Giacomo Ferrari, Corriere della sera 27/4/2009, 27 aprile 2009
I MARCHI NEL CASSETTO, CARTA PER LE ALLEANZE
Che la vicenda di General Motors si concluda con un salvataggio in extremis oppure con la liquidazione, una cosa è certa: per il colosso di Detroit è in arrivo un drastico «dimagrimento» a livello di marchi. Divisioni come Saab, Opel, Saturn e Hummer sono in vendita da tempo. I relativi brand, quindi, potranno sopravvivere con un nuovo proprietario. La sorte di Pontiac, invece, è ormai segnata. Lo storico marchio, nato nel 1926 (da allora ha caratterizzato una linea di vetture prestigiose), sarà cancellato. La nicchia di mercato cui fa riferimento (auto sportive ad alte prestazioni) si è sempre più ridimensionata: in tutto il 2008 sono state vendute soltanto 267 mila unità. Troppo poche per mantenere in piedi una struttura commerciale, di marketing e di comunicazione dedicata. Tanto vale, quindi, rinunciarvi, come prevede appunto il piano di ristrutturazione di Gm all’esame della task-force governativa guidata da Steven Rattner.
Nel mondo si sta ridisegnando la mappa dell’industria automobilistica, ma tra ipotesi di inedite alleanze e rischi di bancarotta c’è dunque anche una storia parallela da raccontare. Quella dei marchi storici di vetture che scompaiono e di altri che vengono rilanciati. Sì, perché accanto a quelli che vanno in soffitta ci sono anche quelli che rinascono. Senza andare troppo lontano, basta pensare ad Abarth, riportato in vita dal gruppo Fiat, che lo ha associato a versioni particolari di Punto e Cinquecento.
Quella dei brand automobilistici è una storia forse minore quando si parla di massimi sistemi come produzione, alleanze e quote di mercato. Ma è assai «popolare» se si pensa che gli automobilisti di tutto il mondo sono particolarmente attenti al marchio della loro vettura. Che spesso viene associato a momenti particolari, lieti o difficili, della propria vita. Riferimenti si trovano nella musica («Vengo a prenderti stasera con la mia Torpedo blu», cantava Giorgio Gaber) e nel cinema (accanto a Dustin Hoffman, il film «Il laureato» aveva come protagonista una spider Alfa Romeo; per non parlare poi del maggiolino Volkswagen in un’altra famosa pellicola).
E poi, il «nome» di un’auto rappresenta quasi sempre un asset per l’azienda che la costruisce. Ecco perché alcuni di essi sono stati accantonati (negli Usa si pensi a Studebaker e Packard) e altri rilanciati. Come per esempio Maybach, la vettura preferita da Marlene Dietrich, tornata sul mercato dopo 60 anni di assenza. In Europa chi si ricorda più di Talbot?
Questo marchio è oggi di proprietà di Peugeot, che potrebbe riproporlo. Ma ci sono anche quelli che la Fiat tiene nel cassetto, come Autobianchi e Innocenti (la mitica Bianchina, super-utilitaria degli anni ”60, era stata indicata come possibile logo di una vettura low-cost).
Quanto a Chrysler, non si hanno notizie di dismissioni di marchi. Certo è che, se andrà in porto l’intesa con Fiat, due di essi – Jeep e Dodge – saranno certamente valorizzati. Piacciono infatti a Sergio Marchionne e a Luca di Montezemolo: lo hanno lasciato intendere pochi giorni fa, a margine del consiglio di amministrazione del Lingotto.