Luigi Accattoli, Corriere della Sera 10/04/2010, 10 aprile 2010
CINQUE SECOLI DI DIBATTITO SULL’AUTENTICITA’ DEL «SUDARIO»
La questione della Sindone è disputata almeno quanto la questione omerica: la Chiesa da cinque secoli e più la venera come una reliquia ma lascia alla scienza il dibattito sull’autenticità e la datazione. Dopo la contestatissima prova del carbonio 14, che nel 1988 la datò al XIII-XIV secolo, ufficialmente non viene più proposta come «reliquia» ma come «icona». Il cardinale Ratzinger, che pregò davanti a essa il 13 giugno 1998 non usò né l’una né l’altra espressione, ma parlò della «realtà della Sindone» che rende «quasi tangibile» al riguardante la «sofferenza» di Cristo.
Il lenzuolo che avrebbe avvolto il corpo di Gesù nel «sepolcro nuovo» di Giuseppe d’Arimatea fa la sua prima comparsa documentata nel 1353: quando Goffredo di Charny la dona alla collegiata di Lirey. Come fosse arrivata in Francia da Costantinopoli e magari prima da Edessa e prima ancora dalla Palestina, non si sa. Chi giura sull’autenticità svolge ipotesi suggestive, di pellegrini e crociati. Gli scettici dicono che compare allora perché è in quell’epoca che essa viene tessuta e istoriata, come vuole la datazione al carbonio.
Fin dall’inizio è disputa scatenata. Nel 1390 papa Clemente VII ne autorizza l’esposizione a patto che venga presentata non come il «sudario di Cristo» ma come una figura seu representacio del Cristo morto: è nella sostanza la formula dell’icona a cui ricorrerà il cardinale Ballestrero dopo la datazione al carbonio. E’ una formula geniale perché non afferma l’autenticità ma neanche la esclude: nessuno come la Chiesa di Roma conosce le risorse del logos, ossia del linguaggio.
Un secolo dopo – nel 1453 – la Sindone passa ai Duchi di Savoia che dapprima la custodiscono nella loro capitale Chambéry e poi nel 1578 la portano con sé a Torino, dove resta fino a oggi. Due gli eventi memorabili del periodo di Chambéry: un incendio e la concessione del culto pubblico da parte del Papa.
Il fuoco che distrugge la cappella e danneggia in più punti la Sindone è del 1532. Ma il lenzuolo viene anche manomesso da un volenteroso restauro a opera delle clarisse di Chambéry, che ne riprendono l’ordito e applicano pezze di tessuto nuovo dove il danno è maggiore. La combustione, l’acqua che bagnò il telo nello spegnimento dell’incendio, i rammendi sono tra le cause di «inquinamento» del tessuto fatte valere dai sostenitori dell’autenticità per inficiare la datazione al carbonio.
Giulio II – il papa guerriero che chiama Michelangelo a dipingere la volta della Sistina – autorizza nel 1506 la celebrazione di una «Missa Sacratissimae Sindonis» – Messa della Santissima Sindone – per la quale detta una orazione collecta che parla di «vestigia» (segni) della Passione lasciati dal Signore nel lenzuolo nel quale il suo corpo fu involutum, cioè avvolto. Dunque una «reliquia». La querelle scientifica nasce nel 1898: durante l’ostensione di quell’anno un avvocato torinese appassionato di fotografia, Secondo Pia, ottiene dal re Umberto I il permesso di fotografare il lenzuolo. Realizza due lastre e al momento dello sviluppo scopre che l’immagine della Sindone sul negativo fotografico appare «al positivo»: e cioè si evidenzia che l’immagine stessa impressa sul lenzuolo è in realtà un negativo. Dopo un trentennio di dispute su quelle lastre, nel 1931 vengono fatte altre foto, in presenza di un notaio e di autorevoli testimoni, che confermano la sorprendente scoperta ottocentesca.
Foto e studi interdisciplinari si svolgono nel 1973 e nel 1978 su decisione del cardinale Michele Pellegrino. Nel 1988 il cardinale Anastasio Ballestrero autorizza tre laboratori (uno svizzero, uno inglese e uno statunitense) a eseguire l’esame del carbonio 14: il lenzuolo viene datato in un periodo compreso tra gli anni 1260 e 1390.
I sostenitori dell’autenticità ritengono inattendibile quel risultato per le vicissitudini del lenzuolo – come già detto’ e fanno leva sulle caratteristiche del tessuto e dell’immagine in negativo e con tracce organiche, senza applicazione di materie coloranti, che – sostengono – nessuno nel Medioevo avrebbe potuto realizzare.
Umberto II di Savoia’ che muore nel 1983 – lascia per testamento la Sindone in eredità al Papa «in piena proprietà». Il primo Papa a venerarla dopo questa donazione è Giovanni Paolo II, il 25 maggio del 1988. Egli aveva già visto la Sindone da cardinale nel 1978, subito prima del Conclave in cui fu eletto e di nuovo nel 1980 in visita a Torino. In ambedue le occasioni l’aveva qualificata come «reliquia» ma la terza volta non usa più quella parola: la chiama «icona (cioè immagine, ndr) toccante della passione di Cristo». Ma dice anche che la Chiesa lascia alla scienza il compito di «indagare» su questo lenzuolo e la sua «preziosa» immagine «che tutti vedono e nessuno per ora può spiegare».
Luigi Accattoli