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 2013  giugno 27 Giovedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - ANCORA SU BERLUSCONI E LA GIUSTIZIA


ROMA - Era cosa nota a tutti che Silvio Berlusconi, all’indomani della sentenza di condanna a sette anni in primo grado del Tribunale di Milano nell’ambito del "Ruby gate", avrebbe spinto l’acceleratore sulla riforma della giustizia nel tentativo di inserirla, contrariamente al programma di Letta, tra le priorità dell’esecutivo di larghe intese. E la direzione sembra proprio quella. Lo conferma l’odierno blitz del Pdl sotto forma di emendamento al ddl sulle riforme, che arriva dopo i faccia a faccia dell’ex premier prima con Letta e poi con Napolitano. Al grido "La magistratura va riformata", il partito del Cavaliere chiede di includere anche il capitolo giustizia tra gli interventi che il comitato per le riforme costituzionali deve elaborare.
Il Pdl ha quindi depositato in commissione Affari Costituzionali al Senato un emendamento al ddl di iniziativa governativa che istituisce il comitato per le riforme e che approderà all’esame di Palazzo Madama lunedì 8 luglio. L’emendamento, a quanto apprende l’agenzia Dire, è il 2.12, a prima firma del senatore Donato Bruno, e propone che anche il titolo quarto della Costituzione, quello sulla disciplina costituzionale della magistratura, rientri tra le materie di competenze del comitato.
All’indomani della sentenza sul caso Ruby, salta così l’accordo preventivo di maggioranza che teneva fuori il capitolo giustizia dal disegno riformatore.
Il Pd insorge, parlando di "strappo inaccettabile". Lo dicono Danilo Leva, presidente forum giustizia partito democratico e Alfredo D’Attorre, responsabile riforme politiche istituzionali della segreteria nazionale Pd. Per i democratici "il ddl costituzionale, proposto dal governo traccia un percorso già definito e condiviso che riguarda materie come la forma di governo, il bicameralismo, nonché coerenti progetti di legge ordinaria di riforma dei sistemi elettorali. Per il partito democratico la riforma della giustizia non è un tabù, ma non si può prescindere da quelle che sono le garanzie di indipendenza della magistratura sancite dalla carta costituzionale. La giustizia", aggiungono, "non può essere il terreno su cui scaricare vicende estranee agli obiettivi di riforma e ammodernamento dell’assetto istituzionale".
L’emendamento del Pdl (a firma Bruno, Alberti Casellati, Bernini, Bonaiuti, Fazzone, D’AlÌ, Repetti, Zanettin, Paolo Romani, Giuseppe Esposito) chiede che "al comma 1" dell’articolo 2 del ddl, si sostituiscano "le parole: "degli articoli di cui ai titoli i, ii, iii e v della parte seconda della costituzione" con le seguenti: "degli articoli di cui alla parte seconda della costituzione".
Il pdl propone una formulazione più generica, dunque, ma che ha l’effetto di includere anche il titolo quarto della costituzione tra le possibili riforme. Mentre il testo del ddl governativo elenca esplicitamente i titoli della costituzione che saranno oggetto del dibattito riformatore, ed esclude, non citandolo, il quarto, nella formulazione proposta dal pdl salta l’elencazione esplicita. Si parla genericamente degli "articoli della parte seconda della costituzione" e di fatto si include implicitamente anche il titolo quarto, quello sulla magistratura.
Donato Bruno, come già detto primo firmatario dell’emendamento, sentito dai cronisti a Palazzo Madama precisa: "Non c’è stato alcun blitz del Pdl. Gli emendamenti sono stati consegnati quando non c’era alcuna sentenza relativa a Berlusconi. Della necessità di modificare il titolo IV della Costituzione ne abbiamo parlato apertamente in sede di discussione in commissione. Mi sembra logico che si discuta della opportunità di modificare anche la parte relativa alla magistratura, anzi è fondamentale. Faccio un esempio: se decidiamo di andare verso un modello presidenziale, va rivista anche la guida del Csm che spetta al presidente della Repubblica. Le riforme influiscono anche su Csm e Corte Costituzionale. Che facciamo? Non li tocchiamo? Mi sembra assurdo". Quindi Bruno conclude: "E’ un problema tecnico. Alcune modifiche saranno necessarie".
Sull’emendamento del Pdl va all’attacco anche il Movimento Cinque Stelle: "I fatti che riguardano le singole persone non devono
incidere sul calendario della commissione Giustizia della Camera", dice il vicepresidente M5S Alfonso Bonafede che annuncia: "Faremo le barricate perchè non sia subordinato a vicende che riguardano singole personalità". "Non ci deve essere nessuna accelerazione per i provvedimenti che non riguardano tutti i cittadini", aggiunge tenendo a precisare che "alla Camera, in Commissione, abbiamo lavorato bene e continueremo a farlo".

