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 2010  novembre 12 Venerdì calendario

Feltri sospeso per tre mesi: «Stop incivile» - Il processo a Vittorio Fel­tri da parte dei colleghi del Con­siglio dell’Ordine nazionale dei giornalisti è durato 9 ore e qual­che manciata di minuti, tempo comprensivo della pausa pran­zo

Feltri sospeso per tre mesi: «Stop incivile» - Il processo a Vittorio Fel­tri da parte dei colleghi del Con­siglio dell’Ordine nazionale dei giornalisti è durato 9 ore e qual­che manciata di minuti, tempo comprensivo della pausa pran­zo. Menù dei«giudici»riuniti al­l’Hotel Massimo D’Azeglio di via Cavour a Roma: risotto pro­vola, pepe e spumante, ravioli ai pomodorini, saltimbocca alla romana, patate novelle, torta, caffè. Il verdetto è arrivato alle 18.15, alla terza votazione. Il di­rettore editoriale del Giornale è sospeso dalla professione per un tempo di tre mesi per i suoi articoli sull’ex direttore dell’Av­venire Dino Boffo. La «pena» è stata ridotta rispetto alla decisio­ne del Consiglio regionale della Lombardia, che aveva decreta­to una sospensione di sei mesi. Il direttore non può quindi fir­mare, scrivere, nè, tecnicamen­te, «accedere allo stipendio, ai contributi per la pensione e alla Casagit (la cassa di assistenza in­tegrativa dei giornalisti ndr.)», come spiegava un consigliere, per i prossimi 90 giorni. Feltri è stato punito per aver pubblicato notizie «parzialmente non ve­re ». Nel voto finale, che doveva decidere se confermare i sei me­si o dimezzarli, il Consiglio si è completamente spaccato. Pa­reggio: sessantasei a sessanta­sei. «Non mi aspettavo niente di meglio- il primo commento del direttore del Giornale - E’ una condanna alla disoccupazione anche se solo per poco. L’Ordi­ne c’è e fa quello che vuole, biso­gna assoggettarsi». Soddisfatti i pro-Feltri. In un angolino del­l’hotel un capannello di anti- Fel­tri stava già pensando a un ricor­so contro le procedure di vota­zione. Il «processo» è stato tutto così, un bipolarismo feroce che ha vi­sto anche interventi «rabbiosi» come li ha definiti un consiglie­re, nei confronti di Feltri.E’ falli­to completamente il tentativo di arrivare a una linea comune. La riunione si è svolta a porte chiu­se, ma tra i divanetti rossi della hall è stato possibile captare anonimi sfoghi. Da un certo punto della giornata in poi il pre­sidente, Enzo Iacopino, ha vieta­to tassativamente a tutti i consi­glieri di parlare con la giornali­sta del Giornale . Un consigliere che si era avvicinato per chiac­chierare di aspetti tecnici legati alla vicenda Feltri è stato severa­m­ente redarguito da due consi­gliere: «Ma che fai!». La metafora del processo aiu­t­a a capire come è andata la gior­nata. Il ruolo di pubblico mini­stero è stato svolto dalla com­missione, con la proposta di so­spensione di sei mesi. L’«impu­tato » Feltri è stato sentito in mat­tinata, con i suoi avvocati, Ga­briele Fava e Angelo Giarda. «Uno show, bravissimo», un commentodopo la fine dell’in­tervento. «Dipende dai punti di vista», la replica di un ostile. Fel­tri lo ribadisce anche all’ agen­zia Ansa : «Avevo fatto la rettifica sul caso Boffo come previsto dal­la legge, cos’altro dovevo fare?». L’ Ansa lo interroga anche su vo­ci di presunte incomprensioni con il direttore responsabile del Giornale , Alessandro Sallusti: «Sono tutte sciocchezze, total­mente inventate. Non c’è nean­che uno spunto per una cosa del genere». Commenti raccolti dietro le quinte del processo. Primo con­sigliere: «In sei anni non avevo mai visto un trattamento così duro. Esagerato. Feltri ha fatto una smentita in prima pagina. Quando mai avete visto una smentita in prima». Secondo consigliere:«Ma l’hai letta?Non era una smentita». «Chiamala come vuoi, ma c’è stata». La li­nea difensiva di Feltri e degli av­vocati è giocata proprio su que­sto aspetto: la stessa procura di Milano aveva definito eccessiva la decisione del consiglio lom­bardo proprio perché il diretto­re aveva risposto al dovere della smentita, pubblicata il 4 dicem­bre del 2009. Discussioni continue. L’uni­co argomento alternativo, la par­tita della Roma della sera prima. Feltri viene accusato da una con­sigliera di praticare un giornali­smo «contra personam». Repli­ca: «Perché, gli altri giornali co­sa fanno? E Travaglio che parla di dettagli fisici intimi di Berlu­sconi? E D’Avanzo che su Re­pubblica tre giorni prima che Ruby compia 18 anni pubblica nome e cognome?». Uno psico­dramma, una categoria in crisi di nervi. Feltri, sempre all’ Ansa : «Gli errori li fanno tutti in questo me­­stiere, ma se Repubblica sbaglia 50 volte nessuno se ne accorge. Se succe­de a noi è una tragedia». Dopo il pranzo, quattro votazioni in programma: la semplice censura la sospensione di due mesi, di tre, e infine di sei mesi. Quarto consigliere (antiFeltri):«Se votiamo la censura vi facciamo ridere dietro!».Quinto con­sigliere: «Sei mesi! Sei mesi!». Sesto consigliere, al telefonino: «Che ti de­vo dire, qui è pieno di marxisti lenini­sti ». Settimo consigliere: «Due mesi è troppo poco». Ottavo consigliere: «Certo creiamo un precedente...». Nono: «E non facciamo neppure un piacere a Boffo». La censura soft è bocciata: 73 no, 55 sì. Si va al voto per la sospensione di due mesi: 70 no, 60 sì. Infine la conclusione a 3 mesi. Fel­tri: «Sono iscritto all’ordine da 43 an­ni e da 25 anni sono direttore. Ma in tutta la mia carriera sono stato censu­rato una volta. Auguro a tutti di non trovarsi nella mia situazione. La di­soccupazione, anche temporanea, non mi sembra una cosa civile».