Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  giugno 27 Giovedì calendario

MA IN AMERICA NON LO VOGLIONO


C’è un segreto dietro la ripresa economica degli Stati Uniti: le banche americane hanno ripreso a fare credito, a differenza di quelle italiane. Erogano mutui per la casa alle famiglie, finanziano le piccole imprese che hanno bisogno di investire e assumere. Le banche americane, insomma, hanno ripreso a fare l’unico loro mestiere che ha davvero un’utilità. Quelle italiane invece si tengono gli aiuti della Bce tutti per sé, e non restituiscono nulla all’economia reale. Perché questa differenza? La spiegazione è semplice: le banche Usa hanno ritrovato solidità patrimoniale perché nel momento della crisi hanno reagito ricapitalizzandosi, accogliendo nuovi azionisti. Warren Buffett, per esempio, acquistò una partecipazione nel capitale della Goldman Sachs proprio al culmine del panico. Le banche italiane non avrebbero potuto fare lo stesso? Certo, ma in tal modo avrebbero diluito il controllo dei “soliti noti”, salotti buoni o fondazioni manovrate dai partiti.
Questa è una differenza fondamentale tra il capitalismo americano e la periferica variante italiana. L’America ha inventato il modello della public company: società quotata in Borsa, con azionariato diffuso, generalmente “contendibile” e cioè passibile di essere scalata. Un’operazione come quella che ha visto di recente le due maggiori banche italiane puntellare il controllo di Marco Tronchetti sulla Pirelli – operazione dove non si è creata alcuna ricchezza, dove non esisteva progetto industriale degno di questo nome – è la tipica manovra di potere che nasce dalla logica del salotto buono, e che non sarebbe concepibile in America.
La “distruzione creatrice” del capitalismo americano, la vitalità grazie alla quale le maggiori aziende per capitalizzazione di Borsa non esistevano neppure quarant’anni fa (vedi Apple o Microsoft) è possibile perché non ci sono salotti buoni che ingessano e sclerotizzano gli assetti proprietari. Il capitale americano va a caccia dei progetti industriali, non degli amici da proteggere. I più grandi investitori, quelli che determinano i flussi di acquisti di azioni nel lungo termine, sono soggetti istituzionali anonimi come i fondi pensione. Nessuno sa chi siano i maggiori azionisti di Exxon o General Electric, di Coca Cola o Ibm, e a nessuno interessa davvero conoscere nomi e cognomi di questi investitori: sono giganti senza un volto, che si muovono in base a logiche di mercato e non cordate di potere. L’unica logica che può assomigliare a quella di un “salotto buono” e` la concertazione tra i big della finanza di Wall Street. Talvolta riunioni segrete tra i più influenti banchieri hanno dato origine a svolte nei flussi di capitali, sfiduciando questo o quel mercato d’investimento (anche l’eurozona è stata vittima di questo voto collettivo di sfiducia). Ma anche quando i comportamenti si avvicinano a manovre di cartello, si tratta di un comportamento che punta a massimizzare il profitto, non c’è dietro una logica politica che punta alla conservazione di assetti di potere.
Il capitalismo americano ha le spalle larghe e un dinamismo che fa invidia al resto del mondo, proprio perché l’ampiezza delle forze in gioco impedisce che siano “contenute” in un solo salotto. Bill Gates e Warren Buffett sono amici per la pelle, ma l’unico salotto che li accomuna è quello delle fondazioni filantropiche ai quali appartengono ambedue. Il capitalismo Usa ha altri difetti, in primis la dittatura dei manager che si possono elargire superstipendi ignorando (o quasi) le proteste degli azionisti; si cerca di risolvere questi eccessi con un ritorno al mercato, cioè l’esatto opposto della logica mafiosa dei salotti buoni.