Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  giugno 27 Giovedì calendario

QUALI SONO LE GRANDI CRISI DIMENTICATE?


Mai così dimenticate. Sono le grandi crisi umanitarie del mondo: guerre, epidemie e carestie lontane dai nostri confini e letteralmente sparite dai tg italiani. A mostrarlo è la nona indagine svolta dall’Osservatorio di Pavia per Medici Senza Frontiere, presentata ieri. Cosa dice?
È un rapporto che ha analizzato le edizioni di prima serata dei sette principali telegiornali italiani, quelli delle reti nazionali in chiaro. I risultati sono sorprendenti: i sette tg hanno dedicato in media solo il 4% delle notizie alle grandi crisi umanitarie. Una percentuale che è la più bassa dal 2006.

Negli anni precedenti c’era più spazio per queste notizie?
Nel 2006 il 10% dei tg riguardava conflitti e tragedie internazionali. Poi si era scesi fino al 6% di 2008 e 2009, ma nel 2011 c’era stata una decisa risalita e di nuovo questo tipo di notizie era arrivato ad occupare il 10% dei notiziari. Il dato del 2012 rappresenta quindi davvero un brusco calo.

Come si spiega?
Ci si occupa sempre più dei problemi di casa nostra, come la crisi economica europea o le turbolenze e gli scandali politici. È andata scemando anche l’attenzione sulle primavere arabe, protagoniste del 2011 anche per i risvolti legati all’immigrazione. «E poi credo che si tenda a sottovalutare l’opinione pubblica», aggiunge Loris De Filippi, presidente di Medici Senza Frontiere Italia. «Chi fa le notizie pensa che solo gli argomenti leggeri garantiscano l’audience e che invece i temi più complicati facciano cambiare rapidamente canale. Io non ne sono per nulla convinto».

C’è differenza tra un telegiornale e l’altro?
In generale le reti Rai sono risultate le più attente alle crisi internazionali: il Tg1 vi dedica il 5,7%, il Tg3 il 5,1, il Tg2 il 4,6. Stessa percentuale per il Tg di La7. All’opposto le reti Mediaset, con il 3,8% del Tg5, il 2,8 del Tg4 e il 2,1 di Studio Aperto.

Ci sono crisi più dimenticate di altre?
Quando si affrontano questi temi, in due casi su tre si parla di guerre e conflitti. Molto meno di epidemie, disastri naturali o situazioni umanitarie. E così il tifone Bopha - che tra novembre e dicembre 2012 ha investito le Filippine causando la morte di oltre mille persone e 170 mila sfollati - è stato raccontato in sette notizie. E l’emergenza di Haiti, ancora viva dopo il terremoto e l’epidemia di colera del 2010, è stata affrontata in sole due occasioni. Ma ci sono casi ancora più eccezionali.

Quali?
Quello della Repubblica Centrafricana, dove negli ultimi mesi del 2012 si è consumata una guerra civile, continuata fino a marzo. Un conflitto che nei tg non è esistito: zero le notizie dal Paese africano in tutto lo scorso anno. E poi c’è il caso dell’Aids, un problema di cui si parlava molto fino a pochi anni fa e che sembra «passato di moda». Nel 2012 sono stati solo sette i servizi a riguardo, legati a occasioni specifiche come l’appello del Papa e un’iniziativa di Sharon Stone.

Su quali Paesi c’è invece più attenzione?
I postumi della guerra in Afghanistan, anche per la presenza dei militari italiani, continuano a ricevere una certa attenzione, con 298 notizie nel 2012. E anche la Nigeria, per le stragi contro la comunità cristiana e l’uccisione dell’ingegnere italiano Franco Lamolinara, ha avuto un certo spazio (226 notizie). In cima a questa classifica c’è però la Siria: della sua lunga guerra civile, esplosa nel marzo 2011, si è parlato in 506 notizie.

Di queste tragedie si parla però nel modo giusto?
Non sempre, spiega ancora Loris De Filippi: «Mi è capitato di andarci due volte negli ultimi sei mesi per un progetto chirurgico a Idlib, nella zona di Aleppo». E aggiunge: «Quello che ho visto è una zona bombardata quotidianamente, una situazione insostenibile per la popolazione. Lì, come in altre zone del Paese, non circolano più giornalisti per ovvie questioni di sicurezza. E forse anche per questo, quando si parla di Siria, si fanno tante analisi geopolitiche e invece quasi mai si prova a umanizzare la guerra, a trasmettere quello che le persone vivono ogni giorno».

Cosa si può fare per cambiare questa situazione?
Insieme alla pubblicazione del rapporto, Medici senza Frontiere ha lanciato un appello per «svuotare» l’elenco delle crisi dimenticate. Non sarebbe solo un gesto simbolico, ha spiegato l’organizzazione - che da sempre collabora con i giornalisti nella lettera aperta: «Siamo convinti che la pressione dei media e dell’opinione pubblica su governi, autorità o attori umanitari e politici, anche in Paesi remoti, possa spingere questi ultimi ad agire in favore delle persone in difficoltà». Tra i primi firmatari dell’appello ci sono Don Virginio Colmegna, il filosofo Massimo Cacciari e il fotoreporter Francesco Zizola.


a cura di Stefano Rizzato