Pierangelo Sapegno, La stampa 27/4/2009, 27 aprile 2009
REGGIO, LA LEGA PROVA A SFONDARE NELL’EMILIA ROSSA
Il primo effetto strano, da queste parti, dove l’unica cosa strana era don Camillo, è vedere un ex sindaco rosso e il suo nemico storico l’uno accanto all’altro, abbracciati come grandi amici, Antonella Spaggiari e Carlo Baldi, benedetti tutt’e due dall’Udc. Lei la chiamano la zarina, e ha governato Reggio Emilia dal ”91 al 2004, da quand’era ancora pci e bandiere rosse, tirando tutta la sua vita nel partito. Lui, commercialista di potere e di successo, appena 6 anni fa diceva che «le grandi speculazioni edilizie realizzate da chi guida la città hanno rovinato l’ambiente e costruito alloggi sfitti», che Reggio doveva cambiare e che «i politici di professione che restano per più di due mandati a fare il sindaco creano reti personali di amicizie e di interessi». Lei rispondeva accusandolo di intrecciare finanza e media, di predicare bene in pubblico «e offrire patti di spartizione in privato». Adesso Baldi dice che non c’è niente di meglio della zarina come sindaco. E lo dice pure Tarcisio Zobbi, dell’Udc, che nel ”99 era il candidato del centrodestra contro di lei. Tutti stretti stretti, abbracciati insieme.
Il fatto è che le strade della politica sono infinite. Il segretario pd, Giulio Fantuzzi, giura che quelle della Spaggiari sono «ingloriose, poca lealtà e generosità. Non si fa politica con il risentimento». E un altro leader cattolico del centrosinistra, il reggiano Pierluigi Castagnetti, invece sostiene che le strade dell’Udc stanno semplicemente portando a «un progetto per sovvertire gli equilibri dell’Emilia Romagna e della Toscana». Ma siccome le cose strane non finiscono qui, la zarina ribatte al suo ex segretario che «non è rancore ma spirito di servizio», che lei è di sinistra e il suo successore, Graziano Delrio, rischia di franare, e che è per questo che lei è scesa in campo, per intercettare voti che potrebbero sparire da un’altra parte. Che sarà anche tutto vero, chi ci capisce. In realtà, buona parte della destra tifa per lei, la zarina, 49 anni, diploma da ragioniera, donna di lavoro e di grande grinta, prima sindaco e poi presidente della Fondazione Manodori, centro di potere democristiano da sempre nell’orbita di Castagnetti che lei era riuscita a conquistare al culmine di una carriera cominciata nelle coop e finita all’ombra dell’Udc. Dicono a Reggio che il suo referente «è sempre stato Walter Veltroni». C’è qualcosa da capire? Marco Fantini, capogruppo Idv in Comune, bolla tutto questo come «una vicenda di miseria politica e morboso attaccamento al potere». Difatti, lui a Reggio appoggia il candidato del pd, Graziano Delrio, sindaco uscente. Peccato che appena qui fuori, ad Albinea, il suo paese, corra anche lui da solo contro il pd. Come si fa a capirci qualcosa. Delrio è un bravo tipo, ex Margherita e molto cattolico, padre di 9 figli, parrocchia di San Pellegrino, amicissimo di don Giuseppe Dossetti, nipote dell’altro Dossetti, quello degli anni d’oro del Centrosinistra. Lui è un medico endocrinologo molto stimato in città, e un ex calciatore nei dilettanti, con la sua vita da mediano. Da sindaco, è stato appoggiato e apprezzato da Pierluigi Castagnetti e Romano Prodi. Che cos’ha che non va? Lui niente. Il pd tutto.
E se uno avesse ancora delle certezze sul Pd, venga qui a Reggio, che era la capitale rossa dell’Emilia e che ora è lo specchio della sua crisi. Il clima sembra un po’ quello del rompete le righe, candidati contro e voti in libera uscita, la Lega che sale e il partito che scende. Se a Bologna ancora litigano (Cofferati accusa il candidato pd di non saper fare campagna elettorale e il segretario del partito di essere un arrivista professionale), qui a Reggio ormai si sono divisi. Ci sono più candidati di sinistra che speranze. La Spaggiari e Delrio, ma poi Olivieri per i grillini, e l’avvocato Marco Scarpati che corre da solo, pure lui iscritto al pd, area riformista, ex radicale. A destra, invece, ci sono Fabio Filippi per il pdl e Angelo Alessandri della Lega. A scrivere le cose sussurrate, da questa parte della barricata sperano di costringere il candidato del pd al ballottaggio - e sarebbe la prima volta - a di arrivarci magari con la Scarpati, per avere qualche speranza di vincere. Che le cose stiano così non è detto. Due sondaggi rivelano che a poco più di un mese dal voto, il 50 per cento degli elettori non ha deciso chi scegliere, ritratto ancora più straordinario in una città che veniva definita bulgara per la sua fedeltà incrollabile al vecchio pci. Il rimanente 50, quello che avrebbe già scelto, darebbe la metà del suo consenso al pd, il pdl sarebbe al 14, la Spaggiari al 10 e la Lega al 16. Con alcune annotazioni d’obbligo: la Spaggiari è appena scesa in campo, e quindi può ancora crescere, e la Lega nelle ultime comunali era al 3,6, ed è più che cresciuta. Angelo Alessandri dice che questa volta lo sente che «la partita è vera. Ho cominciato da 20 anni a combatterla e sembravo un matto. Ma adesso ci siamo, questo marasma è la fine di tutto». Che è un effetto strano anche questo.