GRILLO
ROMA -Silvio Berlusconi al Quirinale "invitato a colloquio e ricevuto" dal Presidente Napolitano. "E’ come se Herbert Hoover, presidente degli Stati Uniti negli anni ’30, avesse invitato Al Capone per discutere del mercato degli alcolici. Anche Miccoli, al Quirinale, a palleggiare tra due corrazzieri! Perché Berlusconi sì e lui no?". Beppe Grillo dal suo blog attacca di nuovo il Cavaliere e il Capo di Stato passando dal caso Miccoli.
La questione è il colloquio al Colle di ieri del leader Pdl. Grillo parte dal caso dell’attaccante del Palermo che "avrebbe fatto pesanti commenti scoperti attraverso le intercettazioni su Giovanni Falcone definito ’quel fango di Falcone’" e osserva che "l’indignazione popolare, correttamente, si è levata contro il giocatore che ha chiesto scusa, in lacrime (FOTO).
Persino Buffon lo ha stigmatizzato in conferenza stampa dal Brasile. Ovunque è tutto un giusto dissociarsi da Miccoli al quale, c’è da giurarlo, nessuno passerà più il pallone in campo".
Poi l’affondo al Cavaliere. "Nel frattempo - riprende il leader M5S - un signore che ha come amico il fondatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, condannato in secondo grado a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, il quale definì ’eroe’ Vittorio Mangano, il mafioso condannato in primo grado all’ergastolo per duplice omicidio, assunto ad Arcore con la qualifica di stalliere, un signore ex iscritto alla P2 con la tessera 1816, con un numero impressionante di procedimenti giudiziari, condannato in secondo grado a quattro anni di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni per frode fiscale, condannato - prosegue - in primo grado a sette anni di carcere e interdizione perpetua dai pubblici uffici per concussione e prostituzione minorile, indagato con l’accusa di aver corrotto nel 2006, con tre milioni di euro, il senatore Sergio De Gregorio per il suo passaggio nel Pdl, questo signore che altrove sarebbe in fuga da tempo verso Paesi senza l’estradizione è stato ’invitato a colloquio e ricevuto’ dal presidente della Repubblica Napolitano".
"Dal Quirinale - scrive ancora Grillo - sottolineano che è stato Napolitano a prendere l’iniziativa dell’incontro e che Berlusconi ha assicurato ’il netto orientamento di confermare il sostegno suo e del Pdl al governo e all’azione che è impegnato a svolgere". Di qui la conclusione che mescola varie metafore e torna al caso Miccoli: "E’ come se Herbert Hoover, presidente degli Stati Uniti negli anni ’30, avesse invitato Al Capone per discutere del mercato degli alcolici. Anche Miccoli, al Quirinale, a palleggiare tra due corrazzieri! Perché Berlusconi si e lui no?".
Ma non si ferma qui. Grillo attacca ancora la stampa, in questo caso i giornalisti accreditati presso la Stampa parlamentare, e ne affida all’anonima "una persona informata sui fatti" questa descrizione: "Il tempo trascorre tra un caffè e uno spumantino, a prendere il fresco in cortile ’intervistando’, leggi fumando insieme una sigaretta, il deputato di passaggio. Si ride e si scherza, coi deputati, specialmente quelli giovani e simpatici. Si salutano invece con deferenza gli alti papaveri, quasi mai inseguiti urlando come accade invece con gli ultimi arrivati, quelli che non contano nulla. A mezzogiorno si pranza solo al bar della buvette, per carità, perché i panini del bar dei dipendenti, dove mangiano anche i 5S, ’fanno schifo’; poi si fa un po’ di gossip postprandiale. Quando non c’è nulla da fare - dice Grillo - si assiste a scene che rasentano il pietoso".

LA CASSAZIONE SUL LODO MONDADORI
ROMA - Nella vicenda Lodo Mondadori, il pg della Cassazione Pasquale Fimiani ha chiesto una lieve riduzione, non quantificata, del risarcimento dovuto da Fininvest a Cir, confermando che quest’ultima è stata parte danneggiata. In secondo grado la Fininvest era stata condannata a risarcire 564,2 milioni a Cir della famiglia De Benedetti.
"Il percorso seguito dalla Corte di Appello di Milano sul Lodo Mondadori è logico e regge - ha chiarito Fimiani - E’ a mio avviso necessario solo riquantificare una piccola parte del danno: andrebbe avviata una discussione sul 15 per cento dell’importo liquidato".
Se la richiesta del pg venisse accolta dagli ’ermellini’, potrebbe essere celebrato un nuovo processo d’appello. E’ anche possibile, che, invece, i giudici della Cassazione, sposando la tesi del procuratore generale, decidano di riquantificare loro stessi al ribasso la somma di risarcimento.
