S.V., Avvenire 12/11/2010, 12 novembre 2010
QUASI MILLE PROCESSI IN QUINDICI ANNI
Strumento nato nel 1986 per garantire all’allora dittatore militare Zia ul-Haq l’appoggio degli islamisti contro gli oppositori, la serie di provvedimenti che insieme sono comunemente indicati come “legge antiblasfemia” continuano ad essere in Pakistan un’arma contro avversari, oppositori politici e minoranze. Un’arma a volte letale – per giustizia sommaria o per decisione della Corte – che arriva a colpire bambini anche di dieci anni e persone mentalmente incapaci. Secondo la Conferenza episcopale pachistana, dall’86 all’agosto 2009, sono almeno 964 i processati per blasfemia: 479 musulmani, 340 Ahmadi (setta islamica deviata per i radicali), 119 cristiani, 14 indù e una decina di fede ignota. Se in maggioranza sono musulmani critici verso il potere o verso l’estremismo religioso, il provvedimento riguarda anche le minoranze colpite in proporzione molto maggiore. Non isolate, quindi, la condanna a morte della 37enne madre di due figli Asia Bibi e l’assassinio il 18 luglio scorso del pastore Rashid Emmanuel e di suo fratello Sajjad. ( S.V. )