Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il punto sull’influenza suina che sta terrorizzando il mondo è il seguente: Il Messico è il Paese dove, a quanto si sa finora, è scoppiata l’epidemia. I morti sono certamente 20, molto probabilmente 81. Si leggono corrispondenze giornalistiche o resoconti da blog in cui la popolazione accusa il governo di aver nascosto a lungo la verità. Queste voci dal basso affermano che le vittime sono molte di più di quelle dichiarate. Stati Uniti Proclamato lo stato d’emergenza, anche se finora non ci sono stati morti. Otto casi registrati a New York, 2 in Kansas, 2 in Texas, 6 in California. Il ministro per la sicurezza Janet Napolitano ha annunciato che sarà distribuito il 25% dei 50 milioni di dosi disponibili di Tamiflu e Relenza. Canada Quattro casi. Europa Sei casi in Spagna, quattro casi sospetti in Francia. Italia Nessun caso. Non importiamo né maiali né carne di maiale dal Messico, le nostre autorità assicurano che per ora non c’è alcun pericolo, abbiamo anche noi 40 milioni di dosi di Tamiflu. Giorgio Palù, presidente della Società europea di virologia, ha detto a Margherita de Bac del Corriere della Sera: «L’Italia è bene attrezzata dal punto di vista della sorveglianza, organizzazione, rete di prevenzione e farmaci. Non c’è ragione di allarme ». Secondo Palù abbiamo 80 mila cicli di terapia in compresse e un milione di dosi spray di oseltamivir ( Tamiflu) e zanamivir ( Relenza). Ieri una quarantina di italiani in partenza per Città del Messico da Malpensa hanno preferito perdere i soldi e restarsene a casa. Resto del mondo Ci sono dieci casi sospetti in Nuova Zelanda (college di Rangitoto, Auckland: avevano fatto una gita in Messico e sono rientrati sabato mattina). Putin ha firmato un provvedimento urgente per la creazione di una commissione che lavorerà per la prevenire la diffusione sul territorio russo del virus, stato di allerta in Argentina, check- point per controllare gli arrivi a Hong Kong, Giappone e Cina. Un primo caso sospetto è stato segnalato anche in Brasile e 9 in Colombia. Keji Fukuda, responsabile dell’Oms, ha detto che «il mondo non è mai stato così pronto ad affrontare una potenziale epidemia».
• Ma dunque con queste poche decine di casi, si può già parlare di un’epidemia?
Si può temere un’epidemia, anzi, più correttamente: una pandemia, cioè «un’epidemia pesante e largamente espansa a livello geografico», secondo una definizione del professor Fabrizio Pregliasco. Gli stati di allerta per la pandemia sono sei: i primi due riguardano la circolazione di virus che non si attaccano all’uomo, il terzo segnala un inizio di rischio pandemico, ed è quello in cui ci troviamo adesso. Il professor Palù ha detto che non sarebbe strano un passaggio al quarto livello, caratterizzato da un numero maggiore di infezioni.
• Che differenza c’è tra questo virus e quello dell’aviaria?
E’ impossibile dirlo adesso, perché del virus di questa influenza suina si sa ancora troppo poco. Si sa solo che è un H1N1, come quello della terribile spagnola del ”18. Il virus dell’aviaria era un H5N1 e passava con molta difficoltà all’uomo.
• Però sull’aviaria si fece un gran rumore e poi non è successo niente.
Sì, molti scienziati adesso dicono che il grande allarme di quella volta fu un errore. C’è il pericolo infatti che il moltiplicarsi di grida per rischi che poi non si materializzano induca assuefazione e scetticismo. L’ideale per essere colpiti sul serio quando la pandemia arriverà davvero.
• Perché? La pandemia arriverà davvero?
Gli scienziati pensano di sì, che prima o poi arriverà davvero. Probabilmente prima del 2017. Non è detto che la volta buona sia questa.
• Se l’influenza viene dal maiale perché non c’è pericolo a mangiare salami e il resto?
Il maiale ha fatto solo da incubatore, permettendo che si creasse una chimera formata da pezzi di codice genetico di virus aviari, suini e forse umani. A noi la malattia arriva dal Messico e questo è strano, perché il grande incubatore di tutte le pandemie è sempre stata considerata la Cina. Lì uomini e uccelli vivono in promiscuità e il passaggio del virus, per esempio dal pollo all’uomo, è più probabile. Hanno 13 miliardi di polli e mezzo miliardo di maiali, carne per cui vanno matti. Cioè, c’è tutto quello che ci vuole per dar luogo alla ricombinazione micidiale. Può darsi che il virus ci risulti di origine messicana solo perché non abbiamo abbastanza notizie. Anche se Città del Messico è un agglomerato umano spaventoso, 20 milioni di persone in un’unica città e con troppi quartieri in condizioni igieniche indescrivibili. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 27/4/2009]
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