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 2010  aprile 10 Sabato calendario

GABETTI LASCIA A ELKANN LA GUIDA DELL’ACCOMANDITA

Gianluigi Gabetti lascerà la presidenza della Giovanni Agnelli e C. Sapaz a John Elkann, l’erede dell’Avvocato e già presidente di Exor, vicepresidente di Fiat e vicepresidente vicario dell’accomandita di famiglia, con gli stessi poteri del presidente uscente. Il passaggio delle consegne avverrà nell’assemblea di approvazione del bilancio, a metà maggio.
La decisione di Gabetti era nell’aria da tempo. Ha sorpreso la scelta di annunciarla ieri, in tribunale: «Se non mi fossi trovato coinvolto in un processo come quello odierno in un altro periodo della mia vita non mi sarei certo valso della facoltà di prendere la parola al termine del dibattimento».
Gianluigi Gabetti si siede di fronte ai «suoi» giudici, la voce incrinata dall’emozione. «Mi scuso, se ho scritto ciò che ho da dire, temevo che l’emozione....». E’ una sorta di testamento professionale, sul fare degli 86 anni. Parole meditate: «La celebrazione di questo processo e l’ormai prossima pronunzia della sentenza vengono quasi a coincidere con l’attuazione del proposito, da me maturato da tempo, di lasciare la presidenza della Accomandita Giovanni Agnelli e C. in occasione della prossima scadenza del mandato, e non posso nascondere che questa occasionale coincidenza suscita in me emozioni particolari».
Chiarisce: «Devo dire che pensavo di poter compiere questo passo con la serenità, piena e da nulla turbata, che deriva dalla consapevolezza di avere bene impegnato il mio tempo al servizio delle responsabilità affidatemi da un Gruppo così profondamente legato alla vita di questa città e, in qualche misura, del Paese».
«Posso aggiungere di avere fatto ciò avendo quale unico punto di riferimento la legge. Sarà quindi facile comprendere quanto abbia pesato l’attuale procedimento e come esso sia stato da me sentito quasi come un’ombra diffusa su tutta la mia vita di lavoro».
Le due pagine che Gianluigi Gabetti legge, stringendole nella mano sinistra, racchiudono il senso di un’intera esistenza: «La mia vita professionale ebbe inizio nel 1946 quando fui assunto dalla sede di Torino della Banca Commerciale Italiana. In quegli anni era molto difficile trovare lavoro e quindi afferrai quell’occasione, pur dedicando le nottate alla mia tesi di laurea sul tema ”I rapporti di controllo fra le società per azioni”».
«Un tema evidentemente ricorrente nel corso della mia vita, propostomi dal professor Paolo Greco, mentre la sottotesi mi fu assegnata dal professor Francesco Antolisei: due maestri dai quali imparai a studiare le leggi, a vivere secondo le leggi».
Sembrerebbero persino un gioco amaro con il destino queste parole che preludono all’annuncio di lì a poco del suo ritiro dall’ultima carica societaria: la presidenza della Sapaz. E tuttavia l’uomo di finanza vi antepone, rispetto ad ogni ruolo di potere che possa essergli appartenuto in oltre mezzo secolo, la rivendicazione di aver vissuto e agito nel rispetto delle leggi.
Un imprinting per sé e per quanti hanno lavorato con lui: «Non ho conosciuto una diversa formazione e nel rigore della legge ho costruito la mia carriera».
C’è pure la volontà in lui di marcare certe distanze: «Ho trovato ispirazione in valori ben diversi dal detto ”il fine giustifica i mezzi”, estraneo ai miei principi etici e professionali. Soggiungo di non aver mai avuto alcuna predilezione per prassi ”levantine” affiorate nella requisitoria della pubblica accusa. E’ vero invece che mi sono attenuto scrupolosamente a quei criteri di doverosa riservatezza che impongono iter procedurali ben delineati, solo all’esito dei quali nascono obblighi di comunicazione».
Per il rispetto dovuto alla Magistratura - legge con tono riflessivo - mi sono sempre rifiutato, anche in questo procedimento, di dibattere le nostre ragioni in sedi diverse dalle Aule del Tribunale, non fosse stato per spiegarle e farle comprendere».
Ribadisce nel merito delle accuse: «Per quanto riguarda il mercato, credo che il messaggio emesso su richiesta della Consob (quello del 24 agosto 2005, che gli ha procurato, con l’avvocato Franzo Grande Stevens e Virgilio Marrone l’accusa di aggiotaggio informativo, ndr) abbia attestato, con innegabile chiarezza, il fermo proposito di Ifil di rimanere l’azionista di riferimento di Fiat, nulla omettendo di quanto quel giorno io sapevo, potevo e dovevo dire».
«Messaggio preciso, interpretato nel giusto senso dal mercato, che subito comprese che non ci sarebbe stato più spazio per ”scalate”, e conseguentemente si orientò verso un ribasso delle quotazioni del titolo Fiat, per avvicinarsi infine al prezzo della cessione delle azioni da Exor Group a Ifil, reso noto dal nostro comunicato del 15 settembre».
Il passaggio è in sintonia con il senso delle repliche degli avvocati Cesare Zaccone e Franco Coppi: il comunicato esprimeva la volontà di Ifil di rimanere azionista di riferimento di Fiat, fu l’informazione decisiva (e concordata con i dirigenti Consob) ai fini della non contendibilità del titolo. «Il mercato comprese perfettamente - ha aggiunto Zaccone - tant’è che l’anonimo signore che, attraverso la Sim Bregliano, nei giorni precedenti aveva acquistato il 17 per cento di azioni del Lingotto le cedette nelle successive settimane».
Gianluigi Gabetti ha però da legare questo lungo momento ad un accorato amarcord professionale: «Mi si consenta di ribadire un’ultima volta che ritengo di avere agito nel rispetto della legge, in coerenza con la mia formazione giuridica e con l’insegnamento che ho ricevuto lavorando alla Banca Commerciale Italiana, alla Olivetti e infine nel Gruppo al quale ora appartengo. Regole che ho a mia volta impartito a due generazioni di dirigenti - e sono davvero stati molti - che hanno lavorato con me in tante, diverse, situazioni in vari Paesi. Ho fiducia che essi potranno leggere, nella sentenza che questo tribunale sta per emettere, che non è soltanto giusto e doveroso ma è concretamente possibile lavorare nel rispetto della legge».
«Ecco perché ho approfittato della facoltà concessami dalla legge, non solo per rappresentare questo mio stato d’animo, ma soprattutto per esprimere, più che la speranza, la certezza che la vostra sentenza vorrà restituirmi la serenità con la quale ho sempre svolto il mio lavoro».
In serata è arrivato anche il commento dell’ad Fiat Sergio Marchionne: «Io e Gianluigi siamo amici da tempo. La sua è una decisione tutta personale, su cui credo abbia riflettuto. Che rimanga o meno nell’accomandita, è il mio più grande amico e lo resterà».
La sentenza il 22 aprile.