MARCO ALFIERI, La Stampa 9/7/2012, 9 luglio 2012
A Prato dove i cinesi si fanno italiani - Voi pratesi parlate parlate. Ma fare?». La stoccata della console cinese Zhou Yunqi «mi è ronzata in testa per settimane: ho pensato cosa si potesse fare di concreto»
A Prato dove i cinesi si fanno italiani - Voi pratesi parlate parlate. Ma fare?». La stoccata della console cinese Zhou Yunqi «mi è ronzata in testa per settimane: ho pensato cosa si potesse fare di concreto». Finchè ci siamo inventati con il collega Wang Li Ping un circolo di studio sull’applicazione della normativa sul lavoro. L’integrazione parte dal basso…», racconta Anselmo Potenza, artigiano impiantista, presidente della Cna di Prato. Il signor Anselmo è al lavoro nel suo capannoncino di via Zipoli anche di domenica mattina. Deve recuperare le ore dedicate all’assemblea di sabato, ormai famosa per la promozione dello stesso Wang, proprietario di un’azienda di filati, a vicepresidente della locale Cna. La prima volta di un imprenditore cinese. Dalla finestra del capannone s’intravede via Pistoiese, coi vecchi isolati dismessi dai nostri tessitori occupati dai cinesi. Sono spuntati ristoranti, market, bar, centri massaggi, parrucchieri, oreficerie e soprattutto laboratori di produzione conto terzi e confezioni dove si sfornano a getto continuo un milione di abiti/giorno, trendy e iper economici: magliette a 3 euro, camicette e jeans a 6. I cinesi di Prato controllano tutta la filiera (import di tessuto, taglio, cucitura, rifinizione degli abiti, tintura e vendita), grazie anche al nero e allo sfruttamento che si proietta da questi anfratti. Ma la scelta coraggiosa della Cna non è uno spot etnico. «Già anni fa abbiamo avuto una vice presidente marocchina», continua Potenza. «Abbiamo quasi 3mila aziende associate di cui, da aprile, una cinquantina cinesi». Wang Li Ping, 54 anni, a Prato da 22, è il capofila di questo progetto. Al ristorante dove lo incontriamo arriva trafelato dall’Outlet di Incisa, dove ha portato la moglie a fare shopping di griffe italiane. Coi cinesi è decisiva la fiducia. «Valgono più 2 ore di attività di Wang per la legalità di 10 blitz anti clandestini», prosegue il presidente. Tanto i proprietari delle aziende sequestrate rompono i sigilli, portano via le macchine e riaprono da un’altra parte. «Invece tutti insieme, imprenditori cinesi e Cna, stiamo avviando un percorso di emersione», racconta Wang. «Le leggi vanno rispettate, i cinesi vanno regolarizzati, ma ci vuole bastone e carota…» Qualche risultato comincia a vedersi: «su 15 aziende associate controllate dalla Finanza 13 sono risultate in regola», dice orgoglioso Wang. Alcuni imprenditori cominciano a comprare il filato dai pratesi, altri chiedono di partecipare al piano di riqualificazione del Pronto moda al Macrolotto. In più Wang sta mettendo insieme un raggruppamento delle categorie merceologiche che farà consulenza alla comunità su tasse, leggi e burocrazia. Prossimo obbiettivo: «associare altre 150 aziende cinesi». In questo modo i due distretti paralleli, quello storico italiano legato al tessuto e quello cinese delle confezioni, cominciano timidamente ad annusarsi. Claudio Bettazzi, vice presidente con delega sulla legalità, titolare di un laboratorio per filati da guglieria, lavora gomito a gomito con Wang. Sua moglie è impiegata nell’azienda cinese 2008 Bottoni. «E poi guardate la foto, anche il mio bimbo ha amici cinesi…», mostra orgoglioso. Non solo lui o i 15enni con passaporto italiano. L’altra sera ad una sagra a Maliseti in pista a ballare c’erano alcune coppie miste. Piccole integrazioni crescono. Anche i capannoni cambiano. Nella zona del Macrolotto, il quartier generale dei Pronto moda dove arrivano ambulanti, grossisti e commercianti da mezza Europa (il 70% dei 2 miliardi di giro d’affari viene esportato), cominciano a spuntare strutture più nuove e funzionali. «Ovviamente le 4mila imprese cinesi non si salveranno tutte, però gli si offre un percorso di regolarizzazione», ragiona Potenza. «Solo così capiranno che pagare le tasse e rispettare la legalità è il modo migliore per valorizzare il talento imprenditoriale». In una città di 190 mila abitanti con 40mila cinesi restano problemi sociali e di concorrenza sleale enormi. Intorno alla sfida della Cna montano scetticismi e diffidenze. Ma persino in Confindustria, bastione del capitalismo locale spiazzato dall’invasione cinese, sta cambiando il clima. Il presidente uscente Riccardo Marini, nel discorso di fine mandato, si è rammaricato di non aver attivato rapporti con la comunità. Nella stessa giunta Pdl guidata dal sindaco Cenni il giovane assessore all’integrazione, Giorgio Silli, è diverso dal collega “sceriffo”, Aldo Milone. Nel frattempo cominciano a intuirsi i vantaggi commerciali di una presenza del genere. «Solo noi possiamo fare ponte sulla Cina per i prodotti delle Pmi», assicura Wang. Lo stesso sul turismo: a Prato arrivano parenti cinesi facoltosi che comprano agli Outlet, gustano il buon vino, alloggiano negli alberghi della zona. Il rapporto va consolidato. «Ripeto, non siamo dei francescani - sorride Potenza -, ma solo così si sviluppano occasioni di business…».