Ugo Tramballi, Il Sole-24 Ore 10/4/2010;, 10 aprile 2010
SULLE ARMI TATTICHE UN DIBATTITO STRATEGICO
Ci sono le atomiche strategiche: quelle della valigetta con i codici di accesso, della guerra fredda e di tutta la sua narrativa letteraria e cinematografica, dall’ Ultima spiaggia al Dottor Stranamore.
E ci sono le armi nucleari tattiche, un tempo famose come euromissili: non così spaventose da farci un film ma abbastanza potenti per fare deserto di un continente piccolo come il nostro. Armi di una certa importanza soprattutto perché noi in Italia e in alcuni altri Paesi europei le abbiamo in casa. Ci siamo seduti sopra.
Quello che fin ora ha fatto Barack Obamasul disarmo nucleare vale da solo il Nobel già incassato a prescindere. Il presidente ha riposto la questione all’ordine del giorno dell’agenda internazionale, dopo che il suo predecessore aveva invece rimesso l’arma nucleare al centro della sicurezza nazionale americana. Ha spinto il consiglio di sicurezza Onu a sottoscrivere la sua suggestione di «un mondo liberato dalle armi nucleari». La questione iraniana è più che aperta. Intanto però, Obama ha rimesso in moto il meccanismo negoziale sul disarmo con la Russia: in fondo il 95% delle armi nucleari nel mondo sono americane e russe.
Il severo Bulletin of the Atomic Scientists due mesi fa aveva deciso di spostare indietro di un minuto il suo "Orologio del giorno del giudizio":una specie di barometro sul rischio di autodistruzione dell’umanità. Ora siamo passati da cinque a sei minuti alla mezzanotte nucleare. Non è molto ma è incoraggiante. Il punto più basso, due minuti, l’avevamo toccato nel 1953 quando gli Usa avevano deciso di costruire la bomba all’idrogeno. Quello più eccitante, 17 minuti, nel ’91 quando fu dichiarata la fine della guerra fredda.
L’accordo Start sulla limitazione delle armi strategiche, appena firmato, ignora però le tattiche. Quelle che, a seconda della loro potenza, possono distruggere una città, un esercito nemico o solo una montagna. In un certo senso armi obsolete, data la potenza degli esplosivi convenzionali di oggi. Ma se c’è una bomba che la rete di al-Qaida sogna di avere o può tentare di imitare - la "dirty bomb" - quella è la tattica. Se la strategica è sempre stata un affare fra Usa e Urss, la tattica era l’ombrello sotto il quale le due superpotenze garantivano gli alleati europei e asiatici: una specie di prodotto da esportazione dell’equilibrio del terrore che per 50 anni aveva assicurato la pace lungo la cortina di ferro. Dalla fine della guerra fredda americani e russi hanno silenziosamente ridotto i loro arsenali: di due terzi i primi; solo della metà i secondi, ritenendo che le tattiche equilibrassero il declino quantitativo e qualitativo delle armi convenzionali sovietiche. Tutte le testate russe sono state spostate dagli ex paesi satelliti nella Russia europea. Quelle americane sono in Belgio, Germania, Italia, Olandae Turchia. Circa 2000 le russe; 500 le americane, 200 delle quali nel vecchio continente. Un buon numero delle quali nelle basi di Aviano e Ghedi.
Ma se militarmente le tattiche sono armi obsolete, politicamente continuano a svolgere il ruolo del buon alleato. Una trattativa sulla riduzione e l’eliminazione delle armi tattiche sarebbe facile. Ma non avviene. Perché i russi dicono di essere pronti ad avviarla solo se gli Usa ridispiegano le loro sul territorio americano. E se questo diventasse un’ipotesi plausibile, nella Nato si aprirebbe un dibattito corrosivo sulla questione dell’ombrello nucleare: una ragion d’essere dell’Alleanza atlantica. In realtà fra i paesi che hanno le armi tattiche americane, il dibattito è già incominciato. Belgi, olandesi e tedeschi sono pronti a farne a meno. I turchi no: hanno l’Iran alle porte e se venisse meno l’ombrello americano si sentirebbero autorizzati a sviluppare la loro arma nucleare. L’Italia è l’unica a non dire la sua. «Il governo non ha ancora preso posizione, neppure in vista della Conferenza di riesame del Trattato di non proliferazione» scrive Natalino Ronzitti della Luis, sul sito dell’Istituto Affari Internazionali. «Evidentemente l’Italia non vuole scoprire le carte prima che la questione nucleare sia stata affrontata e decisa con gli alleati. Ma così rischia di rimanere isolata sulla scena e si preclude la possibilità di influenzare il dibattito».
Intanto le armi tattiche invecchiano. La nuova dottrina militare russa non le include in nessuna missione specifica. Una soluzione di compromesso è già scritta: americani e russi potrebbero ritirare gli arsenali sul loro territorio, lontano dalle frontiere. Agli americani basta la costa atlantica, i russi dovrebbero portarle oltre gli Urali. Nonostante la facile soluzione per un’arma che serve sempre meno - ma è pur sempre nucleare - non succede niente. Gli esperti la chiamano «inerzia da guerra fredda».