Andrea Marcenaro, Panorama 27/6/2013, 27 giugno 2013
LA NOSTRA GRANDE INTESA [BRUNETTA FASSINA]
Si direbbe, a vedervi, che abbiate molta confidenza reciproca. Due falchi di famiglie contrapposte, che tra loro tubano. Fa un certo effetto, lo sapete?
Brunetta Premetto: io sono per prima cosa socialista, poi di Forza Italia, e infine del Pdl.
Socialista antipopolare, un fenomeno. Fassina Come fa Brunetta a essere antipopolare, se è socialista? Veramente eravate voi a marchiarlo così, onorevole Fassina, mica io.
B. Finisco. E resto anticomunista: dove stanno i comunisti, io sto dall’altra parte.
F. Non cominciamo in questo modo.
B. Un’ultima cosa: ricordate come funzionava la Cgil?
Che cosa c’entra la Cgil?
B. Funzionava così. La componente socialista della Cgil era il 15 per cento. Ma i comunisti, geniali, le regalavano un altro 15 per cento di socialisti più legati a loro. Risultato: il 15 per cento regalato neutralizzava il 15 autentico e, alla fine, l’intero 30 per cento della componente socialista era di fatto venduto al Pci.
F. Ma no, questo è ingeneroso. Andiamo con ordine. Da nemici giurati, avete spiazzato l’Italia stipulando un patto di ferro sull’Iva. Questione risolta?
B. La stiamo risolvendo.
F. Siamo sulla strada giusta.
Bene. Osereste indicare altri punti su cui andate d’accordo?
B. La pensiamo allo stesso modo sull’Europa e sul futuro dell’Europa.
Mica è poco.
B. Ma non basta: molto simile è anche la nostra analisi sul passato.
Pure sul passato?
B. Con una differenza. Che io valorizzo l’esperienza del governo Berlusconi e il mio amico meno, credo.
Fassina?
F. Molto meno.
Nel pensiero molto simile che avete sul passato bisogna comprendere anche il giudizio su Bettino Craxi?
B. Su chi?
Craxi.
B. Ma no, che discorsi. Lascia perdere, Stefano, è una domanda provocatoria. Stavamo parlando della crisi, delle sue origini, dell’inadeguatezza dell’Europa e delle politiche sbagliate dell’Europa. Poi, ruolo di Berlusconi a parte, condividiamo l’idea su cosa fare per cambiare. Perché quello italiano è un caso unico in Europa.
Cioè?
B. Un centrodestra e un centrosinistra con giudizio fondamentalmente simile sulle cose successe dal 2007 in qua, e sui rimedi da apportare per uscire dalla crisi, costituiscono, lo ripeto, un caso unico in Europa.
Fassina conferma?
F. Confermo. È maturata in questi anni una valutazione condivisa.
Nel merito?
B. Non si trattava di una crisi da debito pubblico, ma con origini strutturali nel privato, punto primo. E, punto secondo, concordiamo che dalla vicenda greca in poi sono state fornite risposte sbagliate...
Scusi, onorevole Fassina, sta dicendo che la rissa tra di voi cui abbiamo assistito in questi lunghi anni si poteva evitare?
F. Le divergenze sulle scelte del governo Berlusconi erano di merito, dato che hanno contribuito alle scelte sbagliate dell’eurozona. Ma il i clima di contrapposizione ha esasperato quelle divergenze.
Questo vuole dire che vi troverete d’accordo nel picchiare i pugni sul tavolo alla riunione europea di fine giugno?
F. Più facile a dirsi che a farsi. Ma ho preso volentieri atto di una cosa: il Pdl ha maturato una posizione molto diversa da quella di tanti suoi amici del Partito popolare europeo. E questo rappresenta una straordinaria possibilità di dialogo fra di noi, così come una posizione di forza per il governo Letta.
Quale sarà il modo migliore di sbattere i pugni sul tavolo?
F. Costruire alleanze con governi di centrodestra, come la Spagna, e di centrosinistra, come la Francia. Mezzo punto in più o in meno di deficit non è risolutivo, bisogna cambiare la direzione di marcia.
Sembra di ascoltare Berlusconi.
F. Non provochi.
È d’accordo col viceministro, presidente Brunetta?
