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 2012  luglio 09 Lunedì calendario

FINITI LA STRADA E L’ORATORIO, QUESTO E’ IL PROBLEMA

Credo che il caso Verratti sia stato letto alla rovescia. Non è una dimostrazione della crisi del calcio italiano, è la dimostrazione della crisi del calcio francese. L’opulenza a senso unico spesso crea più problemi di una buona povertà comune. L’Italia ha molte altre ragioni per essere in difficoltà, ma non questa.
Verratti è un ragazzo di 19 anni che ha giocato finora in B ed è stato allenato da Zeman, cioè da un tecnico che tende a evidenziare i pregi dei giovani, molto più che i limiti. Se questo ragazzo eccellente ma ancora soltanto probabile, viene valutato da un singolo acquirente come un grande giocatore affermato, cosa dovrebbe fare il calcio italiano per difendersi dall’accusa di essere in crisi, pagarlo ancora di più? È pericoloso trarre una legge da un eccesso. L’eccesso è il Paris Saint-Germain, non siamo noi. L’errore è la facilità con cui spende i suoi soldi Leonardo. Divertirà il suo pubblico, ma renderà un deserto l’intero calcio francese. L’anno scorso il Montpellier, che ha vinto il campionato, ha speso per tutto il mercato due milioni e mezzo, un sesto di quanto costerà Verratti al Psg, quattordici volte meno di quanto è stato pagato Lavezzi.
Il problema del nostro calcio giovanile non è che i migliori vanno all’estero. Magari ne andassero cento, avremmo cento possibilità in più di costruire buon calcio. Né che si tardi a farli debuttare. Una buona squadra non si vede in base all’età, ma dal rendimento dei giocatori. E un 27enne gioca quasi sempre meglio di un 20enne.
Il problema dei nostri giovani è che li imbalsamiamo fin da bambini perché sono diventati il vero affare del calcio. Lo scandalo è che un bambino, in Italia, per giocare a pallone, può soltanto pagare. O va in una scuola calcio o non gioca. Centinaia di migliaia di ragazzi militarizzati, spesso sovrappeso, in tute e magliette autofinanziate, condannati a giocare secondo i comandamenti dei grandi. Finita la strada, l’oratorio, finito l’estro individuale, finita la coscienza critica, la selezione naturale, finita la libertà di correre dietro un pallone perché a otto anni c’è già chi ti chiede, t’impone, di uniformarti.
Il problema del calcio dei giovani in Italia è questa melassa con cui si dà in pasto ai genitori l’illusione che i loro figli possano essere campioni semplicemente perché (pagando) giocano. E la terribile forza, insopportabile, con cui i genitori vi si dedicano, convinti che il calcio non sia il divertimento del bambino oggi, ma il loro prossimo mestiere.
Cosa resta della qualità individuale in questo mondo dove si paga per giocare tutti gli stessi minuti, straordinario socialismo del niente, e dove alla fine non vince nessuno perché l’agonismo non è etico? Il calcio italiano non pensa ai giovani, non ne ha il tempo. Sono incidenti di percorso, distrazioni, tornino quando saranno grandi. Il calcio ha un sacco di altri problemi. Nel frattempo paghino.
È un mondo dove Roberto Baggio, due anni fa è stato eletto presidente del settore tecnico e due anni dopo diventa allenatore di prima categoria, cioè si costruisce un mestiere, in fondo a un corso indetto dal suo stesso settore tecnico. Tanto lui non è più un bambino.
Mario Sconcerti