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 2013  giugno 27 Giovedì calendario

SOCIETA’ CIVILE, NAUFRAGA IL FALSO MITO DELLA SINISTRA

Viene dalla «società civile» Josefa Idem. È stata scelta come asses­sore a Ravenna, e poi come sena­trice della Repubblica e ministro, per­ché è una campionessa dalla carriera intramontabile, una «testimonial» del­lo sport, un’italiana acquisita, una donna e perciò ingrossa le file delle quote rosa. È un esempio, un simbolo. Mille buoni motivi, tra i quali non com­par­iva quello di essere un buon ammi­nistratore. Quello - se arrivi dalla socie­tà civile - lo impari con il tempo, sem­pre che lo impari. Alla conferenza stampa di sabato a Palazzo Chigi, l’ex ministro dello Sport si è difesa elencando le medaglie olimpiche senza però fugare gli inter­rogativi sui pagamenti Ici e gli abusi urbanistici. Sono fatti così, i politici ap­prodati dalla società civile: pensano di viaggiare un metro sopra gli altri, che i meriti del passato siano garanzie per il futuro. Essendo stati cooptati e non eletti (o eletti in collegi blindati), ignorano che la politica - come disse Rino Formica - è «sangue e merda», è fatta pure di battaglie e agguati, di critiche cui rispondere, di trasparenza e di Ici pagate anche a propria insaputa. Come Mario Monti, essi «salgono» in poli­tica considerandola una palude da bo­nificare, una terra di selvaggi da rende­re civile. Loro sono quelli bravi, quelli che sanno tutto, i messia che vengono a sistemare le cose perché hanno le mani pulite e ora si degnano a immer­gerle nel fango, ovviamente indossan­do u­n paio di guanti sterili per non con­taminarsi.
Sono sportivi, cantanti, giornalisti, magistrati, imprenditori. Dall’alto del­la loro popolarità si concedono a que­sto deserto da redimere che si chiama politica. Ma appena affondano un po’ i piedi nella sabbia si scottano e fuggono. Non reggono. Oppure s’infratta­no. Roberto Vecchioni fu l’immagine della campagna elettorale milanese di Giuliano Pisapia; prima del ballottag­gio a Napoli tenne un concerto per Gig­gino De Magistris, il quale da sindaco gli diede la presidenza (per 220mila eu­ro) del Forum delle culture: il cantauto­re se n’è andato dopo poche settima­ne. Anche Franco Battiato non è dura­to molto come assessore al Turismo e Cultura della Regione Sicilia voluto da Rosario Crocetta, e dei suoi cinque me­si in giunta restano in mente soltanto gli insulti ai parlamentari italiani («queste troie farebbero qualsiasi co­sa»). Messi alla prova dei fatti, gli otti­mati prelevati dalla società civile dan­no prova di sprovvedutezza, come ca­pita al magistrato Antonio Ingroia o ai parlamentari grillini scelti rigorosa­mente tra gente priva di esperienze po­litiche. Non si ricordano gesta eclatan­ti neppure da imprenditori trasferitisi nei palazzi del potere romano, come il democratico Matteo Colaninno. Nel Consiglio di amministrazione Rai sie­dono, nominati dal Pd, due autorevoli rappresentanti della medesima «so­cietà civile» come l’ex pubblico mini­stero Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi, figlia del giornalista ucciso dal terrorismo rosso negli anni di piom­bo: hanno cambiato qualcosa nella tv di Stato? Anche il mondo dei giornali è una fucina di politici: Lilli Gruber, San­toro, Sassoli, Badaloni, Mucchetti, mezzibusti ed editorialisti che per la gran parte sono tornati a fare il loro vec­chio mestiere, abili a conquistarsi pre­bende e indennità ma incapaci di reg­gere le fatiche della politica italiana ed europea. E non parliamo dei tecnici paracadutati dalle università.
Tra politica e società civile, ha scrit­to recentemente il sociologo Giusep­pe De Rita sul Corriere della Sera, il rapporto è talmente «stanco e inerte» che dovrebbe portare a un «divorzio consensuale»: «Il meticciamento fra i due mondi non ha avuto successo, ognu­no di essi torni quindi a riprendere la propria orgogliosa via di sviluppo», au­spica De Rita sul Corriere. Battiato, Vecchioni e Josefa Idem l’hanno pre­so in parola.