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 2012  luglio 09 Lunedì calendario

JAGGER, VITA RIBELLE E AMORI. E CARLA’ DISSE: TUA PER SEMPRE

Il signore da 400 milioni di dollari e da 4 mila donne che in Sympathy for the Devil canta: «Sono un uomo ricco e di buon gusto». Il figlio di un insegnante di ginnastica e di una parrucchiera, capace di conquistare Uma Thurman, una Madonna giovanissima groupie e di rubare all’amico Eric Clapton Carla Bruni, che giurava: «Sarò tua per sempre» (Nicholas Sarkozy non ha ancora smesso di essere geloso). Colpa di quell’ormone impazzito che lo spinse a esperienze (confessate) anche con i compagni di scuola e alle tenerezze (presunte) con David Bowie. «Sin dal primo giorno che l’ho incontrato ho capito che Mick era innamorato di Keith ed è ancora così» spiega Anita Pallenberg, che ha amato sia lui sia Richards. Parole, per una volta senza musica, di Mick Jagger che scorrono nei libri che escono in questi giorni per celebrare mezzo secolo di musica dei Rolling Stones: 64 dischi pubblicati e 250 milioni di album venduti. Dentro ci sono localini che sanno di fumo con il pubblico che si conta sulle dita di una mano e ti fissa negli occhi al primo accordo fuori scala o stadi pieni come formicai dove ogni cosa evapora sotto scariche di rock.
Una sensazione bella quanto strana, voltarsi indietro e sfogliare i 50 anni passati da quel 12 luglio 1962 al Marquee Club di Londra. Quella sera in pochi avrebbero potuto prevedere che il gioco sarebbe durato così a lungo. La storia di due ragazzini compagni di scuola che capiscono molto presto che la musica non bastava ascoltarla, era meglio farsela da soli. «Suonare insieme genera assuefazione» ricorda Keith Richards in Mick Jagger di Christopher Andersen (Sperling &Kupfer) che ha dato voce ad amici, parenti, mogli e amanti del leader degli Stones. Un libro che potrebbe non essere sempre musica per le orecchie del suo protagonista. Tanto sesso, moltissime droghe e grandissimo rock’n’ roll. «L’ho disintossicato dalle droghe, ma le ha rimpiazzate con il sesso» dice Jerry Hall spiegando la sua bisessualità. Nel libro anche il retroscena della sua nomina a baronetto. Un fulmine a ciel sereno per la regina Elisabetta che mai l’aveva tollerato e che prenotò un’operazione al ginocchio pur di non essere presente. Il regista delle celebrazioni fu quindi Tony Blair, grande fan degli Stones, che alla cerimonia ci mancava poco che chiedesse l’autografo. Richards non gradì. Gli disse: «Gli Stones non sono baronetti». Ma Mick quel giorno centrò il sogno di essere accettato nei circoli più esclusivi della società britannica. Tra le pagine anche il Jagger pensiero sulle popstar del nuovo millennio. La stima (sincera) per Beyoncé, «versione moderna di Tina Turner» e per Lady Gaga. La passione non ricambiata per Britney Spears che lei liquidò dandogli della «leggenda con l’età di mio nonno».
Per i 50 anni, gli Stones hanno deciso di raccontarsi per immagini in 50, autobiografia autorizzata (Rizzoli) che esce in tutto il mondo giovedì. Ci sono le foto di quel 4 giugno 1964, mentre ancora ragazzini si aiutano a fare il nodo della cravatta nei camerini di un negozio di Hollywood dove furono spediti a comprare ricambi dopo un’apparizione televisiva al programma di Dean Martin. «Ci presentarono come quei cappelluti vagabondi venuti dall’Inghilterra che si spulciano a vicenda» racconta Keith Richards. C’è un tavolino apparecchiato all’Isola di Man il 13 agosto 1964 con Jagger e soci che bevono tè in un momento più Beatles che Rolling Stones. «Un attimo di civiltà in contrasto con quello che accadeva ai nostri concerti» spiega Charlie Watts. Tra gli scatti più intimi quelli della vacanza «salutista» della band a Villefranche-sur-Mer, aprile 1971. Keith che gioca con il piccolo Marlon. «L’idea originaria non era quella di registrare a casa mia, ma negli studi della zona non sarebbe stato così divertente».
Come dice lo stesso Jagger, sembra di sfogliare quei vecchi album di famiglia dove scopri particolari che non sapevi e ne ricordi altri che avevi rimosso troppo presto. «Sembra ieri» ammette Mick con il minimo della nostalgia. E invece sono suonati 50 anni e la pietra non ha smesso di rotolare. «Io vivo nel presente, senza mai pensare perché tutto è accaduto così velocemente, perché per me, sta ancora accadendo».
Stefano Landi