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 2010  novembre 12 Venerdì calendario

STORIA D’ITALIA IN 150 DATE

17 aprile 1991
Massacro a Nord-Est
Quattro ragazzi siedono a un tavolo del bar John di Montecchia di Crosara, vicino a Verona, e discutono gli ultimi dettagli per mettere in esecuzione un delitto previsto per quella sera. Entra Michele, un loro amico, e quelli gli spiegano subito il progetto e lo esortano a partecipare. Michele pensa sia uno scherzo e, quando i quattro escono per andare a compiere la strage, li segue, viene ancora caldamente invitato a dare una mano, si mette ridere e se ne va. Gli altri entrano in casa di Pietro. Pietro Maso, un ragazzo di vent’anni che ha davvero intenzione di uccidere i genitori. Ha già tentato tre volte e ultimamente, per coprire un prestito bancario del suo amico Carbognin, ha staccato un assegno dal blocchetto di sua madre (25 milioni) imitandone la grafia. Ma sa benissimo che l’inganno non potrà reggere a lungo e decide di agire al più presto.
Pietro Maso è un ragazzo normalissimo, ha fatto il chierichetto, ha studiato malvolentieri, ha trovato e lasciato diversi lavoretti, va d’accordo con i genitori e con le due sorelle sposate, non ha mai dato segni di squilibrio. Ma a un certo punto scopre la bella vita: discoteche, bevute, qualche puntata al casinò di Venezia. Tutte cose che costano soldi e i soldi sono in quegli anni la grande molla del Nord-Est, dove sorgono migliaia di piccole imprese, i cui padroni accumulano cospicui risparmi ed esibiscono potenti auto sportive. Maso (psichiatri, sociologi, moralisti ne faranno, non si sa quanto a ragione, un caso emblematico) precipita in questo vortice «acquisitorio». I genitori non sono ricchi, ma moderatamente benestanti. Quando rientrano da una funzione religiosa in tarda serata, Pietro colpisce il padre con una spranga di ferro e i suoi tre complici lo aiutano servendosi di pesanti padelle e di un cric. La madre viene soffocata con del cotone in bocca e un sacchetto di plastica sulla testa. Dopo 53 minuti di agonia, i coniugi Maso sono morti. Gli assassini si fanno vedere in due discoteche e Pietro al rientro «scopre» il delitto e chiama i vicini. Ma l’alibi non regge più di due giorni e allora l’assassino denuncia anche i complici. Prima del processo insiste per avere la sua parte di eredità e viene condannato a trent’anni. Freddissimi, quasi spavaldi, i massacratori finiscono in carcere e dopo una non lunghissima detenzione cominceranno a godere dei privilegi che concede la legge. Pietro Maso passa al regime di semi-libertà, si dice pentito, ma una giornalista che lo vede nella prigione di Opera nota che le sue preoccupazioni principali sono i profumi, l’abbronzatura, la forma fisica. Come Erika e Omar, i fidanzatini che a Novi Ligure di lì a qualche anno ne imiteranno le gesta, riceve lettere da migliaia di fan.