Emilia Patta, Il Sole 24 Ore 12/11/2010, 12 novembre 2010
INCIDENTE, CRISI PILOTATA O AL BUIO
Fini: «Il premier, prima di ogni altra cosa, deve dimettersi». Berlusconi: «Io non mi dimetto, mi sfiducino in Parlamento». Bossi: «C’è ancora spazio per un Berlusconi bis, molto meglio una crisi pilotata che una crisi al buio». La fotografia di ieri ritrae Berlusconi e Fini fermi sulle loro posizioni e la Lega in veste di paciere per cercare di salvare il salvabile. A questo punto, come ha ammesso lo stesso Gianni Letta, la strada per il governo Berlusconi è davvero stretta. E gli scenari si restringono.
Crisi pilotata e Berlusconi bis
In caso di accordo in extremis resta ancora in piedi l’ipotesi di una crisi pilotata, ma al momento è molto improbabile: ossia dimissioni di Berlusconi e contestuale salita al Colle con in tasca il nuovo esecutivo allargato e l’accordo politico con Fli. Il capo dello Stato non potrebbe che dare il reincarico a Berlusconi e mandare il nuovo governo davanti alle Camere per la fiducia. È la soluzione a cui sembra stia lavorando Bossi ma che non piace né a Fini – ormai orientato, anche se non lo dice, a mettere la parola fine all’epoca berlusconiana e comunque a tenersi le mani libere nella gestione della crisi – né a Berlusconi, che con qualche ragione non si fida dell’ormai ex cofondatore del Pdl. Il premier, in sostanza, teme che la strada della crisi pilotata nasconda la trappola finale. Per questo i suoi, riunitisi ieri alla Camera, hanno dettato un altro percorso: sì all’allargamento della maggioranza all’Udc ma senza dimissioni. Insomma, una sorta di grande rimpasto. Un’ipotesi che Futuro e libertà, naturalmente, non prende neanche in considerazione.
Finanziaria, poi «incidente»
Se le posizioni resteranno le stesse nelle prossime ore, è ormai certo che Fini ritirerà la sua delegazione dal governo: si parla di lunedì prossimo, dopo che il premier avrà avuto qualche ora per riflettere al suo rientro da Seul. Berlusconi potrebbe cavarsela inizialmente con un semplice rimpasto, ma si aprirebbe a breve la strada dell’incidente in Parlamento: il governo che va sotto una o più volte su provvedimenti di rilievo o viene formalmente sfiduciato in caso di provvedimenti su cui è stata messa la fiducia. La strada dell’incidente è al momento la più probabile, ma c’è una scadenza temporale da rispettare: l’approvazione della legge di stabilità, come ha più volte ricordato Giorgio Napolitano in questi giorni. La "manovra" sarà in aula alla Camera il 16 novembre, quindi si può ipotizzare il via libera definitivo da parte del Senato – previa fiducia – tra fine novembre e la prima settimana di dicembre.
Crisi al buio e nuovo governo
Intorno a metà dicembre, dunque, l’incidente che provoca la caduta di Berlusconi. Un Cavaliere sfiduciato in Parlamento vedrebbe allontanarsi il reincarico, ma è ipotesi sempre in piedi anche in questo scenario. Oppure il capo dello Stato potrebbe decidere di dare l’incarico a un’altra personalità: il perimetro è sempre quello dell’attuale maggioranza più l’Udc. L’ipotesi di un governo "tecnico" o di "transizione" sostenuto da forze uscite sconfitte dalle elezioni politiche del 2008 – ad esempio Fli con Udc e Pd senza Pdl e Lega – non è in campo. Sia perché non l’avallerebbe il Quirinale, sia perché non converrebbe a Fini, che potrebbe essere utilmente dipinto da Berlusconi e Bossi ormai all’opposizione come traditore e ribaltonista. Dunque l’incarico andrebbe a una personalità del Pdl o comunque vicina al Pdl (Alfano? Tremonti? Pisanu?). Ma perché mai Berlusconi e i suoi dovrebbero accettare un governo siffatto e sostenerlo? In cambio – si dice – di un salvacondotto giudiziario. A metà dicembre è attesa la sentenza della Consulta sul legittimo impedimento, ma sia il legittimo impedimento sia il lodo Alfano costituzionale sono già di fatto su un binario morto. A Berlusconi non serve più uno "scudo" che protegga le alte cariche istituzionali, dal momento che non ha alcuna certezza di restare premier o di tornare ad esserlo, ma una legge ordinaria che incida sui processi in corso. Esattamente quello che Fini ha detto e ridetto di non volere, ma che potrebbe infine accettare pur di mettere fine alla parabola berlusconiana.
Urne, poi governo "tecnico"
Dopo un incarico esplorativo il capo dello Stato potrebbe comunque decidere per le elezioni anticipate. La legge prevede che debbano almeno passare 45 giorni dallo scioglimento delle Camere: si arriva quindi a metà febbraio circa. Ed è proprio questo lo scenario su cui si comincia a ragionare ai piani alti. Con ogni probabilità, con questa legge elettorale, dalle urne uscirebbe un responso ambiguo: Pdl e Lega vincitori alla Camera e nessun vincitore al Senato. Il capo dello Stato avrebbe a quel punto la possibilità di favorire un governo di ampia maggioranza guidato da una personalità che non sia Berlusconi, ma che contempli comunque Pdl e Lega, per cambiare il famigerato Porcellum e affrontare i nodi economici del paese. Insomma, un governo "tecnico" o di "transizione" non prima delle urne ma ad elezioni avvenute.