Sentenze legittime. Del tutto legittime restano, dunque, a detta della Cassazione le sentenze di merito che stabiliscono che la Fininvest debba risarcire Cir per il danno subito con l’annullamento, nel 1991, da parte della Corte d’Appello di Roma, del lodo arbitrale favorevole a De Benedetti sul controllo della Mondadori. Quella decisione, infatti, come è stato stabilito in sede penale in via definitiva, fu frutto di una corruzione in atti giudiziari per cui sono stati condannati il giudice Vittorio Metta e gli avvocati Cesare Previti, Attilio Pacifico e Giovanni Acampora.
Il procedimento civile in corso oggi in Cassazione, scaturisce infatti da questa pronuncia penale: in primo grado il giudice milanese Raimondo Mesiano, nel 2009, sostenendo che la Cir subì un danno patrimoniale da "perdita di chanche", stabilì un risarcimento pari a 749,9 milioni di euro, ridotto poi in appello, nel luglio 2011, a 564 milioni, compresi interessi e spese legali, quando fu riconosciuto alla Cir un danno "immediato e diretto" dalla corruzione.
Le tesi opposte degli avvocati. Dura la posizione degli avvocati Fininvest: "La difesa di Cir usa degli argomenti suicidi - dice nella sua arringa nel corso dell’udienza l’ex giudice costituzionale Romano Vaccarella - perché non ha mai chiesto la revocatoria della sentenza frutto di corruzione ma ha scelto la strada della richiesta del risarcimento del danno che significa aver fatto a pezzi i codici civili". L’avvocato ha parlato di "ingiustizia intrinseca della sentenza" emessa dalla Corte di Appello di Milano. "Dove cavolo stava l’aggressione che avrebbe subito Cir, in un momento in cui era intervenuta la legge Mammì che favoriva che se mai danneggiava Fininvest, mentre consentiva a Cir di tenersi le sue testate", ha osservato Vaccarella in uno dei passaggi del suo intervento.
Diverso il parere della difesa Cir: "Suona davvero pretestuosa e un po’ vittimistica la tesi dei legali Fininvest in base alla quale i giudici di Milano avrebbero, per pregiudizio avverso, liquidato alla Cir un risarcimento eccessivo - a detto nella sua arringa l’avvocato Vincenzo Roppo - Non c’è stato invece alcun illecito arricchimento e tanto meno una ’over compensation’ dal momento che in appello per Fininvest c’è già stato uno sconto di circa 212 milioni di euro". Nel complesso i legali Cir valutano positivamente le conclusioni della Cassazione.
(27 giugno 2013)

LA PROCURA DI NAPOLI SULLA COMPRAVENDITA DI SENATORI
E’ iniziata a Napoli l’udienza preliminare che vede l’ex premier Silvio Berlusconi imputato di corruzione con l’ex senatore del Pdl Sergio DeGregorio e l’ex editore dell’Avanti! Valter Lavitola.
Berlusconi non e’ in aula, lo rappresentano gli avvocati Niccolo’ Ghedini e Michele Cerabona. Presenti invece Lavitola, (difeso dall’avvocato Gaetano Balice) che si trova agli arresti domiciliari per i fondi al quotidiano, e DeGregorio, (assistito dall’avvocato Carlo Fabbozzo) che ha lasciato i domiciliari pochi giorni fa dopo tre mesi.
Proprio DeGregorio ha chiesto il patteggiamento a un anno e 8 mesi. La Procura ha dato l’ok, la sua posizione potrebbe essere stralciata.
L’udienza si celebra davanti al giudice Amelia Primavera in un’aula al sedicesimo piano della Torre B.
La Procura diretta da Giovanni Colangelo e’ rappresentata in udienza dai pm Fabrizio Vanorio e Alessandro Milita, che hanno affiancato nelle indagini i pm Henry John Woodcock e Vincenzo Piscitelli.
Hanno chiesto di costituirsi parte civile il Codacons e l’Italia dei Valori, rappresentata dall’avvocato Alfonso Trapuzzano, e Antonio Di Pietro.
Il giudice decidera’ il 19 luglio sulla richiesta di patteggiamento di DeGregorio. Ammessa la costituzione di parte civile di Codacons e Idv, rigettata quella di Di Pietro. L’udienza prosegue per Berlusconi e Lavitola.
L’udienza
e’ stata rinviata al 19 luglio. La difesa ha sollevato eccezione di incompetenza territoriale chiedendo la trasmissione degli atti a Roma. Gli avvocati hanno inoltre chiesto di trasmettere gli atti alla giunta del Senato perche’ le condotte di De Gregorio sarebbero coperte dalle prerogative della Costituzione in materia di parlamentari. Il giudice si e’ riservato.