Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  giugno 27 Giovedì calendario

DOMANDE

& RISPOSTE –
Perché lo Stato italiano stipula contratti derivati?
I derivati stipulati dallo Stato italiano servono per coprirsi contro il rischio di rialzo dei tassi d’interesse (ce ne potrebbero essere anche di copertura contro il rischio di cambio). Per esempio, su un prestito stipulato dallo Stato si "affianca" un Interest rate swap con le seguenti caratteristiche: la scadenza dello swap è per un numero di anni; uno dei due flussi ("rate" che banca e Stato si scambiano) di pagamento è basato su un tasso di interesse fisso, mentre l’altro è indicizzato a un tasso di interesse variabile. Il capitale nozionale resta costante per tutta la vita del contratto (bullet).


Cos’è un derivato plain vanilla?
Un derivato plain vanilla (letteralmente in italiano "gusto vaniglia" ma in ambito finanziario si intende un derivato abbastanza semplice) è una delle più chiare operazioni esistenti. Rientrano in questa categoria gli Interest rate swap (Irs), le opzioni (quali il cap e il floor), strumenti derivati utili quindi a far fronte ai bisogni dei clienti. Se però a un Irs plain vanilla si aggiungono clausole che lo rendono più complessi, allora il discorso cambia e siamo in presenza di derivati esotici o strutturati che in passato hanno creato non pochi problemi ai clienti delle banche per la complessità. Complessità che ha premiato soltanto i bilanci degli intermediari finanziari.


Si sente sempre parlare di mark to market. Cos’è di preciso?
Il Mark to market (Mtm) è il valore di mercato di un contratto derivato a un determinato istante. Va calcolato con particolari procedimenti matematico-finanziari. Può essere positivo oppure negativo per il cliente. Se il giorno di sottoscrizione del contratto il Mtm è negativo, il cliente ha diritto a ricevere dalla banca una somma di denaro (upfront) di pari importo. Se il cliente vuole recedere dal contratto prima della sua naturale scadenza e il Mtm ha valore negativo, deve versare alla banca questa somma. In questo contesto, quindi, si può dire che la perdita potenziale di un derivato è proprio la fotografia del Mtm (negativo) in un particolare momento, prima appunto della scadenza del contratto derivato. Se il derivato ha invece un Mtm positivo allora il cliente deve ricevere dall’istituto di credito la somma. È detto anche costo di sostituzione.


Ma si riceve sempre l’upfront da parte della banca se il derivato ha un Mtm negativo?
L’upfront (una sorta di anticipo) è la somma che il soggetto eventualmente avvantaggiato nella stipula dello swap (in genere la banca) deve pagare all’altra parte (svantaggiata) per riequilibrare finanziariamente il contratto (affinché abbia valore nullo). Quindi è obbligatorio ricevere per intero l’importo dalla banca.


E se ciò non succede?
Se ciò non avviene siamo allora in presenza dei costi occulti (oppure commissioni implicite). Questi sono dati dalla differenza tra il mark to market (valore di mercato) iniziale del contratto e la somma che il cliente (impresa, ente locale, Stato italiano) riceve dalla banca a titolo di upfront.
Se la banca non paga alcun upfront, il costo occulto è dato dal valore del mark to market (Mtm).
Facciamo un esempio: Mtm iniziale -100, l’ente riceve 97, vuol dire che 3 sono i costi occulti. Se l’ente non riceve invece alcun upfront, il costo occulto è di 100.