Fabrizio Massaro, Corriere della Sera 09/07/2012, 9 luglio 2012
VIA I SUPERBONUS (NON I BANCHIERI). IL DILEMMA DEL GOVERNO INGLESE —
Nonostante lo scandalo della manipolazione del tasso Libor che ha travolto il colosso inglese Barclays con una multa da 450 milioni di sterline e ha portato alle dimissioni del numero uno Bob Diamond per le pressioni del governo britannico, Londra deve comunque difendere il cuore della sua industria bancaria, la City. La Gran Bretagna non può rischiare di indebolire la capitale delle operazioni finanziarie d’Europa. Così il governo da un lato, con il segretario all’Industria e commercio Vince Cable, preme su Barclays perché tagli la mega-liquidazione da 17 milioni di sterline per Diamond; dall’altro, con il Cancelliere dello Scacchiere George Osborne, cerca di tamponare una possibile (o minacciata) fuga dei banchieri per la stretta sugli stipendi proposta dal Parlamento Ue.
Domani all’Ecofin Osborne — secondo quanto riferisce la stampa inglese — potrebbe opporsi a una rigida nuova regolamentazione delle retribuzioni dei top banker, in quanto questo potrebbe provocare una migrazione delle operazioni più importanti — e degli stessi banchieri — verso Hong Kong o New York. La soluzione in discussione al Parlamento europeo è stabilire un rapporto di 1 a 1 tra stipendio fisso e bonus, in modo da non invogliare i manager ad assumere rischi enormi solo perché ben remunerati. Ma secondo le lobby britanniche delle banche è una norma facile da aggirare, visto che i banchieri chiederebbero un aumento della parte fissa dello stipendio. Questo però comporterebbe maggiori costi fissi per le banche in un momento di crisi: insomma, non si danneggerebbero i manager ma gli azionisti. Dunque Osborne si opporrebbe non al merito della proposta ma al metodo: non si tratterebbe di difendere i compensi stellari dei banchieri quanto di discutere i modi migliori per fissare un tetto.
Per gli inglesi sarebbe meglio limitare i bonus in denaro, posticipare quelli pagati in azioni e prevedere meccanismi di restituzione. Ma difendere i banchieri, in questa fase, è quanto mai impopolare e rischioso, se si guarda alla vicenda Barclays. Non per caso ieri il ministro Cable ha invitato i vertici del colosso bancario a tagliare la buonuscita a Diamond: «Non c’è nulla che il governo possa fare direttamente per questo ma sarei molto sorpreso se il consiglio di amministrazione consentisse questo nuovo scandalo». I vertici della banca starebbero cercando di convincere Diamond ad accettare volontariamente una riduzione della liquidazione ma potrebbero trovarsi con le mani legate: il contratto prevederebbe clausole stringenti, i famosi «paracadute d’oro» che negli anni hanno protetto i banchieri da uscite rovinose in seguito a gestioni negative. Cable ha inoltre appoggiato l’idea ventilata dal leader laburista Ed Miliband che le cinque banche maggiori — Barclays, Lloys, Hsbc, Rbs e Santander — vendano mille filiali per dar vita a nuove banche concorrenti. Ma c’è un’altra fuga che lo scandalo delle banche sta provocando: quella dei clienti. Secondo l’organizzazione Move Your Money, da inizio anno quasi in mezzo milione hanno lasciato le grandi banche a favore di realtà più piccole e ritenute «più etiche» come Charity bank, Ecology bank o Co-operative bank.
Fabrizio Massaro