B. Esiste un segnale anche icastico, visibile, di quanto le stiamo dicendo. Io ho l’incarico di scrivere il documento che verrà presentato all’incontro europeo di fine giugno. E procedo così: scrivo una parte della bozza, la mando ai partner di governo, mi toma indietro, recepisco, preciso. Passo alla parte successiva, con lo stesso metodo. È la prova del modo intelligente con cui il governo Letta utilizza il concorso di forze nel Parlamento. La forza di Letta, volendo semplificare, sta nell’ottimo rapporto fra me e Stefano. Il nostro idem sentire lo rende solido.
Il vostro idem sentire corrisponde a quello dei vostri partiti?
F. Beh, Brunetta è presidente del suo gruppo parlamentare...
B. Porterò i 97 deputati del Pdl a votare compatti il documento da presentare al tavolo europeo. E il viceministro Fassina avrà dalla sua i 297 del Pd.
297 meno 101, può essere?
F. Non scherzi, la consapevolezza di dover cambiare politica economica è molto diffusa. E i pentiti dell’austerità stanno aumentando a vista d’occhio. Anche tra gli editorialisti, direi.
L’irresponsabile e sabotatore Fassina diventa salvatore della patria?
F. O gli irresponsabili tifosi del sacrificio-sacrificio cominciano a togliersi i paraocchi? Ciò detto, siccome l’economia non è questione tecnica, come voleva far credere Mario Monti, ma politica, resta vitale che, accanto a larghe convergenze, alcune differenze col Pdl restino.
Qualche differenza sarebbe effettivamente carino che restasse. Vuole fare qualche esempio?
F. Di convergenze o di differenze?
Differenze. Anzi, approfitti adesso che Brunetta è uscito un attimo e non può sentirla.
F. Già le conosce. Brunetta. Il Pd vuole vedere come verranno fatte liberalizzazioni e privatizzazioni. Vogliamo ridiscutere la regolazione dei movimenti di capitale tra Europa e resto del mondo. E non è accettabile, per noi, una competizione secondo cui dovremmo importare acciaio da una Cina senza sindacati e priva di regole sull’inquinamento ambientale. Potrei andare avanti.
Si fermi. Lei sa che un bei pezzo del suo popolo soffre molto, invece, pervia di queste benedette convergenze. Cosa può dirgli?
F. Che abbiamo fatto un grande passo avanti rispetto al governo Monti. Di compromesso, ma in avanti.
E ridagliela con Monti.
B. Ma Fassina ha ragione!
F. Un grande passo avanti culturale, perché oggi destra e sinistra insieme hanno il merito di aver rimesso in moto la politica.
B. Con Monti era stata la cattiva burocrazia a prendere il potere.
F. È così!
B. E quando questa stagione finirà, perché deve finire, la gente avrà finalmente davanti un menu da cui scegliere.
F. Due posizioni, non una falsamente neutrale. Questa è una stagione ricca che aprirà un’altra fase.
Avete lo stesso giudizio anche su chi, secondo voi, si contrapporrebbe alla fase felice di cui dite? Su chi sarebbe il cattivo?
B. La Repubblica. La Repubblica e Carlo De Benedetti.
F. No, dai, loro sembrerebbero capire.
Allora chi?
F. Quel filone che ha vissuto di antiberlusconismo e che, in parte, è penetrato anche nel nostro mondo...
Prego? In parte? Penetrato? E come? Quatto quatto?
F. Mi lasci finire. Chi ha vissuto di antiberlusconismo nel momento in cui è sopravvenuto raccordo col Pdl ha perso la sua ragion d’essere.
Sta pensando alla «Repubblica dei piccoli»?
F. A Marco Travaglio e al Fatto. A quelli per i quali ogni accordo, ogni compromesso, ogni scelta responsabile sono un inciucio.
B. Come se la maggioranza di azionisti che governa un’azienda costituisse un inciucio. Stefano dice bene. Esiste un blocco conservatore che non appartiene allo schieramento di Fassina, e tantomeno al mio, fatto di cattiva burocrazia, cattiva finanza, cattiva editoria, che ha mangiato sulla pelle del Paese e che ne rappresenta l’anima conservatrice. Il governo Monti era la rappresentazione plastica di tutto ciò.
Ecco la quadratura del cerchio, il male assoluto era Monti. Ma l’emergenza? Ce l’eravamo inventata?
F. Non sono del tutto d’accordo con Brunetta. L’emergenza c’era. L’errore, detto col senno di poi, è stato di non fare un governo politico.
B. Col senno di poi, sarebbe stato meglio un governo politico. Ma col senno di prima...