Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Hamas aveva chiesto una tregua di due ore per ragioni umanitarie, ma dopo un’ora le brigate Ezzedin al-Qassam hanno ripreso a tirare razzi su Tel Aviv e sulle altre città. Così ha ricominciato anche Israele. E in serata Hamas avrebbe annunciato di aver rapito un soldato israeliano nella Striscia.
• Dalla terra, dal mare, dall’aria?
È ormai una guerra soprattutto di terra. A Gaza, il quartiere Sajaya è stato distrutto e sotto le macerie ci sono 87 morti. Si combatte strada per strada anche nei sobborghi di Zaitun e Tufach. Ci sono morti in terra dappertutto, Israele aveva avvertito qualche giorno fa di evacuare quei rioni, qualcuno non se n’è dato per inteso, in ottantamila si sono rifugiati invece nelle strutture dell’Unrwa, l’agenzia dell’Onu per i profughi. C’è tanta gente che dorme per strada, sdraiata sull’erba dei giardini pubblici.
• Qual è il bilancio a questo punto?
Da quando è cominciata l’operazione Protective Edge (Margine Protettivo), i morti sono almeno 436 (ore 17 di ieri) e tra questi ci sono 112 minori, 41 donne, 25 anziani e anche 21 soldati israeliani che hanno perso la vita negli ultimi due giorni e solo nella giornata di ieri ne sono stati uccisi 13. Sempre ieri, l’attacco israeliano ha provocato, oltre agli 87 morti, anche tremila feriti. Le vittime palestinesi di domenica scorsa sono state 96, e tra queste c’è una ragazza di 15 anni, uccisa a Beit Lahiya, nel nord della Striscia. Tutti questi morti, che noi citiamo ogni giorno, semplici numeri che ci passano sotto gli occhi e dietro i quali abbiamo perso l’abitudine di vedere uomini, donne e bambini, esseri che erano viventi, uomini donne e bambini veri, gente che è esistita, aveva un naso, una bocca, dei pensieri, un sesso, l’amore... Sa che c’è un’ebrea, di nome Michal Rotem, 27 anni, scappata dalla sua casa di Beersheba, troppo esposta, e fuggita da un amico di Bet Shemesh, dove è più al sicuro, bene questa ragazza cerca nel sito del ministero palestinese della Sanità i nomi dei morti, poi traduce dall’arabo all’ebraico, scrive l’età di ognuna delle vittime, prepara una lista, poi pubblica la lista sul sito Siha Mekomit (Chiamata locale) e chiede a chi la frequenta di leggere i nomi ad alta voce, uno dopo l’altro «non importa quale sia la vostra ideologia politica o che cosa pensiate di Gaza». Michal ha notato che la nostra assuefazione è tale che la gran parte dei giornali non ha nemmeno pubblicato i nomi dei quattro bambini ammazzati mentre giocavano sulla spiaggia. È una storia che ha raccontato Davide Frattini, è la versione moderna dell’Arpa birmana, il giovane soldato Mizushima che al culmine della sua crisi spirituale va in cerca dei corpi dei soldati morti per dar loro sepoltura.
• Il mondo però in qualche modo si muove...
Il segretario di Stato americano, John Kerry, arriva oggi al Cairo. Domani sarà a Tel Aviv. Secondo lui, lo stallo carico di sangue di questo nuovo conflitto tra israeliani e palestinesi è colpa di Hamas che rifiuta ostinatamente ogni tregua, «è stato loro proposto un cessate il fuoco e l’hanno respinto», «malgrado il fatto che l’Egitto ed altri paesi abbiano chiesto la tregua, si sono ostinati ad attirarsi l’accanimento di Israele che mira a depotenziare la loro capacità di lanciare missili contro Israele». Kerry sostiene che Israele ha il diritto di difendersi dai razzi palestinesi. Netanyahu ha aggiunto: «Hamas usa i civili per difendersi dai missili, facendone scudi umani. Noi adoperiamo i missili per difendere i civili». Questo punto di vista, che carica di ogni responsabilità i palestinesi, è nettamente respinto dall’altra parte. C’è gente che gira con il volto coperto per Gerusalemme Est e lancia molotov e pietre contro la polizia. Altri scrivono i nomi delle vittime palestinesi sui muri prendendoli dal sito di Michal. A Ramallah e Jenin, in Cisgiordania, centinaia di palestinesi protestano contro l’attacco israeliano e chiedono ad Abu Mazen, il loro leader moderato, di rivolgersi ale Nazioni Unite e pretendere dalla corte dell’Aja che si imputino ad Israele i crimini di guerra.
• Dov’è Abu Mazen?
In Qatar. L’emiro Sheikh Tamim presiede una riunione a cui partecipa anche il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. È assai dubbio che gli israeliani accettino una mediazione dell’emiro, uno che vende armi ai palestinesi e ospita uno dei leader di Hamas, cioè Khaled Meshal. È possibile che Abu Mazen, alla fine, incontri anche Khaled Meshal.
• Come si fa? Questi non vogliono il Qatar, i palestinesi non accetteranno mai gli egiziani...
Al Sisi, tra l’altro, ha il torto, agli occhi di Hamas, di aver distrutto un migliaio di tunnel che connettevano, sotto terra, la Striscia all’Egitto. Però ha riaperto adesso il valico di Rafah, per consentire il trasbordo di feriti, di cibo e di farmaci. Dovrebbe tenere la via aperta almeno per una settimana.
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