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 2012  luglio 09 Lunedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA. BRUXELLES E MONTI DOPO BRUXELLES


REPUBBLICA.IT
BRUXELLES - "Ho sempre escluso, ed escludo anche oggi, di considerare un’esperienza di governo che vada oltre la scadenza naturale del governo che ho l’onore di presiedere". Alla fine dell’Ecofin Mario Monti chiude alle possibilità di considerare una prosecuzione della sua esperienza politica. Parole che fanno eco alle ultime dichiarazioni di Napolitano 1, ha ribadito che anche chi verrà dopo di lui continuerà il lavoro fatto finora, nell’ottica di "una collaborazione efficace tra le istituzioni europee e dell’urgenza di una vigilanza bancaria unificata", perchè "ciò che accadrà dopo voto peserà comunque su mercati".
Monti ha anche precisato che la difficoltà con lo spread dipende sostanzialmente da una "cacofonia post-vertice". "Il fatto è che - ha detto - se dopo una decisione presa a 27 c’è poi chi (un capo governo o altri membri dello stesso) fa dichiarazioni che riducono la portata di quell’accordo politico preso ad altissimo livello, allora si rende evidente la fitta selva di questioni ostative che si frappongono tra l’accordo e la sua realizzazione. Lo spread non è una torta amara che si possa ripartire a fette e che possa essere attribuita a una dichiarazione, a una incertezza, a un ritardo nell’adottare una misura".
Secondo il
premier, per uscire da questa situazione di stallo è importante dare un segnale immediato ai cittadini e ai mercati. La volontà deve innazitutto essere quella di fare "tutto quel che è necessario per salvaguardare la moneta unica e far progredire il progetto politico europeo". Un processo che condurrà al traguardo di una vera e propria unione economica e monetaria. "E il fatto che i presidenti delle quattro istituzioni europee si siano mobilitati - ha detto - è di per sé un importante segnale per i cittadini e i mercati in questo senso. In fondo - ha aggiunto - più si va a fondo per risolvere problemi immediati e gravi, più si vede che è difficile farlo senza muovere passi verso l’integrazione politica".
Proprio nell’ottica di una maggiore e sempre più efficace integrazione politica ed economica, una delle misure secondo Monti più urgenti da adottare è l’unione finanziaria con una autorità di vigilanza che operi sulle banche, riferendosi in particolare a quegli istituti che vigilano su più Paesi e hanno un’importanza sistemica per l’Europa. "Del resto - ha aggiunto - la crisi che attraversiamo ha evidenziato una vulnerabilità delle banche, i rischi di contagio tra istituti e gli effetti negativi che questi possono avere per i depositanti, le imprese e, quindi, l’intera economia".
Altra questione importante sottolineata dal premier è la necessità dell’emissione di titoli comuni. "L’Italia potrebbe dare sostegno a due emendamenti - ha detto - per imporre un’informativa dettagliata sugli investimenti pubblici produttivi e l’architettura di una vera unione economica e monetaria in cui sia possibile discutere di emissioni in comune di titoli del debito pubblico". Secondo il sistema ipotizzato da Monti, inoltre, i paesi "virtuosi" potranno chiedere l’intervento del meccanismo anti-spread firmando un memorandum d’intesa leggero, "non un memorandum plus come quello dei Paesi sotto assistenza, che sono soggetti alla Troika".
Per quanto riguarda l’Italia, invece, il premier sottolinea che molto probabilmente non avremo bisogno di aiuti, per quanto sia impossibile stabilirlo fin d’ora: "Sarebbe ardito dire l’Italia non avrà mai bisogno di questo o di quel fondo. Il principio della prudenza induce a non dirlo; ma io confermo il senso e lo spirito con cui l’ho affermato l’altro giorno. Confido ancora che il nostro Paese, essendosi messo sulla dura ma largamente condivisa strada dei conti in ordine, non si appresti a ricevere interventi come quelli stanziati per Grecia o Irlanda. Può avere semmai interesse a un intervento che consenta il sostegno temporaneo di titoli emessi a scopo di contenimento delle fluttuazioni degli spread".
