Fausto Carioti, Libero 12/11/2010, 12 novembre 2010
FINI OFFRE TREMONTI E UN PUGNALE. BOSSI RIFIUTA: CAV. PREMIER FINO AL VOTO
A novemila chilometri di distanza da palazzo Chigi il Cavaliere ha avuto la certezza che a Roma, per lui, non tutto è perduto. Ilg overno Berlusconi può considerarsi morto e sepolto. Silvio Berlusconi però è vivo. Alquanto malconcio, ma con discrete probabilità di riprendersi dopo la sempre più probabile cura elettorale che lo attende in primavera.
Eppure il regicidio è stato a un passo dal compiersi. Ieri mattina, mentre il presidente del Consiglio (...)era a Seoul, Gianfranco Fini ha messo il coltello nelle mani di Umberto Bossi, gli ha fatto l’occhiolino e ha indicato le spalle di Berlusconi: dai, ammazziamolo assieme, gli ha fatto. La propostaera di quelle che secondo il presidente della Camera il Senatur non avrebbe potuto rifiutare: mettere Giulio Tremonti a palazzo Chigi.
«Mi sta bene chiunque tranne Berlusconi», gli ha sibilato Fini. Egli ha fatto i nomi di Beppe Pisanu, di Gianni Letta, di Mario Monti e di Angelino Alfano. La carta vera, però, l’ha calata dopo un attimo dipausa. «Come premier mi va bene pure Tremonti, pensa», ha detto il leader di Futuro e libertà. «Purché si vada oltre Berlusconi». Ormai la questione non è politica, ma personale: Fini vuole fare fuori il leader del PdL, che ritiene il vero is piratore delle inchieste sulla casa di Montecarlo ereditata da Alleanza nazionale e curiosamente finita nella disponibilità di suo cognato Giancarlo Tulliani. Fini ha anche capito che, se non liquida Berlusconi adesso, sarà il Cavaliere a sbarazzarsi di lui, magari già alle prossime elezioni. Chiaro che Bossi non avrebbe mai potuto tradire Berlusconi per Pisanu. Su Tremonti, però, dubitare era lecito. Dubitava pure il premier, tanto che due giorni fa aveva mandatoi n missione GianniLetta, con il compito di minare il percorso che avrebbe potuto portare a un accordo tra il capo del Carroccio e quello dei futuristi sul nome del ministro dell’Economia. Ad ogni modo Bossi ha superato la prova di fedeltà. Forse l’ha fatto per interesse, perché sa che i tempi non sono maturi per un nuovo leader del centro destra. Di certo sapeva che nove decimi del PdL si sarebbero ribellati a una soluzione simile. Sia come sia, il Senatur ha chiuso la porta in faccia a Fini: «Non sono disponibile a nessuna alternativa se Silvio non è d’accordo». Nel Carroccio, quandol o hanno saputo, non tutti hanno gradito, ma da quelle parti è ancora Umberto che comanda .A fare da guardie del corpo di Berlusconi provvedevano poi i coordinatori, i capigruppo e i ministri del PdL. I quali litigano su tutto, ma ieri, appena saputo dellap roposta indecente fatta da Fini aBossi, hanno scritto una nota unitaria, in cui si definisce «inaccettabileche la legislatura possa proseguire con un differente premier e un differente governo. Chiunque voglia coltivare ipotesi diverse» èl ’avvertimento rivolto ad avversari, alleati infidi e Quirinale, «dovrà passare dall’inequivocabile verdetto della sovranità popolare».
Così ora il cerino torna nelle mani di Fini. Entro lunedì i quattro finiani che hanno incarichi di governo si dimetteranno. Non per questo Berlusconi è tenuto a rimettere il mandato, come gli chiedono i futuristi. Lui stesso,anzi, ha ribadito ieri di non avere alcuna intenzione di farlo: vuole che la crisi sia sancita da un voto del Parlamento. Così, quando Fini intenderà fare cadere l’esecutivo, dovrà farlo con un voto di sfiducia, in diretta televisiva, in modo che tutti gli italiani possano assistere all’omicidio e vedere chi è il colpevole. Per rendere le responsabilità del leader di Fli ancora più evidenti, il premier intend erecarsi prima in Senato, dove i numeri per la fiducia sono alla sua portata, e solo dopo si andrà a immolare a Montecitorio, dove il doppio ruolo di Fini presidente dell’assemblea e capo partito sarà quel giorno più evidente che mai.
Una volta sfiduciato il governo si aprirà il mercato delle vacche, soprattutto in Senato, dove ai pidiellini titubanti sarà offerto di tutto per lasciare Berlusconi e rendere possibile una maggioranza alternativa a quella attuale, che appoggi un altro esecutivo. Sarà il momento più difficile per Berlusconi. Ma se riuscirà a passarlo, a marzo si vota. Anche perché, a sinistra, c’è Antonio Di Pietro che punta dritto verso le urne eintende arrivarci con Berlusconi premier, senza il quale l’Italia dei valori perde gran parte del proprio appeal.
Il Cavaliere ha ottime chances di ottenere la maggioranza dei seggi alla Camera insieme a Bossi, e dopo il voto le sue condizioni non potranno che essere migliori di quelle attuali. Mentre Fini, persuperare le soglie di sbarramento e quindi sopravvivere, deve a tutti i costi allearsi con Pier Ferdinando Casini, al quale il Vaticano e la Cei stanno già chiedendo di non siglare alcun accordo con Futuro e libertà. Difficile che, il giorno dopo le elezioni, Fini abbia un potere paragonabile a quello attuale.