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 2014  luglio 21 Lunedì calendario

TONY IL RICCO NEL VICOLO CIECO DELLA POVERTA’

A vent’anni dall’elezione che lo consacrò leader laburista, Tony Blair continua ad essere una figura di spicco sulla scena politica britannica e mondiale – ma rimane al tempo stesso anche un personaggio controverso. Tutto è partito dall’Iraq. Per coloro, ed erano molti, che all’epoca si opposero all’invasione del Paese guidata da America e Gran Bretagna, o che vi si sono opposti in un secondo tempo, la colpa della prolungata agonia del Paese rimane da imputare a George W. Bush e Tony Blair.
A sinistra, Blair è considerato più un «fantoccio di Bush» che un leader che ha tentato di deporre un tiranno pericoloso. Nei prossimi mesi l’esito della cosiddetta “indagine Chilcot”, che deve il proprio nome a quello del giudice che la presiede, potrebbe inoltre dimostrare che nella decisione di invadere il Paese Blair ebbe un ruolo più attivo di quanto lui stesso abbia ammesso. Coloro che continuano ad essere suoi nemici sperano che ciò accada. Da quando ha lasciato il Parlamento e la carica di primo ministro, Blair ha continuato a guadagnare profumatamente (secondo alcune stime il suo patrimonio ammonterebbe a settanta milioni di sterline – una cifra che appare eccessiva): oltre ad essere un oratore molto richiesto nel circuito delle conferenze più remunerative, Blair opera come consulente per alcune banche globali e leader mondiali e divide il proprio tempo tra Londra e la campagna. Uno stile di vita che molti a sinistra considerano inaccettabile.
Eppure Tony Blair continua ad esercitare una certa influenza. Quando l’ex cancelliere laburista Gordon Brown – che aveva sperato a lungo di potergli succedere come primo ministro – prese il suo posto, in breve tempo impopolare, al punto da perdere le elezioni del 2010. Successogli come leader laburista, Ed Miliband è riuscito per qualche tempo a mantenersi in testa sondaggi, ma adesso che l’economia britannica è in fase di miglioramento sta perdendo terreno ed è fatto oggetto di aspre critiche da parte della stampa. Blair rimane dunque, di gran lunga, il leader laburista più popolare.
Sino a che punto, però, il ceto medio – che rappresenta la maggioranza degli abitanti del Paese – si preoccupa dell’ineguaglianza? Se l’anno prossimo, quando si terranno le elezioni, l’economia sarà ancora in forte crescita, la disoccupazione continuerà a diminuire, i salari aumenteranno considerevolmente e i giovani riusciranno, nella maggior parte dei casi, a trovare lavoro – la maggioranza della popolazione avrà forse l’impressione che l’ineguaglianza, per quanto fastidiosa, non conti poi molto.
Se invece la crescita si arresterà, la disoccupazione tornerà ad aumentare, l’economia mondiale si paralizzerà a causa delle tensioni nel Medi Oriente e in Russia, l’esigenza di condividere con maggiore equanimità gli oneri diventerà più forte – e l’attuale strategia dei laburisti acquisterà credibilità. Blair ha ragione quando dice che nel Regno Unito – così come in molti altri Stati democratici — la politica si vince al centro. Il centro però può spostarsi a sinistra o a destra. Per adesso rimane da vedere.
(traduzione di Marzia Porta)