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 2010  novembre 12 Venerdì calendario

IMBAVAGLIATO FELTRI

Oggi siamo tutti Vit­torio Feltri. E io, che sulla vicenda ho responsabilità professionali e personali, lo sono più di altri, orgo­glioso di lavorare al fianco di una delle poche voci li­bere e perbene del giorna­lismo italiano. Ieri l’ordi­ne dei giornalisti ha inflit­to una sospensione dalla professione di tre mesi al nostro direttore. Rispetto alla sentenza di primo gra­do­la pena è stata di dimez­zata, ma resta abnorme. I fatti sono noti, nonostante il tentativo di deformarli. Il Giornale pubblicò, nel set­tembre dello scorso anno, la notizia, risultata assolu­tamente vera, che il diretto­re di Avvenire , Dino Boffo, aveva patteggiato una con­danna per molestie telefo­niche a sfondo sessuale. Nell’articolo si faceva riferi­mento a una lettera anoni­ma recapitata a numerosi vescovi e cardinali nella quale si sosteneva che all’ origine del caso c’era una vicenda a sfondo omoses­suale. Boffo, che non ha querelato, né esibito pub­b­licamente le carte proces­suali, nel giro di pochi gior­ni presentò le dimissioni da direttore, dimissioni che furono accettate dall’ editore, cioè dai vescovi ita­liani. Mesi dopo abbiamo accertato, per quanto ci è stato possibile, che negli at­ti del processo non c’era un riferimento alla questio­ne omosessuale. E su que­sto chiedemmo scusa.
Questi sono i fatti oggetti­vi. Nulla di più. E nulla in confronto alle paginate che da mesi leggiamo su presunti gusti e tendenze sessuali del presidente Ber­lusconi e ministri, nulla in confronto alle illazioni mai supportate da un fatto sull’etica di ministre e par­lamentari di centrodestra, nulla se pensiamo alle allu­sioni mafiose sulla presun­ta mafiosità del presidente del Senato, tanto per parla­re dei casi più recenti ap­parsi sulla stampa di sini­stra con lo scopo di delegit­timare e abbattere il pre­mier e il suo governo. Il meccanismo è collaudato: si prende un fatto accadu­to e lo si condisce con una montagna di veline di que­­stura, informative ai Pm, dichiarazioni non verifica­te di escort, ricattatrici e millantatori. Spazzatura spacciata per notizie, che non vengono poi smentite anche quando risultano manifestamente infonda­te. Figuriamoci se arrivano le scuse pubbliche, come abbiamo fatto noi quando abbiamo sbagliato.
Il gioco sporco è retto da una compagnia di giro ben collaudata. Ai soliti Trava­glio, Santoro, Benigni e so­ci, si è aggiunto di recente lo scrittore Saviano, che do­po aver scritto un buon li­bro è diventato un trombo­ne, patetica e modesta con­trofigura di ciò che Pasoli­ni rappresentò per gli anti­conformisti negli anni Set­tanta. Ossessionati dalla li­bertà di Feltri, questi signo­ri in ogni sede negano fatti certi e documentati, come la condanna di Boffo, l’amante di Veronica (ex si­gnora Berlusconi), il caso Fini-Montecarlo e spaccia­no per vere ipotesi di reato, racconti di cocainomani all’ultimo stadio, deliri di pentiti di mafia.
Con la sentenza di ieri, L’Ordine dei giornalisti si è reso di fatto complice di questa porcheria. Le verità oggettive non contano, la macchina del fango con­tro il berlusconismo non solo non viene perseguita e punita, ma neppure lon­tanamente disturbata. Semmai è difesa. Feltri invece va imbavagliato, ucciso, il Giornale decapitato. Nonostante rappresentiamo la voce della maggioranza elettorale degli italiani, siamo scomodi, di intralcio al progetto di far cadere il governo per via mediatica oltre che giudiziaria.
La sospensione arriva pochi giorni dopo un esposto del Pd al garante dell’authority per farci chiudere, un mese dagli avvisi di garanzia e dalle perquisizioni a me e al collega Nicola Porro per aver pubblicato un editoriale critico con il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Non sono coincidenze. Non era mai successo che magistrati provassero a fare fuori, e guarda caso alla vigilia di una probabile tornata elettorale, i vertici di un quotidiano nazionale con il silenzio-assenso dell’Ordine dei giornalisti che dovrebbe difendere, fosse solo che paghiamo le quote, la nostra indipendenza e onorabilità.
Vittorio Feltri paga colpe non sue. Quelle professionali sono mie, che portai la notizia, e nel mirino c’è Silvio Berlusconi. Lui è il simbolo, la bandiera e paga per tutti. Ha le spalle larghe, speriamo che le palle non siano ancora piene. Molto dipenderà, come sempre, da voi lettori. Di nostro andiamo avanti senza tentennamenti. Non ci facciamo intimidire. Al direttore possono vietare di scrivere, non di parlare, per esempio con me e attraverso di me con voi.
Ps: tra pochi giorni l’Ordine processerà anche il sottoscritto. Cinque anni fa, ma guarda caso se ne ricordano oggi, feci scrivere senza alcun compenso su Libero , che allora dirigevo, alcune opinioni a Renato Farina, il collega, oggi onorevole, sospeso dalla professione perché aveva collaborato con i nostri servizi segreti per salvare italiani rimasti intrappolati nella guerra in Irak. Secondo voi, come andrà a finire?