(10 luglio 2012)

REPUBBLICA.IT - QUELLO CHE DICE IL FMI
MILANO - Le autorità italiane "hanno avviato un’agenda ambiziosa per garantire sostenibilità e promuovere la crescita", ma nonostante questi sforzi "l’Italia rimane vulnerabile al contagio della crisi dell’Eurozona, con conseguenze di un impatto sulla regione e a livello globale". E’ quanto si legge nel rapporto conclusivo della missione articolo IV condotta dal Fondo monetario internazionale in Italia. Per garantire stabilità e crescita, dice l’istituto di Washington, "bisogna non solo mantenere lo slancio delle riforme, ma fare progressi a livello europeo sul rafforzamento dell’unione valutaria".
Le prospettive. Il quandro dipinto dal Fmi non è certo rassicurante perché l’economia italiana dovrebbe "continuare a contrarsi nel corso dell’anno a causa di un inasprimento delle condizioni finanziarie, del rallentamento globale e del necessario consolidamento fiscale". In assenza di shock, "la ripresa prenderà piede all’inizio del 2013", grazie soprattutto a una modesta accelerazione delle esportazioni. L’inflazione crescerà in modo "solo graduale", dal momento che l’impatto della domanda debole è in parte bilanciato da un aumento delle tasse indirette. "Il rischio è comunque quello di una frenata, a causa di un intensificarsi della crisi dell’Eurozona". E, come se non bastasse, nel medio termine "un trend lento sulla produttività e l’invecchiamento della popolazione probabilmente limiteranno le prospettive di crescita dell’italia".
Il bilancio. Entrando nel dettaglio dei conti del Tesoro, il Fmi rileva che il deficit italiano si è ridotto dal 4,5% del Pil nel 2010 al 3,9% nel 2011, "in linea con gli obiettivi del governo" e dovrebbe continuare a calare al 2,6% del Pil quest’anno e all’1,5% l’anno prossimo. Le stime del governo sono di un disavanzo all’1,7% quest’anno e allo 0,5% il prossimo mentre la commissione Ue prevede rispettivamente 2% e 1,1%. Il Pil reale dovrebbe contrarsi dell’1,9% quest’anno e dello 0,3% l’anno prossimo, mentre i prezzi al consumo, quindi l’inflazione, dovrebbero attestarsi al 3% quest’anno e al 2,1% nel 2013. Il tasso di disoccupazione, dopo l’8,4% del 2011, dovrebbe salire al 10,3% nel 2012 e all’11,1% l’anno prossimo. Il debito, che si è attestato al 120,1% del Pil nel 2011, dovrebbe passare al 125,8% nel 2012 e al 126,4% nel 2013. L’avanzo primario - si legge nel rapporto - dovrebbe salire oltre il 4% entro il 2013: secondo il Fmi dovrebbe passare dal 3% del pil nel 2012 al 4,2% nel 2013.
Il governo. Gli economisti di Washington sottolineano che da un punto di vista politico e parlamentare il governo Monti ha goduto di "ampia approvazione", fatto che ha contribuito all’approvazione di "riforme significative e importanti", che dovranno continuare a essere applicate. Tuttavia, se il sostegno nei confronti del governo tecnico dovesse calare le riforme potrebbero subire una battuta d’arresto, ma "il sostegno pubblico c’è ed è importante che resti", è stato detto, sottolineando che "il processo di riforma non si può concludere in una settimana o in un mese, ci vuole tempo". Nella prima fase del governo Monti, sono stati fatti passi "molto ampi e coraggiosi", poi è partito il processo di consultazioni per mettere in atto le riforme, un processo che "deve continuare in modo rapido e spedito".
Riforme. In Italia sono necessarie "riforme strutturali organiche per sostenere la produttività e la partecipazione", mentre la riforma del mercato del lavoro, "volta a rendere il settore più inclusivo e flessibile", dovrebbe contribuire a "colmare il divario tra lavoratori a tempo indeterminato e temporanei". In questo senso "saranno necessarie ulteriori azioni", anche per "aumentare la partecipazione femminile e meglio allineare salari e produttività". Bene, inoltre, il pacchetto di tagli delle spese recentemente approvato, "un passo nella giusta direzione". Il Fmi attende comunque "un rapido seguito all’attuale spending review per contribuire a ridurre il livello generale di spesa del governo e migliorarne la qualità".
