Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  aprile 27 Lunedì calendario

I MARCHI NEL CASSETTO, CARTA PER LE ALLEANZE


Che la vicenda di General Motors si concluda con un salvataggio in extremis oppure con la liquidazione, una cosa è certa: per il colosso di Detroit è in arrivo un drastico «dimagrimento» a livello di marchi. Divisioni come Saab, Opel, Saturn e Hummer sono in vendi­ta da tempo. I relativi brand, quindi, po­tranno sopravvivere con un nuovo pro­prietario. La sorte di Pontiac, invece, è ormai segnata. Lo storico marchio, nato nel 1926 (da allora ha caratterizzato una linea di vetture prestigiose), sarà cancel­lato. La nicchia di mercato cui fa riferi­mento (auto sportive ad alte prestazio­ni) si è sempre più ridimensionata: in tutto il 2008 sono state vendute soltanto 267 mila unità. Troppo poche per mante­nere in piedi una struttura commercia­le, di marketing e di comunicazione de­dicata. Tanto vale, quindi, rinunciarvi, come prevede appunto il piano di ri­strutturazione di Gm all’esame della task-force governativa guidata da Ste­ven Rattner.

Nel mondo si sta ridisegnando la map­pa dell’industria automobilistica, ma tra ipotesi di inedite alleanze e rischi di ban­carotta c’è dunque anche una storia pa­rallela da raccontare. Quella dei marchi storici di vetture che scompaiono e di al­tri che vengono rilanciati. Sì, perché ac­canto a quelli che vanno in soffitta ci so­no anche quelli che rinascono. Senza an­dare troppo lontano, basta pensare ad Abarth, riportato in vita dal gruppo Fiat, che lo ha associato a versioni parti­colari di Punto e Cinquecento.

Quella dei brand automobilistici è una storia forse minore quando si parla di massimi sistemi come produzione, al­leanze e quote di mercato. Ma è assai «popolare» se si pensa che gli automobi­listi di tutto il mondo sono particolar­mente attenti al marchio della loro vettu­ra. Che spesso viene associato a momen­ti particolari, lieti o difficili, della pro­pria vita. Riferimenti si trovano nella musica («Vengo a prenderti stasera con la mia Torpedo blu», cantava Giorgio Ga­ber) e nel cinema (accanto a Dustin Hoff­man, il film «Il laureato» aveva come protagonista una spider Alfa Romeo; per non parlare poi del maggiolino Volkswagen in un’altra famosa pellico­la).

E poi, il «nome» di un’auto rappresen­ta quasi sempre un asset per l’azienda che la costruisce. Ecco perché alcuni di essi sono stati accantonati (negli Usa si pensi a Studebaker e Packard) e altri ri­lanciati. Come per esempio Maybach, la vettura preferita da Marlene Dietrich, tornata sul mercato dopo 60 anni di as­senza. In Europa chi si ricorda più di Tal­bot?

Questo marchio è oggi di proprietà di Peugeot, che potrebbe riproporlo. Ma ci sono anche quelli che la Fiat tiene nel cassetto, come Autobianchi e Innocenti (la mitica Bianchina, super-utilitaria de­gli anni ”60, era stata indicata come pos­sibile logo di una vettura low-cost).

Quanto a Chrysler, non si hanno noti­zie di dismissioni di marchi. Certo è che, se andrà in porto l’intesa con Fiat, due di essi – Jeep e Dodge – saranno certamente valorizzati. Piacciono infatti a Sergio Marchionne e a Luca di Monte­zemolo: lo hanno lasciato intendere po­chi giorni fa, a margine del consiglio di amministrazione del Lingotto.