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 2014  luglio 21 Lunedì calendario

«GRAN PARTE DELL’ACCIAIO RICICLATO SARA’ USATO PER COSTRUIRE CASE»

L’uomo che «compra» la Costa Concordia si chiama Antonio Gozzi. È amministratore delegato del gruppo Duferco, multinazionale dell’acciaio con origini italiane sede in Lussemburgo e presenze globali, leader di Federacciai (l’associazione che raduna i produttori italiani del settore) e patron dell’Entella Calcio, la società di Chiavari - la sua città - che in sette anni ha portato dalla serie minore dell’Eccellenza alla Serie B.
Presidente, a lei va una grande «fetta» del relitto. Tutto l’acciaio.
«In realtà, non siamo soli a ritirare l’acciaio della Concordia dal Consorzio dei demolitori. Lo faremo insieme con la Feralpi della famiglia Pasini di Brescia».
Di quante tonnellate stiamo parlando?
«Circa 40-50 mila di metallo riutilizzabile».
Tanto?
«No. La nostra acciaieria di San Zeno Naviglio e quella di Lonato del Garda dei Pasini, entrambe nel Bresciano, ne consumano 160 mila tonnellate al mese. Dunque, stiamo parlando di un terzo del fabbisogno comune».
Quanto lo pagherete?
«I prezzi del rottame variano e ci sono degli indicatori di riferimento della Camera di Commercio. Pensiamo di comprarlo a 260-270 euro la tonnellata».
Tra i 10 e i 13,5 milioni di euro. Una bella cifra.
«Come Duferco acquistiamo circa 6-700 mila tonnellate l’anno. I Pasini credo di più...».
Come vi arriveranno i pezzi della Concordia?
«Saranno caricati su camion e su vagoni ferroviari. I binari arrivano direttamente dentro la nostra fabbrica».
E che ne farete di questo metallo?
«Si tratta di acciaio di buona qualità, e pulito, ossia senza plastica. Essendo noi fornitori della Fincantieri, che ha costruito la Concordia, non escludo che possa essere stato già nostro in partenza... Che ne faremo? Lo fonderemo nei forni elettrici per ricavarne travi, nel caso nostro, e tondini nel caso della Feralpi. Materiale destinato soprattutto alle costruzioni edili».
Dal rottame fuso nascono anche rotaie, piastre per navi; lamiere per auto, elettrodomestici, torri eoliche... Dalle navi, insomma, non si butta via nulla. E soprattutto i metalli.
«La siderurgia è la più grande macchina industriale da riciclo in Italia. In questo modo il comparto produce 14 milioni di tonnellate l’anno».
Dopo i casi Ilva e Lucchini, sembrava quasi che la siderurgia italiana fosse scomparsa...
«Sbagliato. Considerando insieme la produzione di acciaio a ciclo integrale, quella degli altoforni dell’Ilva per intenderci, e quella derivante dall’elettrosiderurgia, che “brucia” rottame, il nostro è un settore che continua ad occupare 70-80 mila addetti, che ha una produzione di 24 milioni di tonnellate l’anno e che genera il 2,5% del Pil. Siamo il secondo produttore e consumatore di acciaio d’Europa, dopo la Germania. Il primo, se parliamo di forni elettrici».
Con l’operazione Concordia si potrebbe aprire anche in Italia un nuovo mercato, quello delle demolizioni navali, oggi un business concentrato soprattutto in Asia.
«Non ne sono così convinto. A meno che l’Ue non attui qualche genere di protezione, dal punto di vista dei costi non c’è chance con il Far East».