Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  aprile 10 Sabato calendario

DIECIMILA VOLTE WATUSSI

Al Palpartenope di Napoli, l’8 maggio proporrà ”I Watussi” nell’esecuzione numero 10mila. Da Baudo, domani a ”Domenica in”, nella numero 9.999. Edoardo Vianello, padre della canzone italiana disimpegnata, antesignano del genere ”tormentoni estivi”, figlio del poeta futurista Alberto Vianello, cugino dell’attore comico Raimondo e zio del giornalista e conduttore televisivo Andrea, il suo pezzo più eseguito l’ha scritto 47 anni fa. L’ha portato al successo in quell’Italia che era avviata al boom economico, che scopriva la 600 e i weekend, la villeggiatura e le vacanze a Rimini.
GLI ANNI SESSANTA
«Agli inizi degli Anni ”60 c’era un ottimismo diffuso», racconta Vianello a Libero, «c’era più cameratismo perché eravamo tutti più poveri. Nutrivamo degli ideali, magari delle utopie, sentivamo di essere protagonisti di un cambiamento. Oggi c’è un’insoddisfazione generalizzata, la frustrazione di chi non ha e che vorrebbe avere, meno capacità di sapere condividere qualcosa in comune. L’altro giorno guardavo la gente de L’Aquila alla tv. Mi ha colpito quella signora che diceva: dopo il terremoto, ci sentiamo più uniti, prima il mio vicino di pianerottolo manco lo conoscevo.
Adesso ci abbracciamo... Forse ci vuole un grande sisma socioeconomico che ci riporti a uno standard di valori collettivi condivisi».
Sarà. Ma oggi siamo qui a parlare di una semplice canzonetta che nella sua innocente struttura melodica, nel suo famigerato intermezzo corale, ”paraponziponzipò”, ha attraversato indenne 5 decenni. Già, ma perché ”I Watussi” funziona ancora? «Una volta era l’inno della spensieratezza, invitava al divertimento, alla gioia di cantare tutti assieme. Oggi ai non più giovani riporta l’immagine di quegli anni. I giovani invece si adattano a quelli che loro ritengono essere i gusti del pubblico: bei suoni, arrangiamenti pretenziosi. Ma la canzone ha nella sua semplicità la ragione stessa della sua esistenza, del suo rimanere nel tempo...».
Cantava Vianello: ”Siamo i Watussi, gli altissimi negri” e nel rispetto della stesura originale, anche se siamo in tempi di integrazione razziale, di società multietnica, oggi la canta ancora così, lasciando il testo com’era e infischiandosene se qualcuno lo taccia come ”politicamente scorretto”. «Io cerco di essere coerente. E nutro rispetto per quello che faccio. Nel ”63, la parola ”nero” non era di uso comune, si usava ”negro” e non era un’offesa. Credo che se avessi sostituito ”negri” con ”neri” avrei fatto un’operazione scorretta e di razzismo all’incontrario. E che senso avrebbe distorcere ciò che è stato pensato e composto 47 anni fa?... E oggi come allora», puntualizza con orgoglio il cantante romano, «a ogni mia serata me la continuano a chiedere. Io la canto due volte: subito in apertura di concerto e alla fine».
BRANI ORECCHIABILI
E a quei tempi, non si parlava di tormentoni e i Righeira di ”Vamos a la playa” sarebbero arrivati 20 anni dopo. «Quando componevo le mie canzoni, stavo attento a che avessero un titolo breve, secco. Che la struttura armonica sottintendesse in qualche modo una formula matematica, semplice, seguendo linee di originalità e orecchiabilità, non pensavo di comporre un tormentone. Il risultato della mia equazione è che un pezzo come ”I Watussi” viene ancora oggi cantato dappertutto. Secondo dati SIAE, è nella classifica delle 10 canzoni più eseguite insieme con ”Caruso” o ”Questo piccolo grande amore”». Come dire: roba che solo di diritti d’autore ci puoi campare una vita e persino bene. «Se non mi fossi sposato tre volte, sì, penso proprio che avrei potuto vivere di rendita solo con ”I Watussi”», continua Vianello che aggiunge: «Ma non è l’unico pezzo del mio repertorio a funzionare. Secondo uno studio dell’Università per Stranieri di Reggio Calabria, ”Abbronzatissima” è la sesta canzone italiana più eseguita all’estero».
Ma come ha fatto a contare tutte le volte che l’ha cantata? «Aggiorno continuamente il diario dei concerti e delle mie passioni. Ultimamente faccio 30-40 date l’anno, fino a qualche anno fa erano 180-200. A ogni fine concerto, riporto i dati delle esecuzioni. Il mio hobby è la fotografia delle fontane di Roma. Ebbene le ho censite tutte: sono 5mila 360. Fino ad oggi ne ho fotografate 2mila 400 e realizzato 24 videoclip sul tema che presto farò vedere nelle scuole della Capitale. E per dirla tutta: quando morì il divo di Hollywood Erroll Flynn, lessi che aveva avuto mille donne. Mi dissi: che sarà mai. Penso di aver raggiunto quel record. Ne ho sempre tenuto il conto...».