Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Di solito i presidenti di Confindustria sono prudentemente filo-governativi. Abbiamo adesso un nuovo capo degli imprenditori, Giorgio Squinzi, che è invece avverso, senza se e senza ma, al governo, al punto che ieri campeggiava sulla stampa quotidiana la strana foto della Camusso che se lo tiene sotto braccio. La cosa ha provocato, fatto anche questo nuovissimo, una dura reazione del presidente del Consiglio Mario Monti, una volta tanto dimenitco dei suoi adorati toni soft.
• Sa che non ho chiaro che cos’è Confindustria?
Esistoni i sindacati dei lavoratori, ed esistono pure i sindacati dei padroni. Il più importante sindacato dei padroni è appunto la Confindustria, un colosso anche finanziario che possiede, per esempio, “Il Sole 24 Ore”. Come la Cgil ha un capo, che si chiama Susanna Camusso, così ha un capo la Confidustria, che lo cambia per statuto ogni quattro anni e non lo rielegge mai. Ci sono stati capi di confindustria anche di centro-sinistra, per esempio Luigi Abete (il fratello dell’Abete che guida la Figc), grande amico di Rutelli e Veltroni e oggi presidente di Bnl. Ma nessuno s’è mai messo così platealmente di traverso come Giorgio Squinzi, che nel ruolo è appena subentrato alla Marcegaglia. Questa avversione di Squinzi è tale che Mario Monti ieri lo ha attaccato con toni finora mai sentiti.
• Che cosa ha detto il presidente del Consiglio?
Intanto ha criticato il giudizio negativo che Squinzi ha dato sugli ultimi provvedimenti del governo, la cosiddetta “spending review” (ricorderà: la chiusura dei mini ospedali, dei microtribunali eccetera: ne abbiamo parlato sabato): «Dichiarazioni di questo tipo fanno aumentare lo spread e i tassi a carico non solo del debito ma anche delle imprese, e quindi invito a non fare danno alle imprese». Poi: «A fine marzo Emma Marcegaglia aveva detto alla stampa internazionale che la riforma del lavoro è pessima, il 19 giugno Squinzi ha detto che la riforma del lavoro è - cito – “una vera boiata”. Ieri il medesimo presidente Squinzi si è associato ai commenti di un leader sindacale nel sottolineare i rischi di macelleria sociale e ha poi dato un voto al governo. E poi sempre Squinzi ha dichiarato che gli sembra pericoloso che l’Italia si avvii a realizzare il pareggio di bilancio nei tempi che il precedente governo aveva già fissato». Beh, adesso che per elencargliele me le sono rimesse sotto gli occhi, le confermo che si tratta di dichiarazioni bomba. Montezemolo, che è stato presidente di Confindustria prima della Marcegaglia, ieri sera si è associato a Monti: «Dichiarazioni come quelle di Squinzi, sia nel merito che nel linguaggio, non si addicono a un presidente di Confindustria, fanno male e sono certo che non esprimono la linea di una Confindustria civile e responsabile».
• Quand’è che Squinzi, da ultimo, avrebbe dato voti al governo?
Un sei meno meno, anzi un voto tra cinque e sei. Sabato, alla festa della Cgil di Serravalle Pistoiese. Durante il dibattito con la Camusso s’è detto d’accordo in toto con la segretaria cigiellina. La platea, fatta di cigiellini, l’ha applaudito molte volte.
• Ma davvero giudizi duri sul governo del capo della Confindustria possono far innalzare lo spread?
Non è un’opinione campata per aria. Uno dei nostri problemi adesso è il dubbio dei mercati sul quadro politico generale italiano. Che cosa accadrà quando, dopo le elezioni, torneranno al potere i soliti partiti, con le solite pratiche di sottogoverno, i soldi buttati dalla finestra per far contento questo o quello, la corruzione quindi ancor più dilagante eccetera eccetera? Bisogna rassegnarsi all’idea che, sul piano internazionale, la fiducia nei tecnici, e in particolare in Monti, è altissima. Di conseguenza, la fine dell’esperienza Monti crea un allarme molto grande. Tutto quello che accentua l’idea di una debolezza del premier porta acqua al mulino dello spread a 500 punti. Partiti che sbuffano e sindacati in agitazione. Figuriamoci se l’inquietudine si origina da sindacati che dovrebbero, per definizione, mostrare un certo equilibrio, una certa equidistanza, se non proprio una condivisione della lotta del governo agli alti tassi d’interesse.
• Come si spiega una concezione simile da parte della Confindustria?
Monti, relativamente al giudizio sui sindacati, non è lontano dalle posizioni di Marchionne, che, ritenendo la Confindustria attuale fuori dai tempi, l’ha abbandonata. Monti a sua volta ha varato la riforma delle pensioni senza concordarla né con Cgil-Cisl-Uil né con la Confindustria, e ha tagliato adesso la spesa pubblica limitandosi a comunicare le sue intenzioni alle cosiddette parti sociali, ma senza lasciargli neanche aprire bocca. Monti condivide evidentemente il giudizio di Sergio Marchionne: i rappresentanti di lavoratori e imprese, così come si presentano oggi, appartengono a un mondo morto e sepolto che si sforzano – insistendo sulla concertazione e sui “tavoli” (strumenti che preludono a stanziamenti pubblici) – di mantenere in vita. Anche l’intervento di Luca Cordero di Montezemolo, uomo ancora amico della Fiat, va letto in questo senso.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 9 luglio 2012]