianchi in uno dei più gravi episodi di razzismo della storia recente del Regno Unito: un processo farsa portò all’assoluzione degli imputati (condannati soltanto lo scorso anno in un nuovo procedimento giudiziario) e solo ora salta fuori che le forze dell’ordine diedero una mano per offuscare prove e colpevolizzare la vittima. «Sconvolto» dalle rivelazioni, il primo ministro Cameron ha ordinato un’inchiesta. Si prosegue con la notizia che 9mila cosiddetti “estremisti”, in effetti militanti di movimenti ecologisti, animalisti, anti-capitalisti, erano tenuti sotto controllo, pedinati, intercettati pur senza aver commesso alcun reato, e che la polizia li infiltrava con propri agenti ai quali era concesso avere rapporti sessuali e perfino fare figli con le donne di questi gruppi, per guadagnarne la fiducia e raccogliere informazioni. Quindi si apprende che detective di Scotland Yard lavoravano part-time per il crimine organizzato per intimidire testimoni prima dei processi.
E non è finita. L’edicolante innocente ucciso per caso durante le manifestazioni di protesta contro il G20 del 2009 a Londra: l’agente che gli fece sbattere la testa per terra è andato in pensione, è stato riassunto con discrezione e non ha mai ricevuto neanche una sanzione disciplinare. Il giovane brasiliano ucciso da una raffica di mitra nel metrò della capitale dopo l’attentato del 2005: dopo rinvii e omissis, il poliziotto è stato assolto. Il disastro di Hillsborough, i 96 tifosi del Liverpool morti allo stadio nel 1989: risulta ora che la polizia cercò di coprire le proprie colpe. E così via. «Invece del lungo braccio della legge, la nostra polizia somiglia a una cospirazione contro coloro che dovrebbe difendere», riassume Trevor Kavanagh, il columnist più rispettato del Sun. Così, dopo Westminster, madre di tutti i parlamenti, e Fleet street, culla del giornalismo moderno, anche il mito di Scotland Yard finisce in frantumi. Forse non era un caso che Sherlock Holmes preferisse indagare da solo.