Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Al Qaeda vuole colpire il Mondiale in Sudafrica, dice di aver preso di mira soprattutto Stati Uniti e Inghilterra, ma anche Germania, Francia e Italia, in pratica le nazionali dei Paesi che sono impegnati in Medio Oriente con i loro soldati.
• Come hanno comunicato queste loro intenzioni?
L’Aqmi, il braccio armato di al Qaeda in Nord Africa, ha pubblicato un messaggio sul sito integralista Mushtaqun Lel Jannah (Desiderio del Paradiso). La rete televisiva Cbs l’ha ripreso e rilanciato. I qaedisti dicono a un certo punto: «Che sorpresa sarà quando in un incontro tra Stati Uniti e Inghilterra, trasmesso in diretta, si sentirà in uno stadio pieno di spettatori il rumore di un’esplosione e ci saranno decine o centinaia di cadaveri». Nella parte che ci riguarda, siamo accomunati a francesi e tedeschi. «Queste nazioni fanno parte di una campagna crociato-sionista contro l’Islam».
• C’è da preoccuparsi o no?
Il nostro ministro degli Esteri, Franco Frattini, non si sbilancia, e nella sua dichiarazione di ieri dice che non sarebbe tollerabile una nuova Monaco, ricorda che in questi mondiali l’Africa cerca un’occasione di riscatto e infine che il mondo guarda allo sport «come al campo della pace e della conciliazione», il campo di quelli «che si battono per la democrazia e le libertà». Il presidente del Coni, Gianni Petrucci, aggiunge che non c’è da preoccuparsi, «queste minacce ci sono sempre state». Il capo della polizia italiana, Antonio Manganelli, è sicuro dei sistemi di sicurezza adottati: «Le linee di cooperazione internazionale con le polizie degli altri Stati sono al massimo livello e ciò ci permette di star tranquilli. Metteremo in campo le nostre migliori energie per garantire la sicurezza della nostra nazionale di calcio, predisponendo adeguati e specifici servizi per contrastare la minaccia terroristica, operando in constante contatto con la polizia sudafricana».
• In che consistono poi queste misure di sicurezza?
Non ce le vengono a dire, evidentemente, altrimenti sarebbero misure assai meno sicure. Sappiamo sostanzialmente tre cose: da molti anni i servizi di tutto il mondo si sono organizzati per tutelare le grandi manifestazioni planetarie e in particolare i mondiali di calcio; ogni squadra ha un servizio di sicurezza proprio che si coordina col servizio di sicurezza locale; sul posto sono stati stabiliti percorsi rigidi sia per i movimenti dei team che per le eventuali passeggiate dei singoli campioni. Uscire da questi percorsi predefiniti significa correre un rischio serio.
• Ma al Qaeda è ancora abbastanza forte, può ancora imbarcarsi in qualche operazione spettacolare?
Il gruppo più forte e determinato sta in Somalia, si chiama al-Shabaab, è quello che ha fatto saltare il pullman del Togo nella Coppa d’Africa. Ha già fatto sapere di avere nel mirino la partita Stati Uniti-Inghilterra, esordio del gruppo C, stadio di Rustenburg, il prossimo 12 giugno. I servizi sono all’opera. Nella nota rilanciata dalla Cbs si ricordano parecchie imprese recenti dei martiri di Allah, la strage di agenti Cia in una base afghana, il fallito attentato sul volo per Detroit la notte dell’ultimo Natale, l’impresa di far passare – in quell’occasione – mezzo etto di esplosivo attraverso decine di controlli. «Al Qaeda sarà presente alle partite, a Dio piacendo». C’è poi che il Sudafrica è un paese con problemi, ci sono cinque milioni di clandestini, e la settimana scorsa è stato ammazzato un estremista bianco (afrikaaner), di nome Eugene Terreblanche, episodio che ha dato il via a una serie di allarmi relativi proprio ai mondiali. In tutto questo, elementi di debolezza di al Qaeda esistono.
• Quali sarebbero?
Si tratta soprattutto di debolezza finanziaria. Il terrorismo in grande stile, specie se coordinato da una centrale, è costoso. Al tempo dell’11 settembre Osama lavorava con un budget di 300 milioni di dollari. La reazione occidentale – blocco dei conti, sorveglianza stretta sulle rimesse, eccetera – ridusse drasticamente queste risorse . Nel 2004, i fondi complessivi dei terroristi islamici non ammontavano che a cinque milioni. Nel frattempo l’al Qaeda di Osama aveva perso centralità, il movimento s’era frantumato in tante mini-cellule, con ambizioni più o meno locali. Questo ha ulteriormente ridotto il flusso dei finanziamenti. La Cia dice che l’attacco alle Torri richiese un investimento di mezzo milione di dollari. Oggi, non si riescono a concepire azioni che costino più di 5-6 mila dollari. C’è però sempre la risorsa dei martiri, le cui azioni, in definitiva, non sono troppo dispendiose. In Sudafrica arriverebbero migliaia di martiri? I sudafricani giurano che le frontiere saranno sorvegliatissime. Con un po’ di batticuore, forse possiamo star tranquilli. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 10/4/2010]
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