Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  aprile 27 Lunedì calendario

PER LE CINQUE FABBRICHE ITALIANE E’ ARRIVATO IL MOMENTO DELLA VERITA’


I progetti nascono a Torino, il fatturato si fa a Melfi e in Polonia, gli utili a Cassino e sulle linee di Mirafiori, dove vengono prodotte le auto di media e alta gamma. I punti di sofferenza sono a Pomigliano e a Termini Imerese. Con questo schema, e con i sindacati in pre-allarme, gli stabilimenti italiani di assemblaggio del gruppo Fiat entrano nelle settimane decisive per il futuro dell´alleanza a tre con Chrysler e (forse) con Opel. Come uscirà questa mappa dalla stagione delle fusioni? Chi rischia in Italia nei prossimi mesi?
Nel 2008 i cinque stabilimenti italiani di assemblaggio della Fiat hanno prodotto 665.000 automobili. Molto poco, metà della capacità produttiva installata. «Ma il 2008 è stato un anno molto particolare», precisa Enzo Masini, responsabile nazionale del settore auto della Fiom-Cgil. Anno particolare per due ragioni: lo stabilimento di Pomigliano è rimasto fermo due mesi con l´obiettivo di riqualificare i dipendenti e di ristrutturare le linee. Sforzo notevole che, al momento, attende ancora di essere premiato con risultati concreti. La seconda spiegazione della bassa produttività è, naturalmente, l´effetto della crisi finanziaria che ha bloccato tutti gli stabilimenti per diverse settimane a partire dall´inizio dell´autunno. Nel 2007, senza crisi e fermate straordinarie per ristrutturazione, la produzione degli stabilimenti italiani è stata di circa 900 mila pezzi, il 70 per cento del milione e trecento mila vetture che, teoricamente, le linee installate potrebbero sfornare.
«L´Italia - sottolinea Masini - è l´unico dei grandi paesi d´Europa a produrre meno della metà delle auto che acquista (circa 2 milioni all´anno n.d.r.). Per questo penso che, nonostante quel che appare, non ci sia da noi un´eccedenza di capacità produttiva installata». Sergio Marchionne, che era sulla stessa linea fino alla vigilia della crisi finanziaria, sembra adesso aver modificato posizione. Tanto da aver annunciato agli azionisti che non è più garantita la sopravvivenza di tutti gli stabilimenti italiani.
Negli anni bui della crisi Fiat, uno degli stabilimenti più a rischio era quello simbolo di Mirafiori. Un consistente finanziamento degli enti locali torinesi e la scelta di Marchionne di tornare a puntare su quello che resta il più grande insediamento industriale d´Europa, hanno modificato la situazione. Oggi si teme soprattutto a Termini e a Pomigliano. Nello stabilimento siciliano il problema principale è la logistica: un ridotto numero di aziende dell´indotto e i collegamenti difficili via nave e via treno impongono al Lingotto di realizzare a Melfi buona parte del lavoro preparatorio che serve a produrre la Lancia Y, l´unico modello sfornato dalle linee siciliane. Il confronto tra Torino e la Regione guidata da Raffaele Lombardo non è servito fino ad oggi a migliorare la situazione.
Ma il vero nodo da sciogliere è Pomigliano. Nella fabbrica dell´interland napoletano l´unico modello di punta è l´Alfa 159. La Gt è infatti una vettura di nicchia e la 147 è ormai a fine corsa. Dovrebbe essere sostituita dalla nuova Alfa 149 ma dove verrà realizzata quest´ultima? I lavoratori napoletani temono che venga assegnata ai colleghi di Cassino, che già realizzano Delta, Croma e Bravo. «Quel che non riusciamo a capire - dice Masini - è quali saranno le scelte produttive dell´azienda nei prossimi mesi. Sappiamo solo che la nuova Y, che doveva essere prodotta a Termini da quest´anno, è stata rinviata e che la stessa nuova Grande Punto, che doveva partire a Melfi nel 2010, è stata rinviata». Il Lingotto prende tempo, certamente per via della crisi ma anche per capire che cosa accadrà sulla scacchiera delle alleanze. Nel frattempo i sindacati si preparano e hanno già in calendario due importanti appuntamenti. Il primo è giovedì con i presidenti di Regione italiani per provare a concordare una strategia comune ed evitare una guerra di campanile tra territori che difendono i loro stabilimenti a scapito di quelli del vicino. Il secondo appuntamento è per metà giugno a Torino con tutti i sindacalisti dell´impero Fiat: «Per prudenza - dice Masini - abbiamo invitato anche americani e canadesi». In attesa di conoscere l´esito della trattativa di Detroit.