Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
L’incontro di ieri mattina tra Fini e Bossi si è risolto, almeno apparentemente, in un nulla di fatto. Quaranta minuti di chiacchiera, nello studio del presidente della Camera, e alla fine non è neanche stato diramato un comunicato. Bossi all’uscita, molto allegro, ha scherzato con i giornalisti: Fini ha ripetuto le stesse cose che ha detto a Bastia Umbra domenica scorsa, vuole che Berlusconi si dimetta… È d’accordo Fini per un reincarico allo stesso Berlusconi? «Abbastanza». Ma Berlusconi, con la garanzia del reincarico, si dimetterebbe? «Altre volte è avvenuto così. Il presidente del Consiglio è andato dal presidente della Repubblica per avere il reincarico». E l’allargamento della maggioranza all’Udc? «Casini può andare al mare». Intorno all’una ha parlato anche Fini: «Le cose sono più complicate di come le dice Bossi». Ai suoi il capo del Fli ha ripetuto che sulle dimissioni di Berlusconi non si discute. Se, al ritorno da Seul, il presidente del Consiglio non salirà al Quirinale per aprire la crisi, i quattro esponenti di Fli che stanno al governo si dimetteranno. Urso – uno dei quattro – ha detto che la mossa potrebbe avvenire sabato.
• La crisi c’è o non c’è?
Formalmente non c’è e non ci sarà nemmeno con l’uscita dei quattro, perché il capo del governo può sostituirli senza problemi. Dalla Corea Berlusconi ha ribadito che non si dimette e che Fini deve votargli contro in Parlamento. Parlando col primo ministro vietnamita Nguyen Tan Dung ha ammesso poi di avere «qualche difficoltà». Il Pdl gli è andato in soccorso e, dopo una riunione di tre ore, ha emesso questo comunicato: «I coordinatori, i capigruppi e la delegazione del PdL al governo, con posizione compatta e coesa, ritengono inaccettabile che la legislatura possa proseguire con un differente premier e un differente governo. Chiunque voglia coltivare ipotesi diverse dovrà passare dall’inequivocabile verdetto della sovranità popolare». Però questo comunicato ufficializza per la prima volta una cosa che finora i giornali avevano raccontato con la massima prudenza, e quasi chiedendo scusa: si sta effettivamente discutendo della possibilità di mettere in piedi un governo di cemtro-destra, sostenuto da una maggioranza di centro-destra e che non sia capitanato da Berlusconi. Sarebbe il risultato di un fenomeno su cui s’è poco ragionato, e cioè quello dell’antiberlusconismo di destra. Un simile esecutivo dovrebbe durare fino alla fine della legislatura. La coalizione di centro-destra, poi, non candiderebbe Berlusconi a premier. L’ipotesi deve essere meno fantasiosa di quel che sembra, se finisce in un comunicato ufficiale del Popolo della Libertà. Del resto sono colpito dal fatto che la riunione Fini-Bossi è durata troppo poco per due soggetti che non sarebbero d’accordo su niente. E quella del Pdl è durata troppo per un gruppo che si definisce «compatto e coeso».
• Quindi, la crisi che ancora non c’è, in realtà c’è.
Napolitano l’altro giorno ha detto: «Chiunque sarà chiamato a governare ancora o nuovamente…» eccetera. Il presidente ci sta dicendo che la crisi c’è già e che si tratta di capire chi sarà chiamato a governare «ancora o nuovamente». Il che significa che quando Berlusconi salirà al Colle, Napolitano non scioglierà le camere, ma cercherà una strada per andare avanti con la legislatura. Con Berlusconi (che governerebbe «ancora») o con qualcun altro (che governerebbe «nuovamente» cioè per la prima volta).
• E chi sarebbe questo che «governerebbe nuovamente»?
Tremonti. I bene informati dicono che la trattativa tra Bossi e Fini è in realtà a buon punto. Fini vuole restare presidente della Camera e che al Fli si diano due ministeri con il portafoglio. Bossi vuole il federalismo con un voto abbastanza largo da rendere impossibile, poi, un referendum. Ieri ha mandato al mare l’Udc, ma perché la trattativa è ancora a metà strada. Quando sarà il momento, l’Udc tornerebbe a far parte della maggioranza.
• Lei sta parlando come se per Berlusconi non ci fosse più niente da fare.
L’aria che tira è quella. Bossi non lo tradirà fino al penultimo istante.
• E il Pdl?
Bella domanda. Che significa: ci sarà ancora un grande partito nazionale di centro-destra, a destra? Perché, anche facendo fuori Berlusconi, bisognerà che deputati e senatori del Pdl appoggino questo fantomatico governo Tremonti per farlo stare in piedi. E qui la partita è tutta da giocare. Il Pdl è per metà di Fini (c’è la firma dal notaio) ed è possibile che il duo Fini-Casini pensi a un’opa politica per reimpossessarsene, magari recuperando un’alleanza con Gasparri e La Russa (ieri La Russa s’è detto favorevole all’allargamento della maggioranza). Berlusconi però non starà mica a guardare. Abbiamo visto che proprio queste guerre mondiali sono il suo forte. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 12/11/2010]
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