Paolo Valentino, Corriere della sera 27/4/2009, 27 aprile 2009
LA PIUMA E L’AEREO CADUTO SETTEMILA INCIDENTI L’ANNO
Quando proprio non se ne vogliono andare, al San Francisco International Airport fanno i fuochi d’artificio: una cosiddetta «cracker shell» sparata da un fucile Remington, che esplode nel cielo come a Piedigrotta e finalmente manda via i più ostinati, in genere i corvi. Al JFK di New York, l’ultima risorsa è un metodo molto antico: i falchi. Ne hanno una nutrita pattuglia, con tanto di falconieri riconosciuti dalla North American Falconers Association. Lanciano un rapace nel cielo. E a gabbiani, oche e colombacci non resta che la fuga. La pista è libera, gli aerei possono decollare senza rischi.
Da quando il volo 1549 della U.S. Airways è finito nell’Hudson, grazie al provvidenziale ammaraggio d’emergenza del pilota, dopo che i pennuti avevano messo fuori uso entrambi i motori, i riflettori si sono accesi sulla guerra in corso da anni negli aeroporti americani, tra uomini e uccelli. E anche se in genere sono questi ultimi a perdere, il conflitto è senza fine, a parte il fatto di costare ogni anno all’industria aeronautica Usa ben 620 milioni di dollari. Anzi, da qualche tempo la lotta si è fatta più difficile e mortale anche per gli umani.
Secondo il rapporto pubblicato ieri dalla Federal Aviation Administration, dal 1988 a oggi, 219 persone sono morte e 200 velivoli sono stati distrutti in tutto il mondo, in incidenti aerei causati da uccelli. Dal 1990 al 2007, il numero degli incidenti è quadruplicato, passando da 1759 a 7666 e in quasi 300 casi gli aerei sono stati seriamente danneggiati. Ma i dati più allarmanti, li ha forniti nei giorni all’Associated Press un database, normalmente segreto, gestito dalla Nasa, l’agenzia spaziale americana, secondo cui negli ultimi due anni almeno 26 tra atterraggi d’emergenza, decolli abortiti, principi d’incendio e altri incidenti gravi, sono stati causati dall’impatto di uccelli con i motori. I propulsori dei jet commerciali sono infatti costruiti per sopportare l’impatto con un solo volatile, di peso non superiore a 2 chili. Ma molte specie, soprattutto le oche e i pellicani, possono pesare più del doppio. Inoltre, spesso dentro i motori i più piccoli ci finiscono in stormo.
Il paradosso è che all’origine dell’aggravarsi del problema è l’uomo, un suo errore e un suo successo.
L’errore è che molti aeroporti sono stati costruiti vicino all’ acqua, mare, fiumi, laghi, congregazioni naturali di ogni specie di uccelli: «Se avessimo saputo quello che sappiamo oggi non ci sarebbero mai stati La Guardia, JFK, Boston Logan, San Francisco e tanti altri. Queste aree, all’inizio del Ventesimo secolo erano considerate inutilizzabili per lo sviluppo urbano o industriale», spiega Russel De Fusco, ex ufficiale dell’Air Force, che ora fa il consulente sulla prevenzione anti- uccelli per i voli civili e militari.
Ma l’altra causa è il successo delle politiche ambientaliste, la protezione delle specie e degli habitat naturali, il controllo della caccia, che hanno portato a una crescita esponenziale della popolazione pennuta. Nel solo Nord America, le oche canadesi, quelle che si crede abbiano causato l’incidente dell’Hudson, sono aumentate da circa 1 milione nel 1990 e oltre 4 milioni nel 2008.
Così la guerra negli aeroporti continua. Con i mezzi più inventivi, ma incruenti perché lo scopo principale è farli fuggire, non ucciderli: fuoristrada che scorazzano per i prati accanto alle piste, erba non tagliata per impedire ai gabbiani di posarsi, graminacee speciali non commestibili, spaventapasseri, segnali sonori assordanti e, appunto, fuochi pirotecnici o falchi (coi rapaci, qualche uccello ci lascia le piume, ma è selezione naturale). « come una partita a scacchi tra noi e loro», spiega Alexis Esguerra, che a San Francisco si occupa di tenere le piste libere dai pennuti. Solo in casi rari, si deve ricorrere alle armi da fuoco: succede quando uno o due di loro si rifiutano assolutamente di lasciare la pista e un aereo sta per atterrare o partire. «Purtroppo l’ho dovuto fare un paio di volte – dice Esguerra – e mi sono sentito male. come non rispettare le regole di un gioco. Ma la sicurezza dei voli viene prima di tutto».