Anna Guaita, Il Messaggero 12/11/2010, 12 novembre 2010
LA GRANDE CORSA AL CACAO . E’ L’ORO NERO DEL FUTURO
Una volta si diceva “una mela al giorno toglie il medico di torno”. Ma oggi la scienza sostiene che insieme a quella mela sarebbe bene mangiarsi una piccola tavoletta di cioccolato, di tipo fondente e poco zuccherato. Il cioccolato sembra infatti una mano santa: ricerche scientifiche provano che aiuta a prevenire la senilità, abbassa il colesterolo, protegge il cuore. E per di più, è molto buono. Nell’arco di dieci anni, dunque, il consumo delle tavolette con alto contenuto di cacao è andato alle stelle. Ma la coltivazione non tiene più testa alla domanda, ora arrivata a ben 2,8 milioni di tonnellate all’anno (1,2 solo in Europa). In tre anni, il prezzo all’ingrosso si è più che triplicato, passando da 17 a 35 dollari al chilo. Lo scorso mese di luglio, il prezzo ha raggiunto così il suo massimo storico. E i produttori lanciano un grido di allarme: se continua così, entro vent’anni il cioccolato sarà un vero lusso, «come il caviale», e solo i ricchi potranno permetterselo.
A complicare la vita dei chocoholics (i cioccolato-dipendenti) sono intervenuti componenti ambientali e sociali.
Il primo è il fatto che la produzione di cacao è limitata alle zone equatoriali, e in alcune di esse, come l’Indonesia, i cambiamenti climatici hanno reso la coltura sempre più difficile. L’Indonesia è il terzo produttore mondiale. Ma anche nei primi due Paesi produttori, Costa D’Avorio e Ghana, nell’Africa Occidentale, la situazione non è affatto facile: l’albero di cacao richiede moltissima cura, ci impiega almeno tre-cinque anni a produrre, ed è soggetto ad attacchi di parassiti. E gli agricoltori che lo coltivano ci guadagnano si e no 80 centesimi al giorno.
La conseguenza di ciò è che i giovani si rifiutano di restare nelle terre e scappano verso le città, o verso altre forme di agricoltura più facile e remunerativa, come quella della palma da olio (usata per i biocarburanti). Nei campi di cacao restano gli anziani e i bambini.
Nel frattempo, la richiesta di cacao per cioccolato fondente (quello che fa bene) continua ad aumentare. E ci si aspetta che aumenterà ancor di più, non appena i due nuovi giganti dell’economia mondiale, India e Cina, scopriranno i vantaggi culinari e farmaceutici di questo antico prodotto della terra.
La difesa sembra stare nella diffusione del commercio solidale. Nei due Paesi africani si assiste a due diversi sviluppi: il Ghana sta creando cooperative che raccolgono circa 45 mila coltivatori, per evitarne l’esodo e assicurar loro una vita dignitosa. La Costa D’avorio è lontana da questa organizzazione, e gli esperti temono che la sua produzione sia a rischio: la sua speranza è l’accordo firmato con una grande società alimentare svizzera, che si è impegnata a piantare almeno un milione di nuovi alberi nell’arco dei prossimi due anni.
Nel frattempo, in vari Paesi del sud-America, come l’Ecuador, la produzione di cacao biologico dilaga velocemente. Ma si tratta in genere di piccole aziende ”boutique”, il cui prodotto è limitato e di alta qualità, e quindi costoso. Lo si trova spesso nei negozi più eleganti negli Stati Uniti, venduto in piccole tavolette numerate, come se si trattasse di opere d’arte.