Spread. L’andamento dello spread tra i bond italiani e quelli tedeschi è stato "determinato da fattori riconducibili all’Eurozona e alla situazione italiana" ed è quindi importante una riduzione delle "vulnerabilità specifiche del paese e delle fragilità dell’Eurozona per contenere rischi e la possibilità di contagio". La crisi debitoria "ha avuto un impatto sulle banche, le condizioni del credito e, soprattutto per le aziende, la situazione si è fatta più difficile", dice l’istituto di Washington, sottolineando che prima della crisi gli spread italiani "si sono mossi in linea con quelli di altri Paesi dell’Eurozona", ma da luglio 2011 in poi "la pressione sui bond italiani è cresciuta in modo significativo". Secondo il Fmi, "l’alto debito pubblico italiano amplifica l’impatto di shock comuni", motivo per cui l’impatto sui movimenti quotidiani dei titoli decennali è "considerevole".
Banche. E così la crisi finanziaria "ha messo le banche sotto stress", il rating di vari istituti italiani "che continuano ad avere outlook negativo" è già stato tagliato alla fine del 2011. Complice un aumento dei costi di finanziamento, "hanno fatto affidamento sul sostegno dell’euro-sistema", ma hanno anche fatto "progressi nel rafforzare la propria situazione patrimoniale e aumentato il livello di capitali privati per raggiungere gli obiettivi" fissati con l’autorità bancaria europea. Il Fmi sottolinea tuttavia che "l’esposizione al debito sovrano è aumentata", mentre costi di finanziamento più alti e standard più severi, soprattutto per le piccole imprese, "hanno fatto alzare i tassi corporate di credito".

REPUBBLICA.IT - LE DICHIARAZIONI DI NAPOLITANO
LUBIANA - La prospettiva di una imminente riforma elettorale con conseguente ritorno alle urne dell’Italia non deve intimorire l’Europa, nè tanto meno i mercati. Anzi: ora più che mai è necessario dare ai mercati l’immagine di un Paese in cui le forze politiche e quelle sociali hanno comune consapevolezza e senso di responsabilità, per guadagnare in termini di fiducia anche a livello internazionale. La situazione politica ed economica italiana è "ampiamente condizionata dallo spread" e proprio per questo il Paese continuerà, attraverso i partiti, "a dare un conseguente sviluppo a politiche di maggiore integrazione, contro il debito e per la crescita, anche dopo le elezioni del 2013". Questo il succo delle ultime dichiarazioni del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in visita di Stato per due giorni in Slovenia.
Dopo la lettera di ieri a Fini e Schifani sulla necessità di un’imminente riforma elettorale, il Capo dello Stato torna dunque sulla questione e sui suoi possibili sviluppi futuri, rassicurando l’Europa. L’Italia, indipendentemente dai contrasti interni fra i partiti, dalle riforme che la aspettano e dalla futura compagine governativa, non ha intenzione di abbassare il tiro sul fronte delle politiche anticrisi.
"La politica italiana - ha detto - è un’entità un pò complicata. Se parliamo di partiti, in questo momento vediamo che tre di quelli più importanti convergono sul sostegno alle politiche del Governo Monti,
con distinguo e riserve ma anche con contributi propositivi; mentre altre forze sono su linee completamente diverse". E si è quindi detto convinto che i partiti, qualunque sarà l’esito del voto, proseguiranno sui tre pilastri fondamentali delle politiche dell’attuale esecutivo: integrazione europea, risanamento e crescita.
"Più di questo non vedo cosa si possa chiedere. Ciascuna forza politica ha poi le sue strategie e le sue tattiche". Ma l’importante, per Napolitano, è "dare ai mercati l’immagine di un Paese in cui le forze politiche e quelle sociali hanno comune consapevolezza e senso di responsabilità. Più lo faremo, più guadagneremo in termini di fiducia anche da parte dei mercati".
Al termine di un colloquio con il presidente sloveno Danilo Turk, Napolitano si è detto consapevole del fatto che la situazione politica ed economica dell’Italia è "ampiamente condizionata dallo spread", ma ha anche sottolineato che la moneta unica rimane "una grande e irrinunciabile conquista della costruzione europea", ribadendo quanto la situazione politica ed economica sia delicata per l’Italia e quanto quindi sia necessario un impegno anticrisi costante, ora più che mai. "Quando si parla di spread - ha detto - si parla di qualcosa che può avere ricadute concrete, con cui dobbiamo fare i conti. Il prossimo anno dovremo sborsare miliardi e miliardi di euro in più per pagare gli interessi. Sarà più facile per i Paesi con rendimenti al momento anche sotto l’1% rispetto all’Italia, che invece va oltre il 6%". In questo quadro altamente condizionato dallo sviluppo degli avvenimenti, il Presidente ha anche garantito che l’Italia farà "di tutto perché l’impegno verso la minoranza slovena in Italia sia preservato come necessario e indispensabile".

REPUBBLICA.IT - CONCLUSIONI DELL’EUROGRUPPO
Abbiamo raggiunto un accordo su un memorandum of understanding sulle condizioni del settore finanziario in Spagna e abbiamo discusso i parametri chiave del Financial assistant facility agreement". Si è conclusa dopo otto ore di discussioni la riunione dell’Eurogruppo a Bruxelles: confermate le conclusioni del vertice dell’Eurozona del 28-29 giugno sia sul cosiddetto scudo anti-spread che sulla ricapitalizzazione ’diretta’ delle banche in crisi attraverso le risorse del futuro Fondo salva-Stati permanente. Tra le decisioni più importanti, come annuncia Jean Claude Juncker, a capo dei ministri finanziari dell’Eurozona, quelle per la Spagna: previsti aiuti alle banche e la concessione di un anno in più per raggiungere l’obiettivo di riduzione del deficit al 3% del Pil (nel 2014 invece che 2013)

CORRIERE.IT - OFFEDDU SULLE CONCLUSIONI DELL’EUROGRUPPO
BRUXELLES - Alla fine, un risultato importante è stato ottenuto: l’Eurogruppo, il vertice dei ministri finanziari della zona euro, ha stabilito che la Spagna in difficoltà per le sue banche riceverà un primo versamento di 30 miliardi di euro, entro la fine di luglio. Questo prestito servirà appunto a ricapitalizzare le banche spagnole più oberate dal debito e dalle conseguenze delle vecchie "bolle immobiliari". Si tratta di un “accordo politico”, così è stato spiegato a Bruxelles, legato a un “progetto di memorandum”: cioè a condizioni scritte ben precise, ma certo non schiaccianti come quelle già imposte alla Grecia. L’Eurogruppo ha concordato inoltre di concedere alla Spagna un anno in più per riportare il proprio deficit sotto la soglia del 3%. E la durata del prestito potrà prolungarsi fino ai 15 anni.
IL SEGNALE ATTESO - Per Madrid è una boccata d’aria decisiva. Ed è soprattutto il segnale che l’Eurozona non si volta dall’altra parte, è decisa ad agire. I 30 miliardi non saranno naturalmente la soluzione definitiva del problema, che verrà riesaminato nell’altro Eurogruppo già fissato per il 20 luglio, e ancora a settembre. Ma questo dev’essere, ed è, il tappo dell’emergenza, il rimedio anti-panico per evitare che il contagio finanziario già arrivato alla Grecia, e a Cipro, possa raggiungere anche Madrid. Come l’Italia, anche la Spagna è troppo grande perché l’Eurozona possa permettersi di perderla.
IL RUOLO DELLA BCE - Un’altra decisione importante è stata presa nella notte dai ministri dell’Eurogruppo: è stata resa operativa l’intesa di fine giugno che prevede che la Bce sia l’agente del fondo salva Stati Efsf-Esm per l’acquisto dei bond sul mercato secondario, in funzione anti-spread. Un nuovo sì alla linea dell’Italia, approvata nell’ultimo vertice dei capi di governo e rimessa in discussione nei giorni successivi da alcuni Paesi nordici. «L’accordo va nella direzione auspicata dall’Italia», avevano riferito fonti italiane, poco dopo che il presidente del Consiglio aveva lasciato in anticipo la riunione.
10 luglio 2012 | 10:40