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 2013  giugno 27 Giovedì calendario

LA CONDUTTRICE TV E LO STALKER “HO CAMBIATO CASA TRE VOLTE MA VIVO ANCORA IN UN INCUBO”


L’udienza è durata pochi minuti. Interminabili per la conduttrice Monica Leofreddi, vittima di stalking, prigioniera della paura. Per la prima volta si è trovata faccia a faccia, in un’aula di tribunale, con l’uomo accusato di perseguitarla da due anni. Sul banco degli imputati, Goffredo Imperiali di Francavilla, 50 anni, discendente dell’omonima nobile famiglia napoletana residente a Terracina, sposato, senza figli. Compassato, un mezzo sorriso, Imperiali ha chiesto più volte di fare dichiarazioni e ha depositato una memoria. «Averlo visto in faccia e sentirlo parlare è stato uno shock» racconta in lacrime la Leofreddi, accompagnata dal marito e scortata dall’avvocato Sonia Battagliese, che avverte: «Le donne non devono avere paura di denunciare, sono stati fatti grandi passi avanti per aiutare le vittime di violenza fisica e psicologica».
Signora Leofreddi, come sta affrontando la situazione?
«Sto vivendo un incubo, il peggiore degli incubi, come sanno le vittime. Ho dovuto stravolgere la mia vita. Nonostante l’indirizzo della mia casa non risulti, ho paura che mi possa rintracciare, temo anche per i miei figli. L’uomo, che non è stato raggiunto da alcun provvedimento restrittivo, in passato si era informato anche dal portiere del palazzo in cui abitavo per conoscere i miei spostamenti».
In questi mesi, secondo la denuncia, si è spinto a chiedere (e a ottenere) informazioni sui suoi dati bancari, si è introdotto a casa dei suoi genitori spacciandosi per il commercialista.
«È così. All’improvviso non ti senti più sicura nemmeno quando vai a prendere tuo figlio a scuola. La paura ti paralizza, ti condiziona la vita. Oggi ho un briciolo in più di fiducia, ma se penso che per la mia prima querela era stata proposta una richiesta di archiviazione... Poi, per fortuna, siamo arrivati al processo. La prossima udienza sarà il 17 gennaio, sarò ascoltata dal pm insieme a mia madre».
Si è chiesta cosa possa volere da lei questa persona?
«Non so davvero cosa voglia, non so cosa io gli abbia potuto scatenare: credo che provi un misto di attrazione e voglia di protezione. Ultimamente ha cominciato a consegnare ai carabinieri della mia zona una serie di documenti nei quali riconosce le responsabilità di quanto sta facendo. Le sue azioni, secondo lui, puntano a proteggermi dalla gelosia della moglie».
Che sensazione prova?
«Di insicurezza, vivo nella paura. Come tutte le cose imperscrutabili, non sono riuscita a capire le sue azioni, mi sento sempre disorientata perché non so mai cosa mi devo aspettare. Non ha l’obbligo di domicilio, può seguirmi ovunque ».
Come si è manifestata quest’attenzione ossessiva nei suoi confronti?
«Con pedinamenti, lettere e tentativi continui di insinuarsi nella mia vita e in quella dei miei cari. Ho cambiato casa tre volte per colpa sua e non mi sento più sicura. Ha fatto cose incredibili».
Racconti.
«Spacciandosi per il mio commercialista, si è presentato nel giardino di casa di mia madre, è andato in banca per acquisire alcuni miei dati personali, ha scritto lettere di diffida alla Rai ordinando che mi facessero lavorare di più. Ha chiesto informazioni ai negozianti del quartiere. Ma la cosa più grave è che ha depositato un’istanza al Tribunale dei minori per riconoscere la paternità del mio bambino. Sono stata convocata in procura perché richiedeva l’affidamento di mio figlio».
Cosa ha fatto?
«Ho denunciato. Devo ringraziare i carabinieri di zona che mi sono stati molto vicini, ma sinceramente speravo che la magistratura adottasse da subito qualche provvedimento nei confronti di quest’uomo che è convinto di aver avuto con me una relazione. Chi denuncia dovrebbe essere tutelato con strumenti più efficaci».
Che consiglio dà alle donne vittime come lei di stalking?
«Di denunciare immediatamente chi ti perseguita. Ma non basta. È necessario creare anche strumenti di tutela più efficaci per dare alle donne la forza di affrontare questo incubo. Ci devono proteggere appena parte la prima denuncia: è successo, purtroppo, anche nei casi degli ultimi femminicidi, che le donne avessero denunciato più volte. Io dico: meglio sbagliare prendendo un provvedimento che rischiare una vita».