Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 10/04/2010, 10 aprile 2010
LA FRANCIA E DE GAULLE LA SCELTA SEMIPRESIDENZIALE
Maroni, sulle riforme istituzionali, punta al semipresidenzialismo alla francese, con doppio turno elettorale come avviene nei nostri Comuni. Non è un’idea nuova e, secondo me, neanche cattiva, perché se vogliamo dare maggiore autonomia alla Regioni, bisogna rendere più autorevole il capo dello Stato. Quali correttivi, però, necessiterebbero per rendere funzionale anche da noi il sistema francese?
Francesco Italo Russo Montecatini Terme (Pt)
Caro Russo, il semipresidenzialismo fu la formula con cui Michel Debré, autore della costituzione della V Repubblica, dette una soluzione alle esigenze di de Gaulle. Il generale voleva esercitare poteri effettivi nelle questioni che gli sarebbero parse direttamente collegate con l’interesse nazionale, dalla politica estera alla sicurezza, dallo scioglimento dell’Assemblea nazionale alla nomina dei ministri. Ma non voleva essere coinvolto nella gestione degli affari correnti e nella esecuzione delle politiche che sarebbero state decise, sotto la sua presidenza, dal consiglio dei ministri. La soluzione fu per l’appunto una sorta di diarchia zoppa in cui il capo dello Stato avrebbe avuto accanto a sé, su un gradino più basso, un primo ministro di cui avrebbe potuto, in qualsiasi momento, revocare il mandato. Più tardi, dopo l’approvazione della costituzione di Debré, de Gaulle volle consolidare il potere del capo dello Stato con un voto popolare. Il referendum sull’elezione diretta del presidente della Repubblica fu approvato il 28 ottobre 1962 con il 62% dei voti.
Sulla razionalità della formula furono avanzati molti dubbi. Che cosa sarebbe accaduto se i francesi, in occasione delle elezioni politiche, avessero mandato in Parlamento una maggioranza diversa da quella che aveva votato per il capo dello Stato? Ma nel 1962 de Gaulle era l’uomo di cui la Francia aveva maggiore fiducia e il problema fu ignorato. Riapparve nel 1986, durante la presidenza del socialista François Mitterrand, quando la maggioranza dei francesi votò per il centrodestra di Jacques Chirac e Raymond Barre. Per restare fedele allo spirito della V Repubblica, Mitterrand avrebbe dovuto dimettersi e ricercare eventualmente un nuovo mandato popolare. Ma preferì la coabitazione e modificò considerevolmente in tal modo il carattere del sistema istituzionale. Ma ai francesi, tutto sommato, la coabitazione piacque. Come negli Stati Uniti il voto disgiunto sarebbe servito a realizzare un contrappeso all’autorità presidenziale.
Ho raccontato la nascita del semipresidenzialismo, caro Russo, per dimostrare che un sistema costituzionale è sempre inevitabilmente condizionato dalle circostanze e dalle persone in lizza per l’occupazione dei posti di maggiore responsabilità. Non credo che la Francia avrebbe approvato l’elezione diretta del presidente della Repubblica se il candidato non fosse stato l’uomo che l’aveva riscattata dalla sconfitta e aveva evitato, nel 1958, lo scoppio di una guerra civile. Se l’Italia diventasse oggi semipresidenzialista, il candidato alla presidenza sarebbe presumibilmente Silvio Berlusconi. La maggioranza degli italiani lo ha voluto in tre occasioni alla presidenza del Consiglio, ma la sua presenza al Quirinale per cinque o sette anni renderebbe ancora più macroscopico, tanto per fare un esempio, il suo conflitto d’interessi. l’eventualità di una candidatura Berlusconi, in altre parole, il maggiore ostacolo sulla strada italiana del semipresidenzialismo.
Sergio Romano