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 2010  novembre 12 Venerdì calendario

L’Olocausto diventa una truffa False vittime per rubare milioni (+ numeri) - Quando gli agenti dell’Fbi gli hanno fatto scattare le ma­nette ai polsi, accusandolo di aver trafficato con migliaia di ’vite rubate’, e di averlo fatto sfruttando la tragedia dell’ Olocausto, il russo Semion Domnitser ha abbozzato un lieve sorriso

L’Olocausto diventa una truffa False vittime per rubare milioni (+ numeri) - Quando gli agenti dell’Fbi gli hanno fatto scattare le ma­nette ai polsi, accusandolo di aver trafficato con migliaia di ’vite rubate’, e di averlo fatto sfruttando la tragedia dell’ Olocausto, il russo Semion Domnitser ha abbozzato un lieve sorriso. Sull’auto degli agenti Semion si è aggiustato il papillon - se ne era annoda­to uno sui toni del rosso e del grigio, quel giorno- , si è pulito le lenti degli occhialini- le len­ti tonde, una leggera montatu­ra di metallo - e si è grattato soprappensiero il pizzo sale e pepe. Per anni, come Luigi Pirandel­lo, al quale dicono si compia­cesse di somigliare, Semion si era detto che il marchingegno da lui messo in piedi evocava un po’ la vicenda umana e l’at­mosfera surreal­e in cui galleg­gia la vita di Vitangelo Moscar­da, protagonista di ’Uno, nes­suno e centomila’. Anche gli uomini e le donne che Se­mion aveva fatto vivere, all’in­terno della sua commedia ( «si chiama truffa», lo ha corretto il giudice americano) sono unici, ma insieme anche dei nulla, dei nessuno, delle pure invenzioni; e insieme un calei­doscopio di storie, come se in ciascuno si riflettesse la vita di centomila personaggi. L’idea di Semion e dei suoi ac­­coliti, un’idea che sembra pensata al rione Sanità invece che a New York, era semplice e allo stesso tempo raffinata. Una truffa montata intorno a un meccanismo preciso e im­placabile ai danni di due Fon­di messi in piedi per ottenere dalla Germania risarcimenti a favore di ebrei che pur non essendo vissuti sotto la domi­nazione nazista erano dovuti fuggire dalle loro case davanti all’avanzata del Reich finen­do in un ghetto, ai lavori forza­ti o nei campi di concentra­mento. Fatti e circostanze in­ventate dalla banda di Se­mion di sana pianta, messi in piedi talvolta con la complici­tà di chi aspirava a una ’pen­sione’ e talvolta all’insaputa di chi protagonista ci è diven­tato suo malgrado. Una truffa da 42 milioni di dollari durata quasi vent’anni, che vede coinvolte sei persone nel ruo­lo dei comprimari del vecchio Semion, e altre 11 accusate a vario titolo di complicità nella frode. Archivisti specializzati nel mettere insieme faldoni al­ti così fitti di dati, notizie stori­che, documenti d’identità contraffatti, in modo da collo­care tra i vivi, a cavallo della prima parte degli anni Qua­ranta, gente che magari era na­ta a guerra finita. Storie tragi­che, di una umanità dolente e disperata che però l’aveva sfangata, e ora chiedeva di es­sere risarcita. Come Olga, la bambina undi­cenne che nel ’41, in fuga dai nazisti, era riuscita a schivare le bombe degli aeroplani men­tre attraversava il fiume Dnie­pr, in Ucraina, per rifugiarsi in­sieme con la madre in un sor­dido sottoscala di Donetsk, dove entrambe rimasero na­scoste fino alla liberazione, nel ’44. O come il tredicenne fuggito da Kiev con la madre e una sorella più giovane di lui, costretto a vagare per settima­ne tra i fienili di villaggi distrut­ti e abbandonati e la foresta ucraina. Storie autenticamen­te false, o ’abbastanza’ vere, ma abbellite strada facendo e condite di privazioni, disagi, umiliazioni inenarrabili docu­mentati da carte e testimo­nianze all’apparenza inoppu­gnabili. I falsi ’pensionati’ (alcuni hanno ricevuto un’una tan­tum di 3600 dollari; altri un modesto vitalizio di 411 dolla­ri al mese) erano tutti dell’est europeo, reclutati attraverso inserzioni sui giornali scritti in russo diffusi nell’area di Bri­ghton Beach, New York, una cittadina (la piccola Odessa, la chiamano) che ha dato ospi­talità a migliaia di immigrati dall’Ucraina. Attraverso i giornali, l’organiz­zazione di Semion offriva i suoi servigi a chi riteneva di aver diritto a un risarcimento, ’costruendo’ una pratica da avviare alla ’Conferenza per le vittime ebree del nazismo’ messa in piedi dalla Germa­nia nel 1951 e da allora finan­ziata con fior di milioni di dol­lari. Quando la pratica anda­va in porto, Semion e i suoi passavano all’incasso, chie­dendo una tangente sui profit­ti illecitamente conseguiti dai loro clienti. Le frodi accertate finora sono state 5658, in un arco di tempo che va dal 1993 al 2000. Ma il bello, dice il giu­dice di New York incaricato del caso, deve ancora saltar fuori. *** 5 .658 È il totale delle richieste truffal­dine al Fondo Hardship tra il 1993 e il 2000: in totale questi veri e propri furti hanno procura­to danni per circa 42 milioni di dollari 16.000 È la cifra in dollari Usa che perce­piva indebitamente ogni anno una falsa vittima delle persecu­zioni antiebraiche segnalata dal truffatore 3.600 Questa è la cifra «una tantum» in dollari Usa che il Fondo riconosce­va a persone che vivevano in Unione Sovietica e fuggirono da­vanti all’avanzata dei nazisti 400 milioni È l’ammontare totale di quanto viene sborsato ogni anno dalla Conferenza sulle rivendicazioni economiche degli ebrei contro la Germania, fondata nel 1951 600.000 È il totale dei casi proposti da ri­correnti ebrei ed esaminati dalla Conferenza in quasi sessant’an­ni di attività: si ritiene che solo un caso su cento sia inrealtà di natu­ra